A cinquant’anni dalla morte di Christopher Henry Dawson

L’alleato di Einstein

3-quantumphysi.jpg
04 settembre 2020

Dio non gioca a dadi con l’universo e nulla accade per caso: di questo Albert Einstein era fermamente e anche intuitivamente convinto. Benché i sostenitori della fisica quantistica asserissero il contrario, non si stancò mai di postulare l’esistenza di leggi nascoste in grado di guidarci alla verità delle verità, cioè a riconoscere un ordine preciso nel mondo, in assenza del quale la scienza stessa non potrebbe esistere.

La disputa, col tempo, ha assunto quasi una valenza metafisica. Il caposaldo della meccanica quantistica consiste infatti nel principio secondo il quale non sia possibile misurare le cose con assoluta esattezza: particelle come elettroni o fotoni non avrebbero una precisa posizione nello spazio, sarebbero semplici distribuzioni di probabilità. Einstein si mostrò sin dall’inizio scettico riguardo a tali conclusioni, dichiarandosi sicuro che esista pur sempre un qualche ordine, non ancora decifrato, la cui conoscenza potrebbe consentirci di misurare tutto senza sbagliare.

In questa sua convinzione non era solo: e di uno dei suoi alleati, lo storico Christopher Henry Dawson, ricorre ora il cinquantenario dalla scomparsa. Il punto di convergenza tra i due è una chiave per la comprensione della vita. Il fatto cioè — come sostiene Dawson in assonanza con Einstein — che la possibilità stessa della scienza dipenda dalla fede in una razionalità ultima dell’universo. Non ci sarebbe infatti da aspettarsi che la natura, a priori, rispettasse leggi razionali e comprensibili dalla mente umana. Per dirlo con Einstein: proprio la certezza che Dio non giochi a dadi col mondo ci permette di «penetrare più a fondo il segreto del Grande Vecchio».

Dawson avrebbe aggiunto a questo assioma anche considerazioni apertamente religiose, come il fatto che tutte le grandi civiltà abbiano tratto un impulso decisivo dal rapporto con la divinità, e che sia proprio l’energia ricevuta da essa a rendere possibile il progresso, mediante il lavoro delle varie generazioni che si sacrificano a favore di quelle successive.

Al fianco di Einstein, e dello stesso Dawson, si schierò un altro Nobel per la fisica, l’ungherese Eugene Wigner, che oltre ad essere stato uno dei padri della bomba atomica, indagò il mistero su cui si regge la stessa possibilità di esistenza della matematica. Lui la chiamò «irragionevole effettività della matematica nelle scienze naturali». E intendeva dire che, a pensarci bene, la scienza dei numeri è un prodotto del nostro pensiero, una struttura puramente formale. Non esiste al di fuori della mente umana: come mai allora viene rispettata dalla realtà fisica? Gli atomi non sono certo al corrente del funzionamento delle equazioni differenziali... Stando alla pura logica, non è affatto naturale che il mondo si comporti matematicamente. Dunque abbiamo a che fare, secondo Wigner, con il “regalo immeritato” di qualcuno. Più poeticamente, Einstein lo definiva un «miracolo misterioso».

La complessità di simili ragionamenti rischia di far girare la testa, e continua a tormentare le menti dei più grandi scienziati — come nel caso di Hawking — sempre attratti da ciò che sta al di là, inconoscibile ma percepibile. Del resto, anche nella vita pratica, non ci induce a riflettere il fatto che una semplice ferita tenda sempre spontaneamente a rimarginarsi, in accordo con un ordine inscritto nelle cose? Il funzionamento del cervello, la sintesi clorofilliana o la rifrazione della luce non sono “naturali”, eppure agiscono da prima che la mente umana avesse dato loro un nome.

Il mistero c’è, e la fede può suggerire ipotesi, non conclusioni definitive. Ma è interessante constatare come proprio le scoperte più avanzate della fisica finiscano per riproporre in termini diversi l’interrogativo iniziale. Se nella materia i vuoti sono enormemente più vasti dei pieni, e la fanno da padroni campi magnetici, forze, attrazioni, radiazioni, flussi di elettroni in gran parte insondabili, non ci resta che arrestarci sulla soglia dell’enigma.

Sia che siano governate da leggi non ancora scoperte, sia che la loro natura profonda si dimostri refrattaria al calcolo razionale, alla fine si profila per tutti il miracolo misterioso di Einstein.

di Dario Fertilio