Messaggio del cardinale vicario De Donatis ai medici per la festa di san Luca

Cura e compassione come il buon samaritano

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19 ottobre 2020

«Gesù, medico del corpo e dell’anima, vi ha scelto, perché siate le sue mani quando toccate le ferite di un infermo, i suoi occhi, quando osservate con attenzione il corpo di un malato, le sue orecchie, quando ne ascoltate le sofferenze». È stato indirizzato ai medici il messaggio del cardinale vicario per la diocesi di Roma, Angelo De Donatis, in occasione, ieri 18 ottobre, della festa di san Luca, loro patrono (oltre che degli artisti). Partendo da un brano del libro del Siracide,  si evidenzia come il testo sia scritto in «un contesto storico e culturale certamente lontano e diverso dal nostro; erroneamente si riteneva che la malattia fosse una conseguenza del peccato; quindi ci si rivolgeva subito a Dio, escludendo dapprima ogni ambito curativo». Il brano esprime invece, rimarca il porporato, chiaramente e con forza «l’importanza di ricorrere al medico e alla medicina», e della  vocazione a «essere per gli altri». Un compito che deve essere accompagnato da compassione,  delicatezza,  tenerezza,  rispetto e  pietà, che devono abbondare «nel vostro cuore — sottolinea — insieme a una profonda competenza professionale» in modo che «la medicina dell’accoglienza sia sempre la vostra prima “terapia” da offrire alle persone che si affidano a voi».

Il medico, aggiunge il cardinale vicario, deve essere come il buon samaritano —  alla cui parabola, scritta da Luca, Papa Francesco ha dedicato il secondo capitolo della recente enciclica Fratelli tutti —  salvando il corposalvando il corpoda una parte e toccando il cuore del sofferente dall’altra perché è qui che il malato sperimenta l’amore di Dio. Lui, prosegue il messaggio,  non smette mai di sorprenderci: «Quando improvvisamente la sofferenza, il dolore, una malattia, un lutto, ci fanno entrare in gallerie profonde e buie che sembrano non finire mai, ecco che il Signore arriva sempre in modo dolce e delicato, mettendoci sempre accanto dei compagni di viaggio che ci affiancano e ci sollevano nei momenti difficili, asciugando  lacrime di dolore e dedicandosi senza risparmio, anche a rischio della propria vita, a chi vive nella paura costante di morire senza nessuno accanto. Una paura che anche i medici conoscono bene dopo aver visto molti loro colleghi sacrificare la propria vita per non privare in nessun modo il paziente di quella compassione manifestata dal buon samaritano. Vogliamo ricordare — scrive De Donatis in righe piene di commozione — anche tutti i vostri colleghi che, per la loro abnegazione, hanno perso la vita in questo tempo di pandemia. Sono stati tanti. Non possiamo e non dobbiamo dimenticare il loro altruismo e la loro generosità a servizio della persona e del bene comune».

La tutela della salute e la difesa della vita non sono solamente  impegni strettamente legati alla nostra umanità, osserva il vicario generale per la diocesi di Roma, «ma anche una missione che vi è stata affidata da Cristo», la quale  richiede una disponibilità e una sensibilità interiore che trovano «le  radici più profonde nella fede, nell’intima unione con Gesù e nella formazione di una coscienza libera da compromessi». Non è facile, da cristiani, essere medici oggi, precisa il porporato, «in un contesto sociale e culturale dove la dignità della persona è minacciata, e dove alcune cure nascondono e favoriscono la morte piuttosto che la vita, privilegiando il profitto economico alla persona». Per questo «la nostra diocesi,  nell’immagine del buon samaritano, vuole esservi vicino, vuole camminarvi accanto nei luoghi di cura, vuole sostenervi non solo con la preghiera, ma anche con la presenza dei sacerdoti cappellani, pronti ad aiutarvi nel condividere le vostre fatiche e responsabilità».

Non bisogna dimenticare che anche chi esercita questa nobile professione può provare sentimenti di sconforto e rassegnazione. È doveroso supportare il corpo medico, aiutandolo a non sentirsi isolato ma condividendo «le emozioni e gli stati d’animo dinanzi alle difficoltà, agli insuccessi e agli inasprimenti relazionali che possono accadere per svariati motivi. Mi auguro che possiate sentire sempre l’abbraccio e il sostegno per il vostro servizio», conclude De Donatis.