In «Camere separate» la compiuta sintesi della dimensione fisica e metafisica

Inesorabilità del dolore ed esigenza di riscatto

Pier Vittorio Tondelli
16 settembre 2020

L’immagine restituita da buona parte della critica contemporanea, di un Tondelli libertino e disimpegnato, si limita in realtà a cogliere la patina esteriore, superficiale, di una scrittura che offre rimandi ben più complessi; il disimpegno c’è, ma per quanto insistito e ostentato, svela necessità irrisolte di personaggi adolescenti, ancora incapaci di affrontare consapevolmente se stessi e la realtà.

Non a caso il disagio di fondo, quello che Tondelli definisce, irridente, «il vischioso male», riemerge di continuo, vanificando il proponimento celebrativo di un mondo carnevalesco, distruggendo l’utopia della non-definizione, innescando meccanismi auto-distruttivi. Eppure, la narrativa dello scrittore di Correggio avverte la caduta, la carenza, il limite, ma anziché soggiacere tenta il salto, il tuffo bambino e speranzoso nella vita; vita immediatamente agitata anziché pensata e per questo condannata al fallimento.

In Altri libertini e Pao Pao è in primis uno stile baldanzoso, euforico, vitalistico, a camuffare, anzi a sommergere questo clandestino fastidio esistenziale, celebrando un senso di appartenenza a una “tribù” che condivide norme, gerghi, mode e puntellando un’identità in fieri, ancora malsicura e traballante. Sta alla scrittura il compito di legittimare questi «mondi vitali e sostitutivi» tramite i quali i giovani cercano possibilità di espressione; sta alla linfa vitale di una narrazione scatenata, coalizzare il mondo giovanile, codificandone i valori alternativi disprezzati dalla società ufficiale.

L’intensità dell’emozione viene filtrata tramite la narrazione di una fisicità mai composta o armonizzata, spesso lacerata e sofferente, evidente ed estrema, mezzo di espressione e di conoscenza. Attorno ad una carnalità abbrutita (Altri libertini), esaltata (Pao Pao) o contemplata (Camere separate) ruota tutta la poetica di Tondelli, che non si limita a constatare l’inesorabilità del dolore, ma esprime una pressante esigenza di riscatto e salvezza. Il corpo interpreta, materializza questa presa di coscienza e la corporeità estremizzata, superando il fisico, approda al metafisico. Nell’ultimo romanzo Camere separate, infatti, la contemplazione del corpo dell’amato rappresenta per Leo, il protagonista, la possibilità di cogliere il rimando ad una bellezza superiore, ad un’armonia trascendente e altrimenti nascosta, ma che ora si svela pienamente. La sua preghiera assume le forme di un canto di ringraziamento, nel momento in cui l’altro viene percepito come un dono, capace di schiudere significati ulteriori e altrimenti inaccessibili. La presenza del sacro, attraverso il corpo di Thomas, diviene qualcosa di tangibile nella realtà: la fisicità condivisa permette a Leo l’accesso ad una dimensione spirituale che, traducendosi in scrittura, assume le forme di un linguaggio innamorato di Dio.

È proprio in Camere separate, infatti, che la ribadita appartenenza al mondo esaltante e protettivo, ma ristretto, quello degli «altri libertini», inizia a farsi claustrofobica. Le illuminazioni di Leo procedono per strappi, scarti e scatti, rispecchiando il tumulto di un’anima spaesata e irrequieta, che ha appena superato la soglia dei trent’anni e a cui la maturità sembra imporsi come forza fisiologica. Recalcitrante e incerto nell’abbandono della piacevole condizione di eterno fanciullo, non può più eludere il bisogno interiore di legittimazione del suo mestiere di scrittore e della sua identità omosessuale. Divenuto pressante il desiderio di uscire dalla cerchia protettiva di un «ambiente di simili», sentendosi prigioniero di un’ «allegra e irresponsabile adolescenza», Leo-Tondelli riflette su stesso, iniziando dalla sua relazione con Thomas, fallita perché condannata alle perenni “camere separate”. Si accorge che è la separatezza la condizione che da sempre, fin dalla più tenera età, ha abbracciato per guardare il mondo; su un vissuto di emarginazione e diversità, si è inserita l’attività dello scrivere, come mezzo per continuare ad esserci da una posizione «laterale», raccontando storie altrui, narrando ciò che non potrebbe trasformarsi in vita propria.

Anche la letteratura, nella riflessione di Leo, sembra divenire l’ennesimo «luogo separato», permettendo allo scrittore di «sopravvivere, anche di gioire, ma sempre con la consapevolezza che mai la pienezza della vita, come comunemente la intendono gli altri, sarebbe stata sua». Un’amara consapevolezza maturata sul finale del libro, ma che sottende il sollievo di una definizione capace di ancorare finalmente Leo al suo vero sé. Anche per questo Camere separate può essere interpretato come un vero e proprio romanzo di formazione: è il racconto di una solitudine prima scelta poi subìta, la riflessione su una convivenza impossibile, la confessione di una sterilità che brucia per la perdita di un rapporto mai legittimato, per una paternità mancata, per l’anomalo «mestiere» di scrittore.

Quella ricerca di pienezza, seppure di continuo fallita, che caratterizza la prima produzione tondelliana, si dispiega, dunque, a gran voce proprio in Camere separate nel canto di una speranza intuita, di un’esigenza di approdo, riscatto, salvezza e quindi di unità.

di Elena Buia Rutt