Cronache romane - Nella rinnovata sede espositiva di Villa Caffarelli, 92 marmi della famiglia Torlonia

Collezionare capolavori

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14 ottobre 2020

Rinviata per mesi, a causa del lock-down, il 14 ottobre apre i battenti a Roma  la mostra  I marmi Torlonia. Collezionare capolavori . Promossa dalla Sovrintendenza di Roma Capitale, d’intesa con Mibact e Fondazione Torlonia, la mostra, che resterà aperta fino al 29 giugno 2021, è stata allestita nella nuova sede espositiva dei Musei Capitolini di Villa Caffarelli, che rappresenta di per sé un’attrattiva. Ma i tesori ospitati all’interno — 92 dei 600 marmi della collezione della famiglia Torlonia — distoglieranno l’attenzione dei visitatori da questa pur importante  location romana. Rarissime e “sconosciute” da decenni sono infatti le opere presentate che, come sottolineano i curatori Salvatore Settis e Carlo Gasparri, sono la conferma di come il collezionismo di antichità sia il seme da cui sono nati i musei.

Sono stati infatti gli amorosi interessi per l’arte di un singolo conoscitore a creare in passato una raccolta; la cura nella catalogazione, spesso devozionale, a tutelarne, per quanto possibile, l’integrità; l’amoroso restauro, pur con le limitate tecnicalità di ogni tempo, a renderne riproponibile la bellezza; e, infine, l’attenzione dei discendenti per la conservazione a favorirne, in casi fortunati, la non dispersione.

Sarebbe lungo e fuorviante — pur in questa mostra che ha quale dichiarato leit motiv il farsi specchio di una evoluzione del collezionismo —  ripercorrere le commesse di acquisizione che, nei secoli, hanno creato le grandi raccolte. Dietro ciascuna di esse non c’è sempre stata la “voracità” di monarchi, ovvero di esponenti dell’altissima nobiltà, animati  da spirito di emulazione. C’è stato anche l’eroismo di singole personalità, non appartenenti a quell’ambiente, che si sono adoperate per reperire sulle piazze d’arte, o lontano da esse, opere da cui si leva un alone a volte mitico. Sa bene chi conosce le committenze del tardo siglo de oro  nonché dei successivi due secoli in Spagna, come pure quelle del Seicento francese, del Settecento e dell’Ottocento inglese, russo, austriaco, tedesco, o ancora francese  — per non parlare delle razzie di determinate fasi di quei due secoli o delle selvagge acquisizioni, in piena illegalità, del Novecento — che i più importanti musei del mondo sono nati da un’unica matrice. E certo il collezionismo dei Torlonia, più vicino a noi (secolo xix ) nel suo nucleo costitutivo, pur rispondendo alle più accorte logiche acquisitive dei grandi intenditori del passato, rappresenta un capitolo a sé, che si rispecchia nei loro marmi. Essi derivano innanzitutto da due nuclei, la collezione del cardinale Albani e quella dello scultore Bartolomeo Cavaceppi, entrambe formatesi nel xviii  secolo e ospitate rispettivamente nella Villa Albani (acquisita nel xix  secolo dai Torlonia) e nello studio dello scultore, protetto del cardinale stesso, in via del Babuino a Roma (dopo il lascito della collezione, da parte del Cavaceppi, all’Accademia di San Luca). Ma in queste acquisizioni dei Torlonia vi sono tracce di altre più antiche collezioni, fatalmente smembratesi, come quelle dei Giustiniani e dei Cesi; brani, perfino, di prime raccolte papali che risalgono al xv  secolo; oppure reperimenti “autonomi” da scavi nelle stesse proprietà familiari avviati dai principi Giovanni Raimondo Torlonia e da suo figlio Alessandro, fondatore del museo. Questi scavi furono a volte fortunati, portando ad esempio a far riemergere la villa di Erode Attico (filosofo e mecenate del ii  sec. d.C.), da cui vengono rare statue greche. E in ogni caso si rivelarono ricchi di significativi reperti, restituiti da altre tenute Torlonia, come quelle della Caffarella, o di aree circonvicine all’Urbe, dove vennero scavate le ville dei Quintili, dei Sette Bassi e di Massenzio; o della costa laziale, come a Porto; o in aree archeologiche della Tuscia.

Tutto ha portato tesori ai Torlonia che, dopo la costituzione del museo quando Roma era da poco divenuta capitale d’Italia, esposero la raccolta nel palazzo alla Lungara, dove — per la parte musealizzata — restò visibile fino agli anni ‘40, e poi non più, fino al riscoperto splendore di questi primi 92 marmi di Villa Caffarelli. La mostra sarà itinerante e farà conoscere in altre città del mondo una cifra di incomparabile bellezza e di sua raffinata coltivazione collezionistica, gemmata in situ , in quell’Italia che o li generò o li raccolse e ospitò.

di Giovanni D’Alessandro