I protomartiri francescani, Antonio di Padova e Francesco d’Assisi

Ogni cosa è un dono

Luca Giordano, «San Francesco» (XVII Secolo)
29 settembre 2020

Pubblichiamo la prefazione al libro «Prima e dopo.  I protomartiri francescani, Antonio di Padova e Francesco d’Assisi» a cura di Fabio Scarsato (Padova, Edizioni Messaggero Padova, 2020, pagine 132, euro 14).

Parlare di economia di Francesco d’Assisi non solo è corretto ma persino è indispensabile per raggiungere lo strato culturale più profondo e quindi persistente del suo pensiero e spiritualità. Infatti egli è innanzitutto il figlio di Pietro di Bernardone, ossia di un mercante, e come tale ricevette l’educazione per continuare l’attività paterna cioè saper leggere, scrivere e far di conto. Anche quando cambiò vita in seguito al fare misericordia con i lebbrosi tali mores patrum non scomparvero ma si ritrovano nel suo agire e persino nella sua personalità. Infatti i termini più usati negli scritti dell’Assisiate hanno una matrice mercantile e quindi economica: bene, restituire, appropriarsi, ricevere e così via. Tale mentalità venne integrata, più o meno consapevolmente, nella sua scelta evangelica la quale non è difficile — come a volte si afferma — ma semplice. Infatti per frate Francesco ogni cosa è un dono che rimanda a un donatore, il Signore, definito come «il bene pieno, ogni bene, tutto il bene, vero e sommo bene»; a chi ne beneficia non resta che ringraziare per poi passare alla restituzione di tali benefici mediante la lode e il fare misericordia con i fratelli. In ciò è implicata però la libera volontà per cui uno può anche prendere tali doni quasi fossero frutti di un ladrocinio e appropriarsene indebitamente e per Francesco questo è il peccato. In sintesi si può dire che il pensiero e la spiritualità di Francesco è un’economia eucaristica in cui si passa dalla gratitudine, rallegrandosi innanzitutto dell’amore del donatore, alla gratuità, dal rendimento di grazie alla condivisione.

La gioia di tale vita secondo la forma del Vangelo seguendo le orme di Gesù spinse Francesco e gli altri membri della fraternità minoritica ad andare a predicarla non solo nelle zone limitrofe ad Assisi ma anche oltre la penisola italiana e persino nella terra dei non cristiani. Francia, Germania, Ungheria, Penisola iberica e vicino Marocco furono le loro mete; l’accoglienza non fu delle migliori a motivo delle incomprensioni, insulti, percosse e persino l’uccisione di cinque di loro nel 1220. Di questi ultimi, denominati protomartiri francescani, a distanza di anni fu composta una vita il cui autore pose in bocca a san Francesco l’espressione «Adesso posso dire veramente di avere cinque frati Minori!». Tale affermazione non si distanzia molto dal pensiero e spiritualità dell’Assisiate (cfr. Francesco profeta. La costruzione di un carisma, Roma 2020); infatti essi furono testimoni, cioè martiri, di quell’approccio evangelico con tutti i beni, compresa la propria esistenza, grazie al quale la gioia di essere amati diventa capacità di amare.

Originari dell’Umbria meridionale seguirono Francesco fino alla Porziuncola da dove furono inviati a predicare nella terra dei non cristiani. Il loro entusiasmo dovette essere grande ma proporzionalmente inverso alla preparazione, come peraltro avveniva anche per gli altri frati inviati nei diversi territori.

Questa vita nuova espressa nel dono totale affascinò il canonico agostiniano Fernando da Lisbona che a Coimbra vedendo i primi cinque frati Minori martirizzati decise di diventare francescano assumendo il nome di Antonio. Proprio i martiri sono testimoni con la vita di quell’economia evangelica di frate Francesco che ha saputo stupire e motivare lungo i secoli scelte economiche alternative a quelle di un mercato del puro profitto.

di Pietro Messa