La Buona Notizia - Il Vangelo della XXIX domenica del tempo ordinario (Matteo 22, 15-21)

Convertirsi al cristianesimo

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13 ottobre 2020

«Dicci il tuo parere: è lecito o no pagare il tributo a Cesare?» (Mt  22, 16-17). La domanda che i farisei e gli erodiani propongono a Gesù nasconde l’intenzione di cogliere in contraddizione il Maestro, per minarne l’autorevolezza. L’insegnamento del Signore, infatti, sta diventando troppo imbarazzante, per la concretezza e per la radicale semplicità che non permettono una risposta indifferente o vaga. «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno». Anche nella precedente captatio benevolentiae  è sottintesa la convinzione che questa integrità sia in realtà un’utopia. Il mondo è più complesso di come insegni tu — sembrano dire i farisei. Non è possibile essere sempre coerenti, prendersi ogni volta cura del prossimo, accogliere tutti, anche i lebbrosi, i samaritani, i centurioni…

Ascoltando davvero Gesù ci si trova un po’ con le spalle al muro: ci si sente chiamati a prendere radicalmente sul serio l’invito ad amare il prossimo, cioè la persona concreta che trovo accanto a me proprio nel mondo in cui vivo: «non possiamo lasciare che qualcuno rimanga ai margini della vita» (Papa Francesco). I farisei di ieri e di oggi, tra i quali spesso finisce per trovarsi ognuno di noi, tendono invece a rifiutare questa radicalità, e cercano di dimostrare che è impossibile evitare di scendere a patti con il potere, con l’ingiustizia, con la violenza. E per dimostrare che questo “buonismo a oltranza” non è realistico, i farisei utilizzano lo stratagemma retorico universale e la “buttano in politica”: le tasse si devono pagare proprio sempre?

Eppure fin dai primi secoli la rivoluzione cristiana viene riconosciuta proprio in questo paradosso: le persone che ricevono il battesimo restano lì dove si trovano, «dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati», afferma la Lettera a Diogneto  (documento straordinario che risale alla fine del ii  secolo). Questo comportamento non può andare d’accordo con qualunque genere di organizzazione sociale, e infatti dall’inizio fino ai giorni nostri ci sono i martiri, persone normali che mettono il Vangelo al di sopra di qualsiasi altra logica, che “rendono a Dio quello che è di Dio” e in questo modo cambiano la logica del mondo.

Anche oggi la chiamata evangelica incontra, innanzitutto nel cuore di ognuno di noi, molte resistenze, che spesso ci portano a ribellarci ai pastori e a chiunque ce la ricordi (e qui si trovano forse le radici di alcune critiche agli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, ricordati con insistenza da tutti gli ultimi Pontefici). Nel suo profilo di san Francesco d’Assisi, Chesterton fa un parallelo tra il grande santo “rivoluzionario” e san Domenico, notando tra i due una differenza “che non va a discapito di nessuno dei due” e che forse riassume la conversione che è richiesta a tutti noi, chiamati a “rendere a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” nella nostra vita quotidiana. «Mentre possiamo — afferma Chesterton — aver bisogno di qualcuno come Domenico per convertire i pagani al cristianesimo, abbiamo ancora più urgente necessità di qualcuno come Francesco per convertire al cristianesimo i cristiani».

di Carlo De Marchi