Multilateralismo - L’Onu sulla desertificazione del lago Ciad

Difendere l’ambiente serve a prevenire i conflitti

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09 ottobre 2020

I cambiamenti climatici rappresentano una delle minacce peggiori alla sicurezza di una Nazione, oltre che la causa di fame, povertà e migrazione forzata. Il Ciad ne è un esempio tra i più drammatici. La profonda crisi che vive da tempo il Paese è legata alla tragica riduzione del lago omonimo, fonte di vita per milioni di persone.

Le sue acque, che assicuravano risorse idriche a più di 20 milioni di abitanti che vivono nei paesi africani che circondano il bacino, si sono ridotte in pochi anni del 90 per cento, con effetti devastanti. Le cause del lento ma inarrestabile processo di prosciugamento del lago vanno cercate, da un lato nelle terribili siccità che hanno colpito la regione del Sahel negli ultimi 30 anni ma anche nella cattiva gestione delle risorse idriche da parte dei governi locali, che hanno sistematicamente ignorato gli allarmi degli scienziati e continuato a sfruttare indiscriminatamente le acque con canali di drenaggio per l’irrigazione delle aree coltivabili. Questa pratica, aumentata in maniera incontrollata nell’ultimo decennio, è in gran parte responsabile del prosciugamento del lago che ha creato danni economici ingenti: basti pensare che la produzione di pesce essiccato è passata dalle 140 mila tonnellate del 1960 alle attuali 45 mila.

Tutto ciò ha esposto la popolazione all’insicurezza alimentare ma anche all’estremismo violento di gruppi terroristici come quello di Boko Haram. Da qui la fuga di migliaia di persone costrette ad abbandonare le loro case e la loro terra. Secondo le Nazioni Unite sono ormai oltre due milioni le persone sfollate e quasi 10 milioni coloro che, nei Paesi che si affacciano sul lago (Niger, Nigeria, Ciad e Camerun), dipendono dagli aiuti delle organizzazioni umanitarie. Il degrado ambientale, dunque, è tra le maggiori cause di conflitti, guerre intestine, estremismo violento e terrorismo. Per questo l’Onu insiste sull’importanza di proteggere il pianeta per raggiungere la pace. Il responsabile delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione, Ibrahim Thiaw, ricorda che la protezione dell’ambiente è vitale per la nostra salute, ricchezza e benessere. «Se riusciamo, tutti insieme, a invertire il degrado della terra possiamo prevenire e risolvere numerosi conflitti nel mondo», afferma. Secondo Thiaw, infatti, le minacce odierne alla pace non sono più i conflitti tra gli Stati ma la violenza «di attori non statali». «Una valutazione delle cause profonde di questi conflitti mostra che gran parte di essi è legato all’ambiente», sostiene Thiaw, e deriva dalle risorse naturali che possono essere monetizzate, come petrolio, minerali e fauna selvatica, o dalla scarsità di acqua e terra.

In particolare in zone come il Sahel la violenza esplode spesso proprio a causa dei contenziosi per la terra. Secondo Thiaw, dunque, il degrado dell’ecosistema e la diminuzione delle risorse  naturali  aumentano la vulnerabilità delle popolazioni e il rischio di conflitti. Per questo la cooperazione ambientale può «migliorare la capacità di gestire, prevenire e risolvere i conflitti». In un contesto in cui il mondo dipende da ecosistemi basati sul suolo, l’economia è influenzata dalla salute della terra, e l’impatto del degrado ambientale si riverbera gravemente sulla pace, la sicurezza e la stabilità.

Per invertire questa china, secondo gli esperti delle Nazioni Unite, serve dunque concentrarsi sul «mantenimento dell’ecosistema vitale del pianeta, sulla generazione di acqua, cibo e aria puliti» e sul miglioramento della «governance delle risorse e della resilienza sociale agli shock e agli stress delle risorse naturali». Per gli esperti la protezione del territorio potrebbe innescare un ampio ciclo di pace, stabilità e recupero dell’ecosistema, e produrre «un feedback costruttivo che va ben oltre una scelta iniziale di protezione ambientale».

È importante prendere coscienza del fatto che, dicono gli esperti Onu, la pace e la sicurezza di milioni di persone non saranno raggiunte  concentrandosi esclusivamente sulle misure militari, ma dalla lotta al degrado ambientale e ai cambiamenti climatici.

di Anna Lisa Antonucci