MEDICUS PAPAE – IL NOVECENTO

«In tutta la vita ho speso solo 2,5 lire in medicine»

Papa Benedetto XV
18 settembre 2020

Il “record” di cui andava fiero Benedetto XV


Il frontespizio della seconda edizione di Ipnotismo e spiritismo (1906) informa che l’autore è «archiatro di Leone XIII e di Pio X». Il primo infatti era morto nel 1903 e al suo posto era stato eletto Pio.

Come in un ideale passaggio di testimone da Pontefice a Pontefice e da medico a medico a prendere il posto del dottor Lapponi che era scomparso nel 1906 fu il romano Andrea Amici, primario del Santo Spirito in Sassia. Questi prima era stato chiamato ad assistere il Papa, durante un’assenza del titolare e successivamente, ottenuta la piena fiducia di Papa Pio, gli venne conferito l’incarico di archiatra pontificio. Dopo il pontificato di Benedetto XV, che si vantava di aver speso in medicine durante tutta la sua vita solo 2,5 lire, il dottor Amici sarebbe stato medico personale anche di Pio XI, fino al 1928 anno in cui lo uccise una polmonite fulminante (la stessa patologia per cui era morto sei anni prima il Papa Giacomo della Chiesa), contratta sotto le Logge vaticane, mentre nel mese di dicembre assisteva il Pontefice in una processione.

A succedergli nel ruolo di archiatra e di direttore dei servizi sanitari del Vaticano fu Aminta Milani (1877-1944), professore di patologia clinica, primario degli Ospedali Riuniti di Roma e, quindi, del Policlinico Umberto primo.

A lui toccò assistere il Papa ottantaduenne nel febbraio del 1939, allorché una febbre altissima aveva consumato le ultime energie del Pontefice già affetto oltre che da problemi alla prostata anche da disturbi circolatori che avevano provocato una grave sofferenza cardiaca. Il peggioramento delle sue condizioni di salute avvenne proprio nei giorni precedenti la ricorrenza del decimo anniversario dei Patti Lateranensi, che Papa Ratti avrebbe voluto ricordare con un discorso da pronunciare davanti ai vescovi italiani. E fu proprio ad Aminta Milani che si rivolse scongiurandolo di tenerlo in vita fino a quel momento per poter ricordare quella storica data, ma la morte lo colse proprio il giorno prima, il 10 febbraio 1939 (vedi Valeriano Valenzi, Ricordi del professor Aminta Milani, archiatra pontificio, in «Ecclesia in cammino. Bollettino Ufficiale per gli atti di Curia della diocesi di Velletri-Segni», gennaio 2013).

Con la scomparsa di Pio XI Aminta Milani avrebbe conservato la direzione dei servizi sanitari, mentre archiatra del nuovo Pontefice Pio XII sarebbe divenuto il professor Riccardo Galeazzi Lisi, che era stato medico personale del cardinale Pacelli quando era segretario di Stato durante il pontificato di Papa Ratti. I trent’anni trascorsi da questo medico oculista, membro dell’Accademia pontificia delle scienze, a fianco di Pio XII comprendono un periodo lunghissimo, denso di eventi e assai complesso, quello della seconda guerra mondiale e degli anni successivi della ricostruzione. Senza dubbio la vicenda degli archiatri pontifici è segnata, e non potrebbe essere altrimenti, da un rapporto di fiducia strettissimo con il Papa. Nel caso di questo oftalmologo sembra che ci sia stata una incrinatura nel patto che lega medico e paziente di cui rimane traccia anche nel giuramento di Ippocrate, laddove è fatto espressamente riferimento al segreto professionale: «Di quanto possa vedere o sentire durante la cura e anche fuori dalla cura della vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, considerando simili cose un segreto» (Ippocrate, Horkos [Giuramento], in Hippocrates, vol. I, ed. W. H. S. Jones. Cambridge. Harvard University Press, 1907). L’archiatra infatti aveva scattato alcune fotografie del Papa morente che in seguito sarebbero state vendute a un settimanale francese, creando un grande scandalo nell’opinione pubblica (vedi José-Apeles Santolaria de Puey y Cruells, Che cosa succede quando muore il Papa, Piemme 2001). La morte di Pio XII avvenne nella notte del 9 ottobre 1958, successivamente il collegio dei cardinali prima del conclave chiese e ottenne le dimissioni del medico.

Archiatra del nuovo Pontefice Giovanni XXIII fu il professore Antonio Gasbarrini (1882-1963) già appartenente allo staff medico di Papa Pacelli e docente di clinica medica e terapia medica all’università di Bologna. Autore di più di trecento pubblicazioni che spaziavano dal campo delle malattie infettive alla diagnosi delle malattie addominali e di quelle polmonari era quasi coetaneo di Papa Roncalli. Questi infatti era nato il 25 novembre 1881, quello l’11 marzo 1882. E insieme condividono l’ultimo tratto di strada. Il Papa-buono sarebbe morto il 3 giugno del 1963 per un tumore allo stomaco scoperto qualche mese prima; il professor Gasbarrini solo qualche mese più tardi, il 13 novembre 1963. Forse anche per lui erano valse quelle parole che egli stesso riferiva di Papa Giovanni, che di fronte al suo volto di medico preoccupato per le condizioni di salute del paziente, gli aveva detto: «Caro professore, non si preoccupi, io ho le valigie sempre pronte. Quando sarà il momento di partire non perderò tempo».

Dopo la scomparsa di Papa Roncalli nei pochi mesi che gli restarono da vivere il dottor Gasbarrini poté prestare le sue cure anche a Paolo VI. Successivamente la carica di archiatra pontificio passò al professor Mario Fontana, che avrebbe seguito Montini per tutti i quindici anni di pontificato.

Questa presenza assidua è ben visibile in tre occasioni particolari, quella dell’intervento chirurgico a cui il Papa fu sottoposto nel novembre del 1967 in una sala operatoria allestita all’uopo in Vaticano. Ancora la sua persona la si vede stilare e sottoscrivere un referto per una ferita di arma da taglio infertagli da un attentatore nell’aeroporto di Manila il 27 novembre 1970: «1. Escoriazione... 2. Ferita da punta... 3. Vasta ecchimosi... 4. Prognosi...».

Ed è ancora lui a guidare le cure da portare a un Papa gravemente malato e ormai morente nell’agosto del 1978. In questa circostanza secondo del professor Fontana era il dottor Renato Buzzonetti, che già undici anni prima era stato coinvolto nell’assistenza medica del Papa in occasione dell’intervento chirurgico del 1967. Ed a lui era toccato nel settembre del 1978 accorrere al capezzale di Papa Giovanni Paolo I, in assenza dell’archiatra, e constatarne il decesso, come si legge nel comunicato della Sala stampa, «per morte improvvisa riferibile a infarto miocardico acuto» (vedi Stefania Falasca, Papa Luciani. Cronaca di una morte, Piemme 2017).

Con l’elezione di Giovanni Paolo II (1978-2005) il dottor Buzzonetti da secondo sarebbe diventato medico principale del Papa, inaugurando così un lunghissimo sodalizio sanitario che si sarebbe prolungato per ventisei anni e sarebbe continuato per ancora altri quattro anni, fino al suo collocamento a riposo nel 2009, con Benedetto XVI. Se si aggiunge a questo già lungo periodo come sanitario di quattro Pontefici anche il lavoro part-time cominciato nel 1965 in Vaticano, su chiamata del professor Fontana, come medico supplente, con l’incarico di sostituzioni e guardie notturne si raggiunge la somma impressionante di quarantaquattro anni a servizio dei Papi, sicuramente un record di durata.

E quasi a suggello di questa sua lunga attività è il caso di ricordare le parole di un’intervista nella quale riassumeva così la sua esperienza a contatto con Karol Woytjła: «[Da lui ho imparato] anzitutto a fare meglio il medico, cioè a ricordarmi che ogni malato ha gli stessi privilegi e diritti che può aver un Papa, nel senso che dinnanzi al medico, tutti i malati, i più poveri, i più dimenticati, sono anch’essi fratelli miei e figli di Dio. La sostanza è che il medico serve l’uomo, questo ho imparato» (Intervista di Tiziana Campisi, Archivio Radio Vaticana, 21 gennaio 2017).

di Lucio Coco