Vantaggi e limiti delle visite virtuali

Propedeutiche e complementari

Caravaggio «San Francesco in estasi» (1595)
04 settembre 2020

Il museo, inteso come istituzione culturale pubblica, nasce in epoca abbastanza recente. Preceduto dalle grandi collezioni private, raccolte soprattutto nei palazzi delle monarchie europee, giunge a configurarsi come struttura autonoma e come edificio tipologicamente definito solo nel Settecento, con il Museo Capitolino, aperto al pubblico nel 1734 da Clemente XII. Eppure le sue funzioni non sono molto diverse da quelle della biblioteca, che, al contrario, nasce molto prima: entrambe le istituzioni infatti raccolgono, conservano, classificano, espongono, con obbligo di divulgazione. Rispetto alla biblioteca il museo ha un compito ulteriore, molto impegnativo: la manutenzione e il restauro dell’opera, interventi che richiedono spazi aggiuntivi e laboratori specifici.

Le scelte architettoniche che riguardano l’edificio-museo si differenziano per i contenuti raccolti, e quindi per i prodotti da mettere in mostra, ma, in termini ancora più vincolanti, per il modello espositivo. Se le opere hanno una loro collocazione permanente, “pretendendo” uno spazio ad hoc, predeterminato per forma, dimensione e luce, l’impianto edilizio è in pratica generato dagli oggetti; altrimenti, se l’impostazione è guidata dall’indeterminatezza e dalla libertà espositiva, le sale non hanno configurazioni particolari. Il progetto del museo richiede pertanto una premessa tipologica specifica, destinata a condizionare profondamente la soluzione architettonica.

Come per il libro, anche per l’opera d’arte la consultazione digitale tende a sostituire quella cartacea. Sempre più diffusamente, le illustrazioni sono ricercate su internet piuttosto che sulle pubblicazioni scientifiche. Di conseguenza, vengono proposte, con frequenza crescente, le visite virtuali dei musei, ma anche dei luoghi di culto, degli edifici d’arte, dei territori storici. Qualcuno ha perfino previsto che in futuro i musei potrebbero chiudere, cedendo in parte il posto alle visite virtuali.

Sicuramente verrebbe a mancare l’emozione insostituibile della percezione fisica, quell’intensità che il solo ingresso in un museo suscita e che, sicuramente, non può essere surrogata da una osservazione virtuale. Anche i vantaggi non sono però trascurabili: si possono raggiungere le facciate, soprattutto le parti alte e le volte, trascurate perché non facilmente e chiaramente visibili dal basso; diventano ugualmente fruibili alcuni luoghi delle chiese che non sono visitabili da vicino perché poco illuminati o difficilmente avvicinabili come vetrate, cripte, cappelle laterali, nonché le catacombe. Sicuramente migliorerebbe il “rapporto” con la Gioconda al Louvre che, oggi, si può solo intravedere, tra una testa e un’altra, scorrendo in fretta e a una certa distanza.

Le restrizioni e il contingentamento imposti dalla pandemia hanno fatto proliferare le iniziative di visite virtuali, proiettandole verso un reale sviluppo qualitativo, oltre che numerico. Nella loro offerta, che ha ormai più di venti anni, è riconoscibile un’evoluzione concettuale e tecnica abbastanza evidente. All’inizio tendevano a proporre soluzioni “esaurienti”, con la presentazione completa dei materiali in mostra, attraverso un percorso virtuale, che riproponeva con fedeltà l’itinerario fisico del luogo. Erano una sorta di guida digitale che, in sostituzione di una persona, indirizzava tra le stanze del museo, illustrando le opere esposte.

Quali sono i limiti di questa impostazione? Sicuramente, la regolazione della visita attraverso criteri e tempi oggettivi, non commisurati alle esigenze del singolo visitatore, il quale, per età, per preparazione, per interessi, ha desideri suoi personali, che condizionano le pause e i tempi di assimilazione. A questi limiti, che hanno relegato le visite virtuali in una sorta di conoscenza di ripiego, alcune soluzioni, sperimentate di recente, hanno progressivamente provveduto adeguando il modello informativo: la presentazione dell’opera non risponde solo a un itinerario fisico, ma propone diversi canali di accesso, distinti per tematiche, lasciando libera la possibilità di selezionare la chiave che permette di personalizzare i campi della conoscenza.

A parte il primato anche in questo ambito dei Musei Vaticani (come è stato raccontato su queste pagine), una proposta efficace è la recente applicazione, preparata dalle Scuderie del Quirinale, per la mostra su Raffaello. L’attenzione è stata dedicata soprattutto alle descrizioni scritte che impegnano il visitatore nelle soste davanti ai pannelli, posti all’ingresso di ogni sala. Questo criterio è risultato particolarmente appropriato per sopperire ai tempi ristretti di permanenza nelle sale. Se si arriva preparati in anticipo, si può dedicare tutto il tempo allo studio delle opere, conservando una buona concentrazione, rafforzata peraltro dalla scarsa densità di visitatori, regolati attualmente, nell’ingresso di ogni sala, da tempi prestabiliti.

È questa una scelta che indica una soluzione propedeutica e complementare alla visita diretta. È una strada che non si propone di sostituire in toto la visita di persona, ma solo di offrire la copertura di una parte dell’esposizione. Sicuramente, neppure questo accorgimento riesce a soddisfare le differenti esigenze individuali, tuttavia può consentire di limitare i campi soggettivi e scegliere gli aspetti sui quali ognuno può concentrare l’attenzione maggiore. Allo stesso modo sarebbero di grande utilità visite virtuali dei capolavori pittorici e scultorei esistenti nelle chiese, in molti casi privi di indicazioni riguardanti in particolare l’oggetto e l’autore.

La scelta della complementarità può indicare una strada non molto distante da quanto si potrebbe portare avanti nella scuola: prendere dall’insegnamento a distanza le opportunità più facilmente delegabili a situazioni dove il rapporto può essere impersonale e, contemporaneamente, sviluppare le opportunità tecnologicamente più avanzate e ricche di informazioni. Alcune parti del programma, quelle riconducibili alle lezioni ex cathedra, possono essere affidate alle comunicazioni on line, per destinare al rapporto in presenza le applicazioni che nell’insegnamento sono di esercizio o di laboratorio.

Di alto valore scientifico, oltre che di coinvolgente impatto mediatico, sono le ricostruzioni in 3D delle aree archeologiche, con la resa originaria dei volumi e dei colori. Un’ulteriore opportunità si coniuga con le visite virtuali di musei “inesistenti”. Predisporre un “Museo Caravaggio”, che raccoglie la sua intera produzione, permette al visitatore e allo studioso di consultare interamente, ma soprattutto sincronicamente, tutta l’opera dell’artista. Inoltre la catalogazione digitale favorisce con estrema semplicità ogni forma di classificazione: cronologica, geografica, tematica, tecnica, per dimensione dell’opera, per supporto, ecc. Insomma sarebbero musei che solo attraverso una costruzione virtuale renderebbero possibile ricomporre materiali distribuiti, in modo casuale, nel territorio, e spesso anche dimenticati nei depositi dei musei.

Naturalmente questo modello di aggregazione analitica e ordinata, può essere esteso dalla pittura a ogni altra forma artistica, ma anche a temi di conoscenze scientifiche, naturali e ambientali, e può essere accompagnato da varie notizie utili di carattere biografico, letterario, biblico, storico.

Ipotesi ancora più elaborate vengono dalla costruzione dello spazio espositivo, per cui con appositi strumenti visuali è possibile percepire su pareti vuote il volume e la definizione dell’architettura di città ormai distrutte o addirittura di monumenti frutto della fantasia di un progettista o di uno scrittore.

Il perfezionamento della presentazione delle opere esposte in un museo tende a rafforzare la convinzione che la visita virtuale possa sostituire quella diretta. Come già detto, ritengo che essa debba limitarsi a essere un utile complemento, talvolta anche indispensabile, in quanto permette, ad esempio, di raffigurare ambientazioni o ricostruzioni altrimenti solo immaginate. La conoscenza diretta dell’opera non può però essere eliminata. Solo attraverso di essa è possibile entrare in sintonia con la matericità e riconoscere il modo in cui l’artista ha deciso di rapportarsi con essa. Ovviamente questa esigenza di conoscere la fisicità dell’oggetto si estende alle opere edilizie, soprattutto antiche, che hanno registrato le alterazioni del tempo e che, per questo, donano al visitatore il piacere di leggere diacronicamente la forma e la materia. Come questa si è progressivamente adattata al mutare delle condizioni esterne e ha reagito agli inevitabili traumi naturali o provocati dall’uomo.

di Mario Panizza