La vita della carmelitana fiorentina in «Una fabula mystica nel Seicento italiano. Maria Maddalena de’ Pazzi e le Estasi»

Un costante appello all’amore

Dioniso Montorselli, «Santa Maria Maddalena de' Pazzi incoronata di spine da Cristo con i santi Agostino e Caterina da Siena» (Siena, 1653-1690)
23 settembre 2020

Per ben ventuno anni, dal 1605 al 1626, don Vincenzo Puccini fu il governatore e il confessore del convento carmelitano di Santa Maria degli Angeli a Firenze. Lì egli ebbe modo di conoscere suor Maria Maddalena de’ Pazzi: si trattò di una frequentazione piuttosto breve, in quanto la monaca morì nel 1607, ma ciò non impedì al Puccini di redigerne una biografia che conobbe due diverse versioni, la prima nel 1609 e la seconda nel 1611, ognuna delle quali presenta alcune interessanti peculiarità. Nell’impegnativo e approfondito lavoro Una fabula mystica nel Seicento italiano. Maria Maddalena de’ Pazzi e le Estasi (Firenze, Olschki 2020, pagine 320, euro 38), Laura Quadri, ottima conoscitrice della letteratura religiosa, prende in esame i due testi scritti dal Puccini; il suo intento è indagare quale sia stata la ricezione delle Estasi maddaleniane, le quali, seppur edite in modo integrale per la prima volta tra il 1960 e il 1966, avevano avuto in realtà una precoce diffusione.

Beatificata da Urbano VIII nel 1626 e canonizzata da Clemente ix nel 1669, Maria Maddalena (al secolo Caterina, ma in famiglia chiamata Lucrezia in onore della nonna paterna) era nata a Firenze nel 1566, secondogenita del nobile Camillo de’ Pazzi e di Maddalena Maria Buondelmonti. Su consiglio del proprio direttore spirituale, il gesuita Pietro Blanca, a sedici anni fece il suo ingresso nel monastero di Santa Maria degli Angeli, ove la comunità viveva in un’atmosfera caratterizzata da fede e devozione autentiche. Nel convento era particolarmente viva la tradizione domenicana, persino quella di origine savonaroliana; così la giovane maturò la sua vocazione in un contesto in cui si incontravano tre grandi eredità spirituali: la carmelitana, la domenicana e la gesuita. Vinta la resistenza dei genitori, nel gennaio del 1583 Maria Maddalena vestì l’abito monastico.

A partire dal maggio dell’anno seguente la santa cominciò a essere destinataria di varie “rivelazioni”. Da quel momento in poi fu tutto un susseguirsi di esperienze mistiche: ebbe mutato il cuore con quello di Gesù e ricevette la corona di spine e le stimmate.

Attraversato un doloroso e difficile periodo di tenebre interiori, che le era stato annunciato da Cristo stesso, la santa si trovò animata da un fervore particolare e, mediante lettere spedite alle più alte autorità ecclesiastiche, invocò un profondo rinnovamento della Chiesa a partire dai sacerdoti e dalle religiose: nelle sue missive non mancano i toni aspri, ma il suo è un costante appello all’amore e non certo alla vendetta.

Non casualmente, a questo proposito ella guardò con particolare ammirazione alla figura e all’opera del cardinale Borromeo. Sempre fedele a uno stile di vita improntato a sobrietà e austerità straordinarie, Maria Maddalena educò con rigore le novizie, avendo tuttavia sempre di mira la carità vicendevole e la radicale consacrazione a Cristo, che doveva tramutarsi in un vero e proprio sposalizio mistico. Nel 1604 la santa venne eletta sottopriora, ma ben presto si ammalò: dopo aver sopportato un periodo di pura sofferenza, il 25 maggio 1607 lasciò questo mondo.

Proprio ciò che accadde negli anni immediatamente successivi alla sua morte è al centro degli interessi di Laura Quadri, che vuol comprendere a fondo quale fu la ricezione dell’eredità spirituale di Maria Maddalena e quale l’uso che se ne fece all’indomani della sua scomparsa. In sintesi, che genere di traccia lasciarono le Estasi della santa fiorentina? Ed è a questo riguardo che risaltano in tutta la loro importanza i due testi redatti da don Vincenzo Puccini, che l’autrice analizza con grande precisione, sviluppando interessanti considerazioni in merito all’eccezionale esperienza mistica di Maria Maddalena; tale esperienza viene opportunamente collocata all’interno delle vicende della Chiesa del tempo e messa in rapporto con le più rilevanti questioni concernenti la personalità della santa, a cominciare da quella della libertà, che contraddistinse costantemente il cammino della carmelitana fiorentina sulla via del Signore. La Quadri nota che il Puccini seppe capire ed esprimere con lucidità una dimensione assai delicata della vita interiore maddaleniana e afferma a questo riguardo: «La ricerca di Puccini di ridare un quadro equilibrato, che non faccia torti né alla generosità di Dio né al libero arbitrio dell’uomo, è la medesima ricerca della Chiesa in quegli anni, che si confrontava con il tema». Le Estasi della santa conobbero un’ampia diffusione già nel Seicento e tra il XVII e il XVIII secolo i ritratti della carmelitana fiorentina «si ritrovano in quasi tutte le sagrestie, accanto alle immagini molto diffuse di Teresa d’Avila, di Luigi Gonzaga o di Filippo Neri, testimoniando di una devozione che non rimane circoscritta agli ordini conventuali. Sembra proprio, insomma, che Puccini riesca, basandosi sui manoscritti originali, a tracciare il profilo di una santità che trasmette dei valori universali nei quali tutti si possono incarnare».

Dunque, non appare per niente casuale che, negli anni, a venerare il corpo incorrotto di Maria Maddalena de’ Pazzi si siano recate, fra le altre, personalità del calibro di Giovanni Bosco e Teresa di Lisieux.

di Maurizio Schoepflin