Mostra su san Benedetto nell’abbazia di Montecassino

Abitò con sé stesso

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16 ottobre 2020

«C’è sempre qualcosa di “spirituale nell’arte”, nel senso più ampio del termine. Anche la forma più astratta racchiude in sé un rimando alla trascendenza, che — anche se non accolta — non smette di entrare in dialogo con la nostra condizione umana». Così padre Donato Ogliari, abate di Montecassino, introduce la mostra di arte contemporanea «Abitò con sé stesso» che si terrà nei locali del Museo abbaziale della cittadina in provincia di Frosinone da domani sabato 17 ottobre (l’inaugurazione è alle ore 16) al 28 marzo 2021, con vari artisti che esporranno una serie di opere per comporre una sorta di grande mosaico che definisce l’attualità del messaggio di san Benedetto al tempo del covid-19.

«Una mostra — osserva dom Ogliari — che  prende le mosse da un’esperienza negativa vissuta da san Benedetto, quando era ancora eremita: alcuni monaci che vivevano a Vicovaro, e che erano rimasti senza superiore, venuti a conoscenza della fama di santità che circondava Benedetto, gli chiesero di diventare la loro guida. Dopo molte insistenze egli accettò, ma ben presto si rese conto delle loro inclinazioni malvagie, scontrandosi con la  resistenza a percorrere le vie del Vangelo. Dopo un tentativo di avvelenamento, Benedetto decise di ritornare alla sua vita eremitica nella grotta di Subiaco. Lì, riabbracciata la sua amata solitudine, come annota san Gregorio Magno, egli “abitò con sé stesso”, habitavit secum . Questo rientro in sé stesso diventa l’esperienza fontale dalla quale, come da sorgente cristallina, scaturirà la fondazione, nella Valle dell’Aniene, di dodici piccoli monasteri che, nel tempo, daranno origine all’Ordine benedettino».. Questo rientro in sé stesso diventa l’esperienza fontale dalla quale, come da sorgente cristallina, scaturirà la fondazione, nella Valle dell’Aniene, di dodici piccoli monasteri che, nel tempo, daranno origine all’Ordine benedettino».

In due maniere, scrive Gregorio Magno nel definire ulteriormente il concetto, «possiamo uscire da noi stessi: o precipitando sotto di noi per il peccato di pensiero o innalzandoci al di sopra di noi per la grazia della contemplazione. Colui, per esempio, che invidiò i porci cadde al di sotto di sé, a causa della sua mente svagata e immonda. Pietro invece che dall’angelo fu sciolto dalle catene, e fu rapito nell’estasi, anche lui, certo, uscì da sé stesso, ma fu innalzato al di sopra di sé. Ambedue poi ritornarono in sé stessi, l’uno quando dalla sua condotta colpevole riprese padronanza del suo cuore, l’altro quando dalla sublimità della contemplazione riacquistò la comune coscienza come l’aveva prima. È dunque esatto dire che il venerabile Benedetto in quella solitudine abitò con sé stesso, perché tenne in custodia sé stesso entro i limiti della propria coscienza».

È da tutto ciò che muove l’idea della mostra, con il preciso desiderio di rappresentare “visivamente” il confronto interiore e il rigore. Anche per questo sono stati invitati degli artisti molto vicini alla cosiddetta corrente “analitica”, la cui pittura o scultura è basata appunto su un rigore progettuale privo di riferimenti iconici: questo obbliga il visitatore a una forte riflessione interna e, in molti casi, lo conduce verso un’esperienza di trascendenza. «In ultima analisi — conclude l’abate Ogliari —  è una sfida a scoprire le impronte della propria anima».

di Igor Traboni