Incontrando le Comunità Laudato si’ il Pontefice auspica che ecologia ed equità procedano di pari passo

La salute dell’uomo non può prescindere da quella dell’ambiente

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12 settembre 2020

«Anche la pandemia lo ha dimostrato: la salute dell’uomo non può prescindere da quella dell’ambiente in cui vive». Lo ha ribadito il Papa durante l’udienza ai partecipanti all’incontro delle Comunità Laudato si’, ricevuti nell’Aula Paolo VI sabato mattina, 12 settembre. Elogiando gli sforzi del movimento — ideato ad Amatrice da monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, e Carlo Petrini, presidente di Slow Food — che pone «come centro propulsore di ogni iniziativa l’ecologia integrale proposta» dalla sua enciclica, il Pontefice ha rimarcato come «l’incuria del creato e le ingiustizie sociali» si influenzino a vicenda, al punto che «non c’è ecologia senza equità e non c’è equità senza ecologia».

Nel mettere in luce che la salvaguardia della casa comune «è un compito che riguarda tutti, specialmente i responsabili delle nazioni e delle attività produttive», il vescovo di Roma ha auspicato una «volontà reale di affrontare alla radice le cause degli sconvolgimenti climatici in atto», visto che — ha ammonito — «non bastano impegni generici e non si può guardare solo al consenso immediato dei propri elettori o finanziatori». Al contrario, bisogna «guardare lontano, altrimenti la storia non perdonerà. Serve lavorare oggi per il domani di tutti. I giovani e i poveri ce ne chiederanno conto».

Commentando poi «due parole-chiave dell’ecologia integrale: contemplazione e compassione», il Papa riguardo alla prima ha spiegato che «la natura non viene più ammirata, contemplata, ma “divorata”. Siamo diventati voraci, dipendenti dal profitto e dai risultati subito e a tutti i costi. Lo sguardo sulla realtà è sempre più rapido, distratto, superficiale, mentre in poco tempo si bruciano le notizie e le foreste». Insomma, le donne e gli uomini di oggi sono «malati di consumo», si affannano «per l’ultima “app”, ma non sanno più i nomi dei vicini», né sanno «distinguere un albero da un altro». Ecco allora l’invito a «regalarsi tempo per fare silenzio, per pregare», a «liberarsi dalla prigionia del cellulare, per guardare negli occhi chi abbiamo accanto e il creato». E poiché «chi sa contemplare non sta con le mani in mano, ma si dà da fare concretamente», ecco dunque il secondo termine approfondito dal Papa, quella «compassione» — che «è il frutto della contemplazione» — definita con immagine efficace «il vaccino migliore contro l’epidemia dell’indifferenza». Quest’ultima, ha aggiunto con un’espressione da lui definita «un po’ volgare», si concretizza in «quel menefreghismo che entra nel cuore, nella mentalità, e che finisce con un “che si arrangi”». Dunque — ha chiarito il Pontefice — «avere compassione è una scelta»: significa «scegliere di non avere alcun nemico per vedere in ciascuno il mio prossimo». Ma ciò «non vuol dire diventare molli e smettere di lottare. Anzi, chi ha compassione entra in una dura lotta quotidiana contro lo scarto degli altri e lo spreco delle cose», ha avvertito citando in proposito uno studio della Fao secondo cui «nei Paesi industrializzati, vengono buttate via più di un miliardo di tonnellate di cibo commestibile».

Il discorso del Papa