Periferie del mondo ancora sconosciute

Quando la geografia è sinonimo di sviluppo

Un cantiere ad Addis Abeba
15 settembre 2020

Mai come oggi è possibile accedere ad una quantità indicibile di carte geografiche, quasi tutte digitalizzate ed indicizzate. Quelle topografiche, ad esempio, vengono utilizzate frequentemente per la navigazione — poco importa se terrestre, marittima o aerea — attraverso l’interazione dei sistemi satellitari con i nostri tablet, smartphone e ogni sorta di dispositivo capace di accedere alla rete. Anche la meteorologia e il monitoraggio degli eco-sistemi, in considerazione soprattutto dei repentini cambiamenti climatici, fanno affidamento sulla cartografia e sull’informazione geografica in termini generali. Il problema di fondo è che il repentino progresso tecnologico ci ha portato a pensare che le superfici del nostro pianeta siano del tutto conosciute e dunque cartograficamente note. E invece non è così. Se questo è vero a casa nostra, nel cosiddetto Primo mondo, non possiamo affermare lo stesso per i paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli africani. In altre parole, utilizzando il gergo di Papa Francesco, vi sono delle periferie del mondo ancora scoperte; non tanto perché non se ne conoscono i confini, quanto piuttosto perché le rappresentazioni topografiche in circolazione non sono in grado di fornire i particolari di quei territori.

Le app in circolazione, accessibili attraverso la rete internettiana, che offrono la possibilità di scaricare le mappe satellitari, hanno a volte, per così dire, delle zone d’ombra. Si tratta di un vulnus che evidenzia lo scarso interesse economico da parte dei provider nei confronti di determinate superfici geografiche del pianeta. Questo è il motivo per cui è nato a Roma un gruppo di lavoro denominato Map For Future il cui obiettivo è colmare tali carenze cartografiche dei paesi poveri. «L’assenza di una cartografica aggiornata — spiega Valerio De Luca, copromotore dell’iniziativa insieme a Giuseppe Maria Battisti — non solo ci fa per così dire sbagliare strada, ma non aiuta una regione a crescere in termini di sviluppo generale. Dove manca la conoscenza dell’informazione geografica manca spesso una visione di sviluppo economico, sociale e culturale». Dall’inizio dello scorso anno, questa iniziativa ha coinvolto geografi, ingegneri informatici, esperti di monitoraggio satellitare, urbanisti, studenti e semplici curiosi che insieme hanno realizzato eventi di sensibilizzazione chiamati Mapathon, veri e propri laboratori di studio dove i volontari partecipano alle attività di mappatura con il proprio portatile. Hanno così identificato dei villaggi rurali nella Tanzania settentrionale al fine di supportare le attività di promozione umana, tra le quali spicca la lotta contro la mutilazione genitale femminile molto diffusa nella regione.

Il gruppo di esperti ha ricevuto anche numerose richieste per mappare quelle aree particolarmente colpite da eventi atmosferici catastrofici che rendono difficile la ricostruzione per la mancanza di un’informazione cartografica di riferimento. Anche il periodo di lockdown imposto nei mesi scorsi dal coronavirus, ha paradossalmente rappresentato per i volontari il tempo propizio, attraverso il collegamento in rete digitale, per avviare un piano di mappatura del Somaliland. Grazie al prezioso contributo del Forum - UN Italia, un’associazione italiana che riunisce ex funzionari delle Nazioni Unite ed altri organismi internazionali impegnati nel dialogo tra le culture e lo sviluppo umano è stato messo in cantiere un geoportale per Hargeisa con un primo focus particolare sulla città di Wajaale, nei pressi del confine con la vicina Etiopia (paese senza sbocco sul mare) e snodo di transito significativo sulla direttrice commerciale che unisce la capitale etiopica Addis Abeba al porto di Berbera sulla costa somala del Golfo di Aden.

Il confinamento domiciliare non ha dunque impedito telefonate e videochiamate tra i volontari di Map For Future, Forum - UN Italia e il team Gis & Catastal Survey — Gcs, un’organizzazione non governativa del Somaliland impegnata nella mappatura catastale della regione. L’aspetto tecnologico più interessante di questo progetto è la possibilità di allestire l’infrastruttura informatica con i partner locali in modo che si possano dotare di database per l’archiviazione di dati spaziali nel formato Gis. Di cosa si tratta? Quando solitamente utilizziamo un’app o visitiamo un sito in cui ci vengono mostrate delle informazioni su una mappa digitalizzata, per esempio interagendo col nostro navigatore satellitare, o cerchiamo il miglior ristorante in zona, stiamo utilizzando una tecnologia basata su un’idea semplice di oltre un secolo fa, il Gis appunto. Si tratta dell’acronimo di Geographic information system, sistema informativo geografico i cui tratti fisiognomici oggi risultano essere quelli di una tecnologia proiettata sul futuro, quella impressa dal rivoluzione digitale 4.0.

La cooperazione tra i volontari italiani e Hargesia è solo il primo passo nel migliorare la gestione delle risorse territoriali, con l’appoggio e l’approvazione del ministero dell’agricoltura di Hargeisa. In un contesto africano marginalizzato dall’esclusione sociale, le sfide che hanno di fronte le amministrazioni locali sono molte: dallo studio sulle modalità di pianificazione e sviluppo agricolo e sanitario, al monitoraggio del sistema scolastico nelle aree rurali, per non parlare dell’esigenza di rafforzare le grandi arterie di comunicazione stradale. Il geoportale in fase di allestimento sarà in grado di soddisfare queste istanze attraverso la raccolta dei dati spaziali riferiti al territorio in questione. Il personale locale di Hargeisa e Wajaale (società civile e istituzioni) verrà presto formato sull’uso di questi nuovi sistemi, in un’ottica di capacity building per garantire la crescita professionale di tutto il partenariato. Dunque, una cooperazione, quella promossa da questi volontari italiani, certamente inedita e fortemente innovativa per un continente che invoca l’agognato riconoscimento dal consesso delle nazioni. Anche geografico.

di Giulio Albanese