Il santo agostiniano Nicola da Tolentino

Vero povero di Cristo

Pietro Gagliardi, «San Nicola da Tolentino intercede per le anime del Purgatorio» (1860 ca., Roma, basilica di S. Agostino)
09 settembre 2020

«Nicolaus, verus Christi pauper. Virgo a Deo electus, obedientiam iugiter servans. Heremitarum ordinem signis et virtutibus decoravit». Così l’antifona al Magnificat dei primi Vespri della festa di san Nicola da Tolentino (†1305) compendia la vita del primo religioso canonizzato degli Eremitani di Sant’Agostino (oggi più semplicemente Agostiniani).

I frati agostiniani erano nati per volontà della Sede apostolica che, nel corso del Duecento, aveva favorito l’unione di vari gruppi eremitici, per lo più di regola agostiniana, destinandoli al servizio della Chiesa universale sul modello degli altri grandi ordini mendicanti già esistenti: i Predicatori di San Domenico e i discepoli di Francesco di Assisi. Nel 1244, per volontà di Innocenzo iv (1243-1254), i frati eremitani celebrarono il loro primo capitolo a Roma, nella basilica di Santa Maria del Popolo. In seguito, Papa Alessandro iv (1254-1261) unì al gruppo originario altre famiglie religiose.

Nicola (nato nel 1245 a Sant’Angelo in Pontano, in provincia di Macerata) era entrato giovanissimo in uno di questi gruppi religiosi, gli eremiti fondati a San Biagio di Brettino, località nei pressi di Fano (Pesaro), da un gruppo di cittadini fanesi che volevano vivere in povertà, preghiera e penitenza: tratti caratteristici della fisionomia del santo. Oltre ai Brettinesi, confluirono nell’ordine agostiniano gli eremiti di Tuscia, diffusi tra la Toscana e l’Alto Lazio dagli inizi del XII secolo, quelli di san Guglielmo di Malavalle (†1157) e i frati del beato mantovano Giovanni Bono (†1249); più tardi, si unirono anche gruppi di convertiti come i Poveri cattolici e i penitenti detti frati del Sacco che seguivano la Regola agostiniana dal 1238.

Facendo dei gruppi eremitici un ordine animato dalla ricerca di Dio e dedito al servizio del popolo di Dio, i Pontefici vollero che i frati seguissero il Praeceptum di Agostino, vivendone la spiritualità e approfondendone la dottrina. È per tale ragione che, nell’iconografia tradizionale, anche san Nicola è sempre raffigurato con un libro aperto tra le mani, la Regola agostiniana, sul quale si legge: «Praecepta Patris mei semper servavi»: espressione che richiama la sua conformazione a Cristo che compie pienamente la volontà del Padre e, al medesimo tempo, la sequela del magistero spirituale del “beatissimo padre Agostino” contenuto in sintesi nel Praeceptum.

La vita regolare dei mendicanti era ordinariamente congiunta al ministero sacerdotale e all’impegno intellettuale, finalizzati l’uno e l’altro inscindibilmente all’evangelizzazione, in particolare di una società europea attraversata da profondi ed epocali cambiamenti: dal mondo feudale si stava passando al mondo delle città, dei mercanti e delle università, incentrato sulla riscoperta e la valorizzazione dell’uomo. I mendicanti divennero gli animatori di una stagione di rinnovamento dei grandi centri di studio; percorrendo tutte le vie del continente, si dedicarono alla predicazione e con il loro ministero, la direzione spirituale, le confessioni e l’amministrazione dei sacramenti raggiunsero in modo capillare ogni angolo dell’Europa, dalle isole del Nord al Mediterraneo, luogo di incontro e di dialogo con altre culture e religioni. Anche i frati eremitani dovettero lasciare nel tempo i prediletti luoghi appartati e impegnarsi nel grande agone della nuova evangelizzazione e così anche Nicola fu ordinato sacerdote nel 1265 a Cingoli. Dopo aver esercitato il suo ministero in molti centri delle Marche, giunse a Tolentino dove visse il resto della sua vita terrena.

Sulla vita di Nicola siamo ampiamente ragguagliati dagli atti del processo di canonizzazione e dalle antiche vite dedicate alla sua esistenza esemplare. È noto che l’agostiniano dedicava buona parte della sua giornata alla preghiera e al digiuno, eppure per tutti era un santo “sorridente”, diffondeva serenità e metteva allegria. Ai poveri che bussavano numerosi alla porta del convento egli provvedeva cibo e vestiario, trascurando spesso le sue esigenze personali. Tra molti altri episodi caratteristici della vita, narrati dalle fonti, ricordiamo quello legato ai “panini benedetti”, un segno della devozione mariana del santo. Nicola, gravemente malato, ottenne la grazia della guarigione per intervento della Vergine Maria che, apparsa in visione, gli aveva assicurato: «Chiedi in carità, in nome di mio Figlio, un pane. Quando lo avrai ricevuto, tu lo mangerai dopo averlo intinto nell’acqua, e grazie alla mia intercessione riacquisterai la salute». Il santo non esitò a mangiare il pane ricevuto in carità da una donna di Tolentino e si rimise in salute. Da quel giorno san Nicola prese a distribuire il pane benedetto ai malati che visitava, esortandoli a confidare nella protezione della Vergine Maria per ottenere non solo la guarigione dalle malattie, ma soprattutto la liberazione dal peccato.

San Nicola è anche patrono delle “anime del Purgatorio” per un altro episodio che illustra la sua misericordia verso i bisognosi, non solo nelle necessità del corpo, ma anche dello spirito. Un sabato sera nell’eremo agostiniano di Valmanente, vicino a Pesaro, appena coricato, il frate aveva udito un grido: «Nicola! Uomo di Dio, guardami!». Sobbalzando, Nicola si alzò e vide una figura che non riuscì sul momento a identificare. «Sono l’anima di fra Pellegrino da Osimo — disse la figura — e sono tormentato nel Purgatorio, dove sono trattenuto per purificarmi dalle mie colpe». Dopo essersi presentato, Pellegrino chiese al santo di celebrare una messa in suo suffragio. Nella visione, fra Pellegrino mostrò anche a Nicola una vallata enorme piena di una folla di anime di tutte le condizioni, età e sesso, molti erano chierici e religiosi, implorando di pregare per tutti e di non respingere le suppliche di tanta gente. La mattina Nicola raccontò a un suo superiore la visione e chiese il permesso di celebrare durante tutta la settimana la santa messa in suffragio delle anime sofferenti. Pregò per loro giorno e notte e, passati sette giorni — donde la tradizione del settenario delle anime purganti — fra Pellegrino venne a ringraziarlo perché lui e un gran numero di compagni di pena godevano ormai della visione beatifica in Paradiso.

Papa Eugenio iv, che canonizzò l’agostiniano nel 1446, ebbe a dire più volte: «Non ci fu santo dal tempo degli Apostoli che superasse san Nicola da Tolentino in numero e grandezza di miracoli». Il processo di canonizzazione infatti narra grandi prodigi, come la risurrezione della dodicenne Filippina di Fermo, di Jacopuccio Fateboni e di Venturino di Gigliolo, e altri trecento miracoli per i quali il santo è riconosciuto come uno dei più grandi taumaturghi del Medioevo.

Per grazia di Dio, Nicola ha consacrato al Signore la sua vita e ha seguito in tutto la scelta di vita di Cristo, povero, casto e obbediente al Padre secondo la Regola di sant’Agostino. Con i suoi miracoli e con le sue virtù ha arricchito la vita delle comunità cristiane in cui ha umilmente servito il popolo di Dio, dispensando il pane e la parola, divenendo strumento straordinario di benedizione e di misericordia. Venerato in molte città e regioni, non solo in Italia e in Europa, ma anche in America latina e altrove in tutto il mondo, san Nicola è stato il principale modello di santità del suo ordine e continua a esserlo ancora oggi.

di Rocco Ronzani