Il mondo femminile cattolico sudafricano in preghiera il 24 agosto contro la violenza sulle donne

Unite nella lotta per le pari opportunità

Opera dell’artista sudafricano Dominic Tshabangu dedicata alla violenza contro le donne
22 agosto 2020

Una giornata di preghiera per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della violenza sulle donne è stata indetta per lunedì 24 agosto dall’Unione sudafricana dell’Organizzazione delle donne cattoliche (South African Union of Catholic Women’s Organisation). L’iniziativa, che avrà come tema «Non riesco a respirare», vuole dare voce a chi non ha voce «ed è scaturita — è scritto sul sito web della Southern African Catholic Bishops’ Conference — dal desiderio di vincere l’isolamento e la solitudine del lockdown», dovuto alla pandemia da coronavirus, così da «supportarsi reciprocamente e rafforzare il senso di solidarietà tra donne in questo tempo di sofferenza globale».

Il titolo della giornata sembra richiamare la frase pronunciata da George Floyd, l’afroamericano ucciso da un poliziotto negli Stati Uniti dopo essere stato arrestato. L’evento si svolgerà in modalità virtuale attraverso la piattaforma Zoom e vedrà tra gli altri interventi quello di suor Hermenegild Makoro, segretario generale della Conferenza episcopale.

Nel mese di agosto in Sud Africa si celebra anche il Mese delle donne per rendere omaggio alle oltre ventimila giovani che il 9 agosto 1956, all’epoca dell’apartheid, marciarono in massa, a Pretoria, contro l’obbligo del “lasciapassare” previsto per i cittadini di colore. In relazione all’evento, il cui tema quest’anno è «Uguaglianza di genere: realizzare i diritti delle donne per un futuro di parità», suor Nkhensani Shibambu, superiora generale della Congregation of the Companions of Saint Angela e presidente della Leadership Conference of Consecrated Life (Lccl), ha diffuso una nota in cui ha insistito sulla necessità delle pari opportunità per il mondo femminile, come per esempio nella retribuzione lavorativa, nell’impiego domestico, nel porre fine alle molestie sessuali e a ogni forma di violenza, nei servizi sanitari adeguati e nella partecipazione attiva alla vita politica e sociale del Paese. In Sud Africa «abbiamo una delle costituzioni più progressiste al mondo che garantisce l’uguaglianza di genere e l’emancipazione femminile», ha ricordato la religiosa, ma «nonostante questo il cambiamento reale è ancora lento» e resta «una delle sfide socio-economiche più gravi per la nazione».

Suor Shibambu ha rimarcato inoltre come in Sud Africa «le donne hanno stipendi inferiori, posti di lavoro meno sicuri, relegate nel settore informale, meno accesso alle tutele sociali, costituendo la maggioranza delle famiglie monoparentali». Non solo: tra gli ostacoli principali per il mondo femminile, drammatica è «la piaga della violenza di genere e del femminicidio». Nel 2019, ha ricordato la presidente della Lccl, sono stati denunciati alla polizia più di cinquantaduemila reati sessuali e quasi quarantaduemila stupri, a dimostrazione che la violenza contro le donne è un flagello diffuso nelle comunità sudafricane». Inoltre la quarantena e l’isolamento sociali obbligatori dovuti alla pandemia da covid-19, «hanno reso le donne — spiega — più vulnerabili e più esposte alla molestie domestiche».

Anche il peso della cura dei malati è in gran parte a carico delle donne «con la conseguenza che un numero maggiore di loro rimarrà vedova a causa della pandemia», come evidenziato dalla religiosa che ha fatto riferimento ad alcuni studi con dati relativi al problema.

Il pensiero di suor Shibambu è andato, quindi, sia a tutte coloro che hanno perso il coniuge per malattia, sia a tutte le donne che sono morte a causa del coronavirus, incluse alcune religiose. «Le ringraziamo per il loro generoso contributo — ha sottolineato la responsabile della Leadership Conference of Consecrated Life — per il loro servizio disinteressato alle comunità in cui hanno servito e soprattutto per il loro ministero di preghiera». Un ulteriore ringraziamento è andato alle operatrici sanitarie dell’Africa che «sono in prima linea e rischiano la vita per combattere questo virus mortale per nostro conto», con una preghiera finale per i malati e le malate seguita da un appello: «Ora sta a noi far parte della generazione che pone fine alla disuguaglianza di genere, perché finché tutte le donne non saranno libere e trattate in modo uguale e dignitoso noi stesse non potremo essere libere».