È morto il disegnatore argentino Quino

Fumetti di bambini per parlare agli adulti

Quino e i personaggi a cui ha dato vita durante la sua lunghissima carriera di fumettista
01 ottobre 2020

Si chiamava Joaquín Salvador Lavado Tejón, ma in pochi conoscevano il suo nome di Battesimo. Molto più noto era il suo pseudonimo, Quino, e la sua “figlia di carta”, Mafalda. Quino è morto il 30 settembre scorso; era nato a Mendoza, in Argentina, il 17 luglio del 1932, da una famiglia spagnola, proveniente da Malaga. Le sue vignette sono state tradotte in 35 lingue; Quino doveva la sua fama internazionale a Mafalda, un personaggio nato per caso, inventato nel 1962 per una campagna pubblicitaria che non è mai stata lanciata. Il committente, infatti — un’azienda che produceva lavatrici — non apprezzò il personaggio, che rimase nel cassetto per anni. Fino al 29 settembre del 1964, quando la prima vignetta della bambina dai capelli corvini curiosa, polemica, anticonformista, preoccupata per la pace e i diritti umani, fu pubblicata sul settimanale «Primera Plana».

Joaquín Salvador, il futuro Quino, scopre la sua vocazione guardando lavorare suo zio Joaquín Tejón, pittore e grafico, e all’età di 13 anni inizia a studiare Belle Arti nella sua città natale che lascia nel 1949, deciso a dedicarsi al fumetto. Tornerà a Mendoza solo dopo la morte della moglie Alicia, tre anni fa.

Nel 1954 pubblica la sua prima tavola e, da allora, le sue vignette, i suoi disegni e i suoi fumetti sono apparsi su giornali e riviste in America e in Europa. Mafalda ha eternamente sei anni, ma suo papà la fa “morire” nel 1973; decide di non disegnarla più, dedicandosi a vignette di tipo politico pubblicate dal quotidiano spagnolo «El Mundo». Tre anni dopo, a causa del colpo di Stato in Argentina, il disegnatore si trasferisce prima a Milano, poi a Parigi e nel 1990 ottiene la nazionalità spagnola (a Oviedo c’è una statua di Mafalda in suo onore).

Durante i suoi ultimi anni di attività, Quino pubblica principalmente sul quotidiano argentino «Clarín». Anche se Mafalda per lui fa parte del passato, accetta spesso di rimettere mano al suo storico personaggio per le campagne di beneficenza lanciate dal governo del suo Paese. Come ha spiegato più volte lo stesso Quino, le sue vignette riguardano soprattutto il rapporto tra i deboli e i potenti. «Questo mi ha sempre perseguitato. Quella sensazione di impotenza che i poveri hanno di fronte ai ricchi», ha detto in un’intervista. «Non lo so, a volte penso che dovrei smettere di disegnare per un po’, per non vivere l’angoscia o la paura di ripetermi. Ma quando penso che aprirò il giornale e non ci saranno i miei disegni, provo più angoscia e continuo a disegnare».

Mafalda vive a Buenos Aires, ha un fratellino, Guille, che le fa spesso da complice. Il papà lavora come impiegato e ha la passione del giardinaggio, mentre la mamma fa la casalinga. Con la madre intrattiene complicate conversazioni, perché proprio non riesce a mandar giù la minestra (e molte, molte altre cose). Mette spesso a disagio gli adulti con le sue domande acute e intelligenti, così come le sue considerazioni, per quanto confuse, sono così stringenti che inevitabilmente mettono a nudo la verità, seppure con un certo umorismo; per questo incuriosisce, fa riflettere e conquista i suoi lettori, con la sua acuta capacità di osservare la realtà.

La piccola protagonista, nonostante la tenera età, è costantemente assillata dai mali che affliggono il mondo. Si tiene aggiornata sulla situazione politica ed economica mondiale interessandosi principalmente di politica, economia e conflitti internazionali anche se non disdegna di vedere i cartoni animati. “Cura” il mondo, in senso letterale; tra i suoi oggetti-coperte di Linus c’è un mappamondo che la bimba accudisce misurandogli la febbre. Suoi interlocutori (talvolta sue vittime) gli amici di sempre: il trasognato e innocente Felipe e Manolito, figlio di un ricco negoziante del quartiere ossessionato dal denaro e dalla ricchezza. Impossibile dimenticare anche la piccola grande “supermamma” Susanita, con la quale Mafalda è spesso in contrasto.

Quando Quino ha compiuto ottant’anni, nel 2012, il nostro giornale ha dedicato due articoli al papà della “sorella acida di Charlie Brown” come la chiamano i suoi detrattori. Senza dimenticare l’amico del cuore della piccola peste sempre arrabbiata con il mondo, l’ingenuo Felipe, un bambino sempre con la testa fra le nuvole e un po’ sbadato, dall’aspetto buffo, con incisivi pronunciati e capelli biondi, che ama leggere le storie del Cavaliere solitario e ha sempre paura di non finire in tempo i compiti a casa; l’unico, della tribù creata da Quino capace di mettere in discussione se stesso e non incolpare sempre gli altri quando le cose non vanno come dovrebbero.

Una tendenza all’autocritica anche troppo vigile, che lo rende fragile e insicuro: Felipito è innamorato di Mauriel, una bambina dai lunghi capelli scuri, ma non ha il coraggio di dichiararsi ed ogni volta che la vede fa di tutto per evitarla. «Dietro il sorriso sghembo di Felipe — si legge sull’Osservatore del 14 agosto di otto anni fa — si nasconde il volto di un caro amico di Quino, lo scrittore e giornalista argentino-cubano Jorge Timossi morto nel 2011. Nato a Buenos Aires nel 1936, Timossi lavorava all’agenzia di stampa Prensa Latina, di cui è stato uno dei fondatori all’Avana. È stato corrispondente e inviato speciale in vari Paesi, seguendo guerre e rivoluzioni; ha viaggiato a lungo in Francia, Messico, Algeria, Angola, Libia, Sudan e Marocco». Visitare i murales che qualche anno fa la città di Godoy Cruz ha dedicato al clan della piccola sessantottina eternamente sotto il metro e mezzo può essere anche l’occasione per riscoprire l’opera letteraria di Jorge “Felipe” Timossi, autore di molte micro-racconti e poesie folgoranti, minuscoli capolavori capaci di percorrere con levità e gusto dell’assurdo la superficie del mondo. Come faceva la matita di Quino.

di Silvia Guidi