Vita e morte di Bonfiglio Liborio

Tra Forrest Gump e don Chisciotte

Remo Rapino
07 settembre 2020

Una vittoria meritata e inattesa quella di Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, romanzo di Remo Rapino edito da Minimum Fax (Roma, 2019, pagine 265, euro 17) trionfatore al premio Campiello 2020. Meritata e inattesa soprattutto perché l’autore non fa parte nell’editoria italiana della rosa dei nomi noti. Tutti i giornali hanno riportato la notizia, tutti con un accento di sorpresa.

Ci sarebbe da dire qualcosa dei criteri con cui tutta l’editoria italiana pare aver abdicato, pur dovendo assolvere a giuste e sacrosante leggi commerciali, alla nobile missione di dare spazio alla qualità della scrittura. Qualità prima perché chi scrive possa definirsi uno scrittore. Onore dunque al coraggio di Minimum Fax per aver rischiato, puntando su un nome pochissimo noto, e per averlo candidato in premi prestigiosi.

Ma chi è Remo Rapino? Un professore di Storia e Filosofia, un provinciale nella più intensa e alta accezione del termine. Come lo era Flaiano, con cui Rapino condivide i luoghi di origine. Remo Rapino scrive da decenni, è poeta ma si è cimentato anche nella narrativa, apprezzato e riconosciuto nel suo spessore da un pubblico di lettori ristretto. La vittoria al Campiello è condivisa da tutti quelli che hanno seguito le sue pubblicazioni, è una gioia e una sorta di riscatto collettivo.

Bonfiglio Liborio è un uomo mite, di modestissima estrazione sociale, che giunto alla conclusione della sua vita decide di raccontarla perché, forse, ha bisogno di metterla in ordine, di rivisitare il tempo andato, i volti dei tanti che ha amato, i tempi che ha attraversato, dal fascismo alla guerra, i lavori svolti da garzone di bottega a operaio, le lotte sindacali, la solitudine del manicomio.

Bonfiglio è un mite di cuore, un emarginato, uno che la vita ha scartato, una “coccia matta” di paese che, come un cane randagio, si aggira per i vicoli e le piazze del luogo in cui è nato, da cui è andato via ma dove è sempre tornato. È un paese del Meridione, imprecisato ma simile a tanti dell’Italia del Sud.

Sfila tutto un secolo nel racconto torrentizio di Liborio, e dell’intero secolo appena trascorso ci viene incontro una galleria di personaggi, un lungo elenco di cognomi e nomi, perché così Liborio sa dirli. C’è Cianfarra Romeo, il maestro indimenticato dei suoi primi anni di scuola, Giordani Teresa, la donna amata per una vita…

Una via di mezzo tra Forrest Gump e don Chisciotte, Bonfiglio Liborio che non sa parlare in italiano, parla come sa e può, ma sa dire le ragioni del cuore, sa trovare le parole giuste per raccontare la Storia e le storie. Bonfiglio Liborio crede nella forza delle parole e fa suo un pensiero di Pasolini, anche se non sa chi era Pasolini: «Siamo impotenti, è vero. Ma le parole valgono pure qualcosa».

di Giulia Alberico