Il vescovo Mura spiega il valore di un cortometraggio sulla difesa dell’ambiente realizzato dalle diocesi di Nuoro e di Lanusei

Quando il senso di comunità ci salva da un mondo di plastica

Il vescovo Antonello Mura
02 settembre 2020

L’inquinamento da plastica è uno dei principali fattori di inquinamento ambientale. Lo ricorda ogni anno la Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato istituita da Papa Francesco, che nell’enciclica Laudato si’ parla di una necessaria alleanza tra umanità e ambiente. Una sorta di cittadinanza ecologica che ci responsabilizza a evitare il più possibile l’utilizzo di materiale plastico e a differenziare i rifiuti. Di questi temi ha parlato con «L’Osservatore Romano» monsignor Antonello Mura, vescovo delle diocesi di Nuoro e di Lanusei che hanno contribuito alla realizzazione del cortometraggio Io, la plastica e il 2050. L’opera, realizzata dal videomaker Edoardo Matacena, è stata proiettata di recente durante la sesta edizione della Pastorale del turismo, che si è tenuta ad agosto in Sardegna.

Nelle immagini che scorrono sullo schermo il regista sardo compare mentre gioca insieme al figlio piccolo. Sono scene di vita quotidiana in cui le considerazioni sulla responsabilità degli adulti per le generazioni future accompagna la visione di oggetti di plastica come giocattoli, biberon e imballaggi alimentari. «La riflessione dell’autore ci ha richiamati a un impegno: guardare al futuro secondo una prospettiva salvifica che non dia valore a ciò che rischia di sommergerci», sottolinea il presule. Non la plastica, non l’incuria, non l’abbandono o l’impossibilità di gestire atteggiamenti non pensati comunitariamente e universalmente. Ci salverà — continua — l’attenzione all’ambiente e alla natura, un gesto quotidiano. Nelle scelte politiche, sociali e finanziarie non si deve dimenticare che il futuro dell’uomo, del soggetto, della persona, non può essere subordinato ad altre scelte economiche o industriali».

Una responsabilità che «credo sia ancora una scelta affidata ai singoli, alle comunità più piccole, alle famiglie». Secondo una recente stima della Commissione Europea la produzione mondiale di plastica nei prossimi 20 anni dovrebbe raddoppiare, mentre in Europa il potenziale di riciclaggio di tali rifiuti resta in larga misura non sfruttato. «Tuttavia — sottolinea il presidente dell’episcopato sardo — vedo una sensibilità che cresce, anche nell’ambiente ecclesiale. La Laudato si’ ci ha aiutato molto in questo. Credo che rinnovare, dopo 5 anni, una riflessione su questa bella enciclica ci aiuterà a ricordare come si intersecano continuamente scelte individuali e collettive, presenti e future, capacità di guardare e di creare vita, con il rischio, purtroppo, di continuare a creare morte».

Con l’enciclica di Papa Francesco la pastorale del turismo ha riconquistato il tema dell’educazione ambientale che dovrebbe disporre l’essere umano a fare quel salto verso il mistero, da cui un’etica ecologica trae il suo senso più profondo. Tuttavia il cuore umano non sempre è disposto ad aprirsi a questa verità. «Accade — riflette monsignor Mura — perché se io vedo nella natura solo uno scenario da calpestare e da inquinare, non noto che dietro c’è un mistero, il Creatore. C’è qualcosa che non si può prendere, usare e sprecare. Se non scorgo questo, non riesco a fare questo salto. Perciò userò i beni della terra senza tener conto di questo scenario molto più grande, universale direi, in cui siamo tutti inseriti e che siamo chiamati più ad ammirare che a distruggere».

Territori a forte vocazione turistica come la Sardegna mostrano con particolare evidenza che l’inquinamento ha forti ripercussioni sul piano economico. Chi mai passerebbe le vacanze in una spiaggia sporca di plastica? Qui le ripercussioni, anche intese come danno d’immagine, sono direttamente misurabili. «Luoghi come questi meriterebbero uno sguardo alla natura timbrato dal mistero», continua il vescovo di Nuoro e di Lanusei. «Purtroppo sia le scelte individuali che quelle più ampie lo dimenticano. Però, come racconta il filmato, occorre avere fiducia nelle nuove generazioni, che hanno una sensibilità maggiore e possono essere educate e opportunamente formate a questo sguardo. I giovani possono essere le persone che domani opereranno davvero la svolta che tanto auspichiamo e che talvolta ignoriamo».

La cura della casa comune può rafforzare il senso di comunità che si rischia di smarrire a causa di uno sguardo individualistico che impedisce agli occhi di vedere la ricchezza tutt’intorno. «Il senso di comunità è fondamentale — dice il presule — a iniziare dalle nostre comunità cristiane: serve per avere e per recuperare questo sguardo positivo, altrimenti si affermeranno davvero egoismi individuali e collettivi». Occorre rimettere al centro la persona. È questo il messaggio che trasmette il motto scelto per questa sesta edizione: “Tu vali molto più di quanto produci”. «Lo abbiamo scelto prima della pandemia — racconta monsignor Mura — perché altri meccanismi e dinamiche mettono al centro la produttività e la finanza. Scopi che talvolta paiono più importanti della persona e ne subordinano l'esistenza».

Negli anni la pastorale del turismo è cresciuta nel solco degli orientamenti tracciati dalla Conferenza episcopale italiana (Cei) e ancora prima dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e itineranti. La Chiesa locale si è fatta portatrice di una parola di valore assoluto. Lo ha fatto anche raccontando una pluralità di identità cittadine, tradizioni, patrimoni artistici e culturali che arricchiscono di senso non solo vacanzieri e viaggiatori, ma anche le comunità locali. «Sono temi che appartengono alla Chiesa — conclude il vescovo — che ha la responsabilità di dire qualcosa. Ci interessa la fraternità, l’incontro amichevole, che le persone vivano momenti distensivi senza dimenticare i temi più importanti. Anche in condizioni di particolare attenzione al distanziamento sociale e all’utilizzo delle mascherine, credo che questa edizione ci abbia permesso di mantenere questa finalità. Negli occhi delle persone presenti e nelle parole che ci scambiavamo ho visto e udito che hanno trovato le risposte e le domande». Un segno di speranza e di fiducia che questi incontri hanno accresciuto.

di Giordano Contu