L’attualità della testimonianza di san Giovanni Crisostomo

Una vita di perseveranza e martirio

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14 settembre 2020

«Salva o Dio il tuo popolo e benedici la tua eredità». Il 13 settembre nel calendario latino è la festa di san Giovanni Crisostomo. Lo vogliamo ricordare a partire da queste parole che vengono ripetute per ben tre volte nella divina Liturgia bizantina. Laddove invece si celebra tale ricorrenza il 13 novembre, poiché il 14 settembre, giorno della commemorazione della universale Esaltazione della Croce preziosa e vivificante, risulta essere una delle 12 feste liturgiche fisse del Calendario bizantino. Queste parole della divina Liturgia che rimangono legate in maniera inscindibile al nostro santo padre Giovanni Crisostomo, arcivescovo di Costantinopoli, esprimono una continua implorazione al Signore Dio perché salvi il suo popolo dalle tribolazioni, dalle sofferenze, dalle guerre; quello stesso popolo con cui stabilì la sua alleanza e affinché lo benedica quale sua eredità e ne rimanga salda nei secoli.

Mai come oggi queste parole della divina Liturgia di san Giovanni Crisostomo risultano essere così attuali, e contestualmente così “personali”, pronunciate da colui che proveniva dagli stessi territori di quel Medio Oriente che ancora oggi come allora è provato dai conflitti del nostro tempo. Quel popolo che, ora più che mai avrebbe bisogno di sentire parole di consolazione, di coraggio, di speranza, in particolar modo da parte del “clero”, prendendo come esempio proprio il Crisostomo, al quale non per caso è stato attribuito il titolo di “Bocca d’oro”.

Il recente viaggio in Libano, del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, in rappresentanza del Santo Padre, in segno di vicinanza e presenza della Chiesa, è stato un esempio di come le esortazioni che Crisostomo rivolgeva al clero del suo tempo siano ancora così attuali. Francesco ha voluto portare un messaggio di speranza e rinascita, per dare coraggio e nuova fiducia al popolo libanese, dopo la devastante esplosione del 4 agosto a Beirut. La visita è stata annunciata dal Papa all’udienza generale del 2 settembre scorso nel cortile di San Damaso. E nel suo saluto il Pontefice ha ricordato anche la Lettera apostolica a tutti i vescovi della Chiesa cattolica sulla situazione nel Libano, del 7 settembre 1989. Le parole del Santo Padre sono state piene di incoraggiamento, di forza, e non è mancato l’invito alla preghiera e all’affidamento al Signore. È stato il grande segno che la Chiesa è accanto al suo popolo.

La vita di san Giovanni Crisostomo è ormai conosciuta da molti, ma è tuttavia d’obbligo dare un breve cenno su alcuni momenti significativi della sua esistenza e sulla sua personalità, che rappresentano ancora oggi esortazioni di straordinaria originalità da parte di questo grande teologo e dottore della Chiesa.

La nascita del Crisostomo avviene nel 349 circa ad Antiochia, in Siria, l’attuale Antakya al sud della Turchia. Suo padre Secundus era un alto ufficiale nell’esercito civile presso gli uffici del governatore della Siria, e sua madre Anthusa, rimasta vedova a vent’anni, badò a suo figlio di pochi mesi.

Crescendo, con gli anni Giovanni si innamorò degli studi, in particolar modo dell’eloquenza greca, a tal punto che tra tutti i suoi compagni divenne il preferito del suo maestro, del quale resta famosa la frase: «Sarebbe stato uno dei miei migliori allievi se la Chiesa non me lo avesse rubato». Giovanni infatti cominciò a seguire dei corsi di esegesi e li proseguì preso dall’amore per la dottrina sacra. Dopo tre anni vissuti accanto al vescovo Melezio, Giovanni ricevette il battesimo per poi essere ordinato lettore. Dopo un periodo di esperienza ascetica, venne ordinato diacono dallo stesso vescovo Melezio, mentre ricevette l’ordinazione presbiterale da Flaviano, vescovo di Antiochia.

Nella sua vita presbiterale, Giovanni fu il vanto di tutto il clero locale per l’austerità del suo vivere. Dopo la morte di Nettario, vescovo di Costantinopoli, tanti si fecero avanti per essere eletti a questa importante sede: addirittura alcuni, pur di conquistare la sede episcopale, mandarono dei doni, cercando di corrompere il pretorio. Ma Giovanni, per la sua fama, la sua sapienza e la sua eloquenza, venne proposto come vescovo a Costantinopoli da Eutropio, il capo degli affari di Stato, il quale suggerì all’imperatore di scrivere una lettera per convocarlo in segreto, per timore che la gente di Antiochia impedisse la sua partenza, tanto era l’amore verso di lui. Una volta arrivato, venne consacrato vescovo della Chiesa di Costantinopoli.

Rispetto agli altri gerarchi dell’epoca, Giovanni pose la più grande attenzione e dedizione per lo spirito missionario; egli inviò infatti missionari ad annunciare la Parola di Dio tra coloro che ancora dovevano conoscerla. Ebbe grande attenzione per gli ammalati, per i quali fece costruire degli ospedali. Ma ancora più sorprendente è quanto si legge nella sua predica indirizzata agli Ebrei a Costantinopoli, quando afferma che l’assistenza materiale della Chiesa si deve estendere a tutti coloro che ne hanno bisogno, senza alcuna differenza di credo religioso: «Il bisognoso appartiene a Dio, anche se pagano o ebreo. Anche se non crede, è degno di aiuto» (cfr. Giovanni Crisostomo, Lettera agli Ebrei 10, 4).

Da vescovo nella capitale dell’Impero d’Oriente, Giovanni aveva l’onere di mediare le delicate relazioni diplomatiche tra la Chiesa e il governo imperiale. In molte occasioni dovette affrontare le ostilità di molti ufficiali imperiali, spesso a causa del suo rigore nel criticare il lusso in cui essi vivevano. Ma le difficoltà che più lo tormentavano nella sua posizione di arcivescovo metropolita di Costantinopoli erano le negoziazioni sulle delicate questioni ecclesiali con altri gerarchi in altre sedi. Troppo di frequente ebbe a patire a causa di svariati intrighi orditi contro di lui dai suoi avversari sia politici che ecclesiastici, fino a venire condannato all’esilio per ben due volte (cfr. Lettera del Sommo Pontefice Benedetto XVI in occasione del XVI centenario della morte di San Giovanni Crisostomo, agosto 2007).

Quella del Crisostomo è stata una vita burrascosa e rigorosa, una vita di perseveranza e martirio. Venne espulso e condannato non dai pagani ma dai suoi falsi fratelli, e morì lontano dalla sua patria, da cui era stato allontanato. Ma accettò tutto con spirito di gioia, come se provenisse dalla mano di Cristo.

Il 14 settembre del 407, a Comana del Ponto, morì stremato nel fisico, durante il faticoso viaggio verso la destinazione del suo secondo esilio, che mai raggiunse, lontano sia da Antiochia che da Costantinopoli. Era il giorno della Santa Croce del 407, che quest’anno ricorderemo anche in occasione della Colletta di Terra Santa — posticipata dal Venerdì Santo a questa data a causa della pandemia — in soccorso di quel popolo dei luoghi santi, implorando la salvezza e la benedizione del Padre celeste.

di Papàs Elìas Al Bdeiwi