Il diritto alla salute e quello all’educazione

Restare vicini insegnando da lontano

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07 settembre 2020

La testimonianza del parroco a Ramallah


«Ci stiamo preparando con grande impegno alla riapertura delle scuole. Dobbiamo contemperare le esigenze del diritto all’educazione degli alunni con quelle del diritto alla salute degli alunni e degli insegnanti. Le fatiche non mancano, ma siamo fiduciosi». A raccontarlo è abuna Jamal Khader, parroco a Ramallah e direttore delle scuole del Patriarcato Latino di Gerusalemme. Quarantatré istituzioni, distribuite fra Giordania (24), Palestina (13) e Israele (6), che hanno dovuto affrontare la crisi covid-19 in contesti diversi.

«Il lockdown ha imposto la sospensione delle lezioni in presenza il 5 marzo scorso, e le nostre scuole hanno risposto prontamente, proponendo la didattica a distanza. Purtroppo quando il ministero dell’istruzione palestinese ha comunicato che la didattica online non sarebbe stata considerata equivalente a quella in presenza, molti bambini hanno smesso di seguire le lezioni, e i loro genitori hanno smesso di pagare le rette. E le rette, anche se non coprono tutti costi delle scuole, sono pur sempre necessarie alla loro gestione economica».

Il Patriarcato Latino ha reagito alla crisi economica delle scuole sviluppando un piano di emergenza su più fronti, in vigore almeno fino al 31 dicembre prossimo. «Da un lato, prosegue padre Khader, sono state offerte riduzioni delle tasse scolastiche a tutte le famiglie, sollecitandole al pagamento di almeno una parte di quanto convenuto. Purtroppo, soltanto poco più di un quarto delle famiglie ha potuto onorare i propri debiti. Sul fronte dei costi, invece, sono state concordate riduzioni degli stipendi del personale docente, anche se a loro è stato richiesto un notevole lavoro anche durante l’estate, per prepararsi all’eventualità — purtroppo non remota — di nuove chiusure. Anche l’attività di fund raising è stata potenziata, sviluppando progetti ad hoc e chiedendo finanziamenti agli enti più coinvolti nel sostegno economico del Patriarcato, come ad esempio i Cavalieri del Santo Sepolcro. Le scuole sono un fiore all’occhiello della Chiesa cattolica in Terra Santa. Anche quest’anno in tutte le nostre istituzioni i risultati del tawjihi (l’equivalente dell’esame di maturità) sono stati eccellenti. Ma la crisi non è ancora alle nostre spalle. Tutt’altro».

Il Patriarcato Latino di Gerusalemme vive da diversi anni una situazione finanziaria piuttosto difficile, a causa delle ingenti spese affrontate per la costruzione dell’Università di Madaba. Proprio recentemente il debito è stato finalmente ripianato, grazie alla vendita di un terreno in Galilea. Ma senza aiuti esterni, i cristiani e le Chiese del Medio oriente non riescono ad andare avanti.

Nonostante questa povertà diffusa, non mancano segnali di grande solidarietà. Il Libano, già in ginocchio per la tragica crisi economica degli ultimi anni, è stato ulteriormente colpito dalla gigantesca esplosione che ha devastato la città di Beirut lo scorso 4 agosto. «Subito le nostre comunità si sono mosse in favore di questi nostri fratelli in difficoltà», racconta padre Ibrahim Shomali, cancelliere del Patriarcato.

«Monsignor Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato, ha scritto una lettera ai sacerdoti, disponendo che in tutte le parrocchie, per due domeniche, le offerte raccolte siano destinate a questa intenzione. È un segno di amore per questi fratelli, arabi e orientali come noi. La nostra gente è stata generosa oltre ogni aspettativa, e mi ha fatto pensare alla “povera vedova” del Vangelo, tanto elogiata da Gesù per aver donato non del proprio superfluo, ma tutto quello che aveva per vivere. In Palestina e Israele sono stati raccolti quasi 48.000 dollari, in Giordania oltre 25.000 dinari: somme significative, per una comunità cristiana numericamente modesta e duramente provata. Voglio sottolineare che hanno partecipato alla colletta davvero tutte le realtà ecclesiali: anche il Vicariato per i migranti — una categoria sociale oggi in una situazione tragica — ha voluto dare il suo contributo. Un cristiano di Gaza poi ha offerto da solo ben 3.000 shekel (circa 750 euro). Tutto il ricavato sarà presto inviato a monsignor Cesar Essayan, vicario apostolico di Beirut, il quale provvederà a distribuirlo ai più bisognosi. Ma siamo convinti che se saremo generosi con loro, il Signore non farà mancare la sua Provvidenza a noi».

di Filippo Morlacchi