Il giuramento di 38 reclute della Guardia Svizzera Pontificia

Crescere nella fedeltà

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06 ottobre 2020

San Francesco di Assisi come esempio di vita rinnovata. Una figura, quella del Poverello,  che «invita a pregare oggi più intensamente per il Papa che ne porta il nome e a motivarci nel servizio che gli prestiamo, perché non si riduca mai a un’onorabile mansione, ma sia un’opera del cuore ritmata dalla preghiera»;  lo ha detto il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, durante la messa presieduta all’altare della Confessione della basilica Vaticana, domenica mattina 4 ottobre. Con questa celebrazione eucaristica è iniziata la giornata dedicata al giuramento delle 38 nuove reclute della Guardia Svizzera pontificia. L’evento si è articolato in due momenti: la messa presieduta dal porporato e, nel pomeriggio, il giuramento nel cortile di San Damaso, dove a causa della pandemia da  covid-19,  ha avuto luogo in forma strettamente privata. Alla presenza soltanto dei familiari più stretti delle reclute, si è rinnovata la suggestiva cerimonia — che si svolge tradizionalmente il 6 maggio — scandita dalla recita della formula del giuramento dinanzi alla bandiera del Corpo.

Nell’omelia, il cardinale Parolin ha ricordato che san Francesco, «giunto a un momento particolarmente difficile della vita, perché malato e pressoché cieco, al punto da non riuscire a sopportare la luce e nemmeno il bagliore del fuoco, ebbe un’esperienza particolare». Passò «una nottata di grande sofferenza fisica e di lotta spirituale e, dopo aver intensamente pregato, provò la consolazione del Signore». Fu dopo questa notte, ha spiegato, che «all’alba ebbe l’ispirazione di comporre la sua opera più nota, il Cantico delle creature», nella quale lodava «il Signore proprio per “frate sole”, e con cui dava sostanzialmente inizio, lui che sembrava arrivato alla fine, alla letteratura italiana».

Ciò insegna, ha commentato il segretario di Stato, che con il Signore anche «la notte più buia cede lo spazio al giorno e ogni crisi può diventare sorgente di rinnovata speranza». Il cardinale ha poi fatto riferimento al giuramento: si tratta, ha detto, di «un gesto rivelatore di una fedeltà più profonda». Infatti, «promettere fedeltà al successore di Pietro per amore di Cristo» non significa «solo esprimere la volontà di svolgere accuratamente un dovere assunto», ma anche «di adeguare la vita a tale intenzione». In concreto è una  manifestazione della «volontà di crescere, attraverso il servizio di questi anni, nella fedeltà al Signore e al suo Vangelo». Una «fedeltà che potrà anche giovarsi del clima costruttivo e fraterno che c’è tra di voi» — ha detto rivolgendosi alle guardie —  e strutturarsi «in un sano connubio tra ordine di vita e genuina amicizia».  La fedeltà del Corpo, ha sottolineato il porporato, è inoltre «sostenuta da radici solide: coloro vi sono vicini anche se distanti, come i vostri familiari, e anche quanti vi hanno preceduto nella storia» con «gesti eroici di dedizione e di sacrificio».

Nell’EucarIstia, ha concluso il porporato, «il ricordo e il ringraziamento si estendono a tutta la più ampia famiglia della Guardia Svizzera, a cui desidero esprimere di vero cuore gratitudine e rinnovare la stima della Santa Sede e mia personale». Con questi sentimenti, il segretario di Stato  ha augurato ai presenti «di vivere il servizio nella vigna del Signore quotidianamente innestati in Gesù, perché solo così porteremo veramente frutto».

All’inizio della messa, il cappellano Widmer aveva salutato il cardinale e le famiglie delle nuove reclute, facendo riferimento alla pandemia da covid-19 e sottolineando come le «circostanze difficili nelle quali celebriamo l’odierna festa, ci aiutano a riscoprire l’essenziale»: cioè «la presenza della famiglia che sta insieme e che si raduna attorno a Pietro per ascoltare e mettere in pratica quello che il divin Maestro, Gesù Cristo, vuole dirci».

Anche nel pomeriggio, nel cortile di San Damaso —  quando alla presenza dell’arcivescovo Edgar Peña Parra, sostituto della Segreteria di Stato,  si  è svolta la cerimonia del giuramento — il cappellano ha messo in luce come giurare non sia soltanto «una promessa forte» ma «un atto di culto a Dio, perché prendiamo Dio a testimone per una affermazione veritiera».  Il cappellano ha poi parlato del primo sacramento, quando il battezzato riceve una veste bianca «segno del  rivestirsi della grazia di Dio, dell’amicizia di Gesù». Da qui l’invito a pensare all’uniforme del Corpo che «potrebbe diventare in questo modo un segno dell’amicizia». A essa va associata la consapevolezza dell’amicizia fedele di Cristo.

Anche il comandante Graf ha invitato a costruire un rapporto di fiducia con Cristo. Il quale, ha detto,  «non pretende molto da noi; vuole che gli siamo fedeli, che osserviamo i suoi comandamenti e che ci sforziamo di seguirlo ogni giorno». Per realizzare gli obiettivi della Guardia Svizzera pontificia, ha concluso, «dobbiamo sforzarci di ristabilire la fiducia in nostro Signore Gesù Cristo».