«I giorni dei barbari», docufilm sulla vita di Vojtaššak

Ján e la lotta coi lupi

Ján Vojtaššak detenuto nel carcere
18 settembre 2020

Il dipinto che raffigura un branco di lupi, affrescato sul muro della sua chiesa, in una delle prime inquadrature, si rivela presto una profezia del futuro che lo aspetta. Una profezia, purtroppo, estremamente precisa. Il branco dei suoi persecutori, in effetti, non gli darà tregua fino all’ultimo giorno della sua vita terrena, costringendolo a morire in esilio, lontano dalla sua famiglia, da suo nipote (sacerdote come lui) e dal suo amatissimo paese natale, Zákamenné.

Il protagonista — sia dell’affresco che del documentario realizzato a cura di Alberto Di Giglio e Luigi Boneschi — è Ján Vojtaššak, vescovo slovacco morto nel 1965, perseguitato per la sua fede e il suo apostolato con intimidazioni, calunnie, torture. «Uno dei personaggi più significativi nella Chiesa cattolica europea del ventesimo secolo — si legge nelle note di regia — ammirato da Giovanni Paolo II , tra i primi a voler pronunciare il suo nome dopo anni di carcere e decenni di oblio. E che, soprattutto e malgrado tutto, non fu mai dimenticato dal suo popolo». 

Vojtaššak, spiegano gli autori, non dice molto allo spettatore medio, ma è un nome simbolo  della Slovacchia e della Chiesa del Novecento che ha sofferto persecuzioni terribili, di cui pochi parlano. «Una violenza che facciamo fatica anche solo a immaginare» precisa la voce decisa e lo sguardo azzurro del cardinale Jozef Tomko, slovacco come Vojtaššak, testimone d’eccezione di una pagina di storia completamente rimossa.

Fatti che, invece, «costituiscono un momento storico essenziale per capire le tragedie del Novecento, avvenimenti sempre attuali perché tutto nel tempo può ripetersi se non è conosciuto». Per non dimenticare, si è soliti dire con uno slogan spesso abusato. È importante, invece, quale sia il fatto importante da tenere a mente. Il fatto, documentabile in ogni epoca della storia, «che la fede è invisa a ogni totalitarismo, ed è uno dei fondamenti di quel concetto così apparentemente scontato come la libertà. E che la preghiera e un’intensa spiritualità sono tra le poche armi che salvano, quando ci si trova come Vojtaššak, “sotto la terra nera”».

La descrizione dei terribili giorni in carcere, negli scritti dove il vescovo parla degli interrogatori subiti dagli aguzzini, è sintetica, essenziale, senza alcuna traccia di sentimentalismo; come se fossero fatti successi a qualcun altro.

«Inutile descrivere i dettagli — scrive il vescovo della diocesi di Spiš —. Si trattò di una distruzione della persona e della dignità umana sotto la terra nera (…) con atti atroci di sadismo fino all’immiserimento del corpo e all’annientamento psicologico». 

Nel docufilm, la forza tranquilla del sacerdote ha il volto di Milan Kasan, attore teatrale, conterraneo e cultore di Vojtaššak, col quale avverte una profonda simbiosi spirituale, protagonista anche dell’omonima pièce teatrale allestita a Zákamenné.

Le scene di fiction si alternano a immagini inedite provenienti dagli archivi della ex Cecoslovacchia, dall’oasi di pace della sede episcopale di Spišská Kapitula e dalla prigione di Leopoldov. Le nude celle di Leopoldov sono il simbolo stesso della “passione” di don Ján, vittima di una serie di processi farsa, fino a ricevere una condanna a 24 anni di carcere per presunte attività di spionaggio a favore del Vaticano. Un reato ovviamente inesistente, inventato nel contesto di una sistematica repressione del governo della Cssr tesa ad estirpare la religione dalle coscienze e dalla vita dei fedeli cattolici. Tentativo capillare e violentissimo, ma fallito.

Vojtaššak morì infine nel 1965, vicino Praga, esiliato e rimosso da qualsiasi contatto con la sua diocesi e la sua terra, esempio di fede (è in corso la causa di beatificazione; particolarmente commovente è la testimonianza di suor Maria Damiana Vihonská) per quella Chiesa del silenzio che contribuì al crollo del regime totalitario cecoslovacco.

Da poco conclusa l’edizione 2020 della rassegna estiva Medicinema Todi (un omaggio al cinema “medicina del mondo”, mentre le misure di sicurezza anti covid rendono acrobatico ogni appuntamento culturale), la premiata ditta Di Giglio&Boneschi è di nuovo al lavoro. Il prossimo progetto in cantiere è un’altra storia di fede, La continua battaglia. Un progetto di film nato dal fatto che la straordinaria vicenda (umana, poetica e spirituale) di Jacopone da Todi è tuttora cinematograficamente, inesplorata. Il mistico che ci indica tuttora, a tanti secoli di distanza la strada verso quel «regno celesto / che compie omne festo / che il core ha bramato» sarà interpretato da Alessandro Haber.

di Silvia Guidi