Celebrate le esequie nel santuario polacco di Kalwaria

Il cardinale Jaworski ha suscitato speranza

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11 settembre 2020

Le esequie del cardinale Marian Jaworski — morto sabato 5 settembre, a Cracovia, all’età di 94 anni — sono state celebrate venerdì 11 settembre, alle ore 11, in Polonia, nel santuario mariano di Kalwaria Zebrzydowska dove, in ossequio alla sua volontà, è stato poi sepolto nella cappella dell’immagine della Madonna.

La messa è stata presieduta dall’arcivescovo Mieczysław Mokrzycki, diretto successore di Jaworski nella sede di Lviv dei latini. L’omelia è stata tenuta da padre Romuald Kośla, dell’Università Pontificia Giovanni Paolo II di Cracovia, come richiesto dallo stesso cardinale Jaworski. Il rito dell’ultima commendatio e della valedictio è stato presieduto dal cardinale Stanisław Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia. Tra i concelebranti anche il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski, il cardinale Kazimierz Nycz, arcivescovo di Warszawa, e l’arcivescovo Salvatore Pennacchio, nunzio apostolico in Polonia. Con loro, tra gli altri, gli arcivescovi e vescovi Marek Jędraszewski, Stanisław Budzik, Andrzej Dzięga, Józef Guzdek, Damian Muskus, Janusz Mastalski, Jan Zając, Ignacy Dec e Tadeusz Rakoczy. Oltre a numerose autorità.

Arcivescovo emerito di Lviv dei latini in Ucraina, nel concistoro del 21 febbraio 1998 Giovanni Paolo II aveva creato Marian Jaworski cardinale, riservandolo in pectore e pubblicandolo poi nel concistoro del 21 febbraio 2001. Proprio l’amicizia personale e la collaborazione diretta con Karol Wojtyła, per oltre mezzo secolo, sono stati i tratti distintivi del servizio del cardinale Jaworski. E lo testimonia anche la scelta per la propria sepoltura del santuario di Kalwaria: non lontano da Wadowice, la città natale di Papa Wojtyła che alla spiritualità di Kalwaria era fortemente legato.

A ricordare — per «L’Osservatore Romano» — il profilo umano e spirituale del cardinale Jaworski è l’arcivescovo Mokrzycki: «Ha suscitato speranza! Insieme a tutta la Chiesa latina di Ucraina, e in particolare all’arcidiocesi di Lviv cara al suo cuore, affidiamo a Dio il cardinale, ringraziando per gli anni del suo cammino sacerdotale e vescovile che ha avuto inizio proprio a Lviv e poi il compimento, 70 anni fa, proprio a Kalwaria Zebrzydowska, dove le vicende del dopoguerra hanno condotto i seminaristi cacciati da Lviv».

«Il poeta polacco Jan Twardowski ha scritto sul proprio sacerdozio: “Nel mondo senza fede cerco di parlare della fede; nel mondo senza speranza — della speranza; nel mondo senza amore — dell’amore”». Proprio attraverso i versi poetici di don Twardowski, fa presente l’arcivescovo Mokrzycki, «guardo al sacerdozio del cardinale Jaworski che ho avuto, personalmente, la possibilità di accompagnare per molti anni e proprio in queste vedo il suo compimento e il lato piu bello». Il suo servizio di sacerdote «si è scontrato con un mondo che sta sempre più perdendo la fede. Il cardinale però non se l’è presa con il mondo ma, come un buon pastore, si è messo tra la gente per testimoniare la sua solida fede che aveva avuto inizio con il battesimo nella chiesa di Sant’Antonio a Lviv».

Sono significative, spiega monsignor Mokrzycki, le parole che ha scelto per il suo motto episcopale: Mihi vivere Christus est. Insieme a questa espressione così eloquente, racconta monsignor Mokrzycki, «il cardinale Jaworski ha sempre mantenuto, come grande riferimento per la sua vita, la testimonianza del beato Jakub Strzemię, patrono dell’arcidiocesi. Lo ha scelto come sua guida spirituale e, oggi più che mai, vediamo che non è stato un caso: con lo stesso spirito del beato Jakub Strzemię, infatti, è stato e sarà ancora il segno, per tutti noi, del coraggio e della disponibilità a formare e a rafforzare l’arcidiocesi di Lviv dei latini».

Il ricordo va, in particolare, a quello storico «16 gennaio 1991, quando è divenuto arcivescovo metropolita di Lviv dei latini: il primo a essere nominato dopo la seconda guerra mondiale». Sì, racconta il suo successore, «quando per la prima volta, come metropolita di Lviv del latini, ha passato il confine ed è tornato nella sua amata Lviv, abbandonata a causa dell’occupazione sovietica, ha portato alla nostra Chiesa la speranza, rinnovandone il volto in profondità». Del resto, «chiunque abbia visitato l’arcidiocesi di Lviv — insiste l’arcivescovo Mokrzycki — puo vedere e valutare questo servizio così centrale nella sua vita. Quando è arrivato, nel 1991, era tutto distrutto, ma il suo impegno pastorale ha risvegliato la speranza, lavorando per recuperare anche gli edifici di culto che erano stati requisiti, riorganizzando la vita nelle parrocchie e riaprendo il seminario».