Testimoni

Dagli abusi all’impresa

Marco Trovato (foto da lui fornita)
24 ottobre 2020

Marco Trovato, direttore di «Africa»
”Sono le donne la vera miniera”


Marco Trovato gira da 30 anni per l’intero continente africano. Reporter indipendente, realizza inchieste e organizza mostre e convegni e da 15 anni è direttore editoriale di «Africa Rivista», bimestrale che prova a raccontare la complessità di questa immensa terra. Di donne nei suoi lunghi viaggi ne ha incontrate a centinaia.

Ha visto le bambine costrette a lavorare nelle miniere e quelle sottoposte a infibulazione. Le ragazzine date in sposa a dodici anni, magari prima ingozzate fino a diventare obese perché arrivare al matrimonio floride è segno di benessere, e le donne maritate picchiate in casa. Quelle rapite e stuprate. Ma ha conosciuto e intervistato anche imprenditrici di successo, artiste, professioniste, attiviste che lottano per i loro diritti. L’Africa delle donne è come il loro continente. Fatto di inferno e speranza.

Marco Trovato evita l’elenco dei mali, i problemi sono conosciuti, molti discussi e studiati, anche se non risolti. Parla di quelli che lo colpiscono particolarmente.

«Intanto — comincia — l’ignoranza in cui vengono tenute le donne, che molto presto abbandonano la scuola per aiutare in casa. Non tutta l’Africa, certo, è così. Ci sono Paesi che garantiscono a tutti il diritto all’educazione. Ma nella realtà più sottosviluppate prevale la cultura tradizionale che relega spesso il ruolo del bambino o delle donne ad aiutanti, dalla raccolta dell'acqua nei pozzi a quella del legname».

Poi il dramma degli abusi, fisici e psicologici. Le vittime sono in gran parte donne. «Quelli in ambito familiare sono un fenomeno molto diffuso, e non solo nell’Africa rurale. In Sud Africa si consuma uno stupro ogni 36 secondi, centomila violenze domestiche in un anno. Otto uomini su dieci trovano normale picchiare una donna».

A volte i fenomeni di violenza riguardano intere regioni, come il caso della Repubblica Democratica del Congo: «Si parla di 15 mila stupri di gruppo in un anno. Le vittime, spesso, sono bambine, dai due ai dodici anni. Rapite nella notte e violentate».

Una piaga che riguarda le donne — o meglio, le bambine — è lo sfruttamento nelle miniere. Molti gruppi armati ribelli controllano l’estrazione di oro, di diamanti nelle regioni ricche di miniere.

E si servono dei bambini, femmine o maschi, perché la loro piccola corporatura permette di introdursi più facilmente nei cunicoli. «Li costringono a scendere all’alba in queste cave. Il compito delle donne, in genere, è il trasporto, il lavaggio, la frantumazione manuale delle pietre». Inferni di pietre preziose.

Le donne subiscono, non è facile liberarsi dal giogo. Ma fortunatamente cominciano a reagire, prendendo consapevolezza dei loro diritti e della forza che può dare l’essere unite. «Sono nate cooperative, gruppi di donne che si mettono assieme per aiutarsi reciprocamente. Per esempio un’associazione nata a Kamituga, nel Sud-Kivu, proprio per combattere lo sfruttamento di donne e bambini. A fondarla è stata Emilienne Intongwa Comifene, la prima donna a capo di una miniera. Anche nella sua cava lavorano donne, ma con diritti riconosciuti». La violenza usa anche armi diverse. Come in Mauritania, dove le donne vengono fatte ingrassare come condizione per le nozze. «Vengono nutrite a forza per gonfiarsi e potersi sposare; è una pratica che chiama gavage, ingozzamento. Nasce dal fatto che le donne sovrappeso sono considerate, in questa cultura, simbolo di benessere.

Appena una bambina compie 5 anni, si comincia a ingozzarla. In dieci anni pesa 90, 100 chili. Secondo l’Oms «un quarto delle donne mauritane sono obese». Anche qui, negli ultimi anni, sono nate associazioni che lottano contro questa usanza.

La Mauritania riconosce alle donne una presenza pubblica. Hanno diritto al 20 per cento dei seggi in Parlamento, sono nell’esercito. «E anche se molte delle donne che in gioventù hanno subito queste violenze oggi la ritengono normale pratica, altre chiedono che venga vietata per legge».

Usciamo da questi squarci di inferno, chiedendo a Marco Trovato quali sono le donne incontrate in Africa che lo hanno più colpito. «Tante. Se ne devo dire alcune penso a Zany Moreno, una stilista di Capo Verde che crea abiti raffinati. Oppure Ntsiki Biyela, la prima donna nera a produrre vino in Sud Africa: una donna zulù che ha vinto premi prestigiosi e oggi ha lanciato una impresa che sfida l’élite maschile».

Dice Marco Trovato che la vera miniera preziosa dell’Africa sono le sue donne.

di Elisa Calessi