Conclusa la visita del cardinale Parolin al santuario del curato d’Ars

Un “cammino” sulle orme di Emile Biayenda

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05 agosto 2020

Con un invito a seguire l’esempio del cardinale Emile Biayenda nella ricerca di «percorsi di pace e di servizio per i bisognosi», il cardinale Pietro Parolin ha concluso in Francia quella che è stata la sua prima visita all’estero dopo le restrizioni imposte dalla pandemia da covid-19. Il segretario di Stato si è recato ad Ars nel giorno della memoria liturgica di san Giovanni Maria Vianney e dopo aver celebrato la messa nel santuario che ne custodisce le venerate spoglie e tenuto una conferenza sul tema «Papa Francesco e i sacerdoti, in cammino con il popolo di Dio», nel tardo pomeriggio ha inaugurato, sempre all’interno del santuario, un itinerario dedicato all’arcivescovo di Brazzaville — assassinato in Congo nel 1977 — di cui è in corso la causa di canonizzazione.

Il legame tra il porporato africano e il santo Curato d’Ars risale al periodo dei suoi studi all’Istituto cattolico di Lione, quando il giovane Biayenda andava regolarmente nei luoghi di Giovanni Maria Vianney. E anche dopo il ritorno in Congo, aveva continuato a fare sempre tappa al santuario ogni volta che si recava in Francia.

Il cardinale Parolin lo ha ricordato come «un ecclesiastico particolarmente sensibile ai problemi del suo paese, e favorevole alle riforme sociali a beneficio dei più poveri», sottolineando che Paolo VI ne condannò pubblicamente l’uccisione definendolo un «cardinale coraggioso e apostolico»; e che il 5 maggio 1988, Giovanni Paolo II in Africa disse, tra l’altro, che la storia del Congo è piena di fedeli testimoni: «Fedeli al Signore, fedeli al messaggio evangelico, fedeli alla Chiesa universale e al magistero del Papa».

Quindi, rimarcando il significato della propria presenza ad Ars nel giorno della memoria del santo Curato, venerato dalla Chiesa come patrono del clero con cura d’anime, il cardinale Parolin ha elevato preghiere «per la santificazione dei sacerdoti» sull’esempio di Vianney, e per quella «dei religiosi e delle religiose e di tutti i fedeli laici che, in uno spirito di piena comunione ecclesiale, hanno dedicato le loro vite al Signore e alla missione per il suo Regno». E in proposito ha rimarcato che come il compianto arcivescovo di Brazzaville, «dobbiamo essere promotori dell’incontro e del dialogo, della riconciliazione e del perdono, dell’impegno concreto a favore dei poveri».

Un’invocazione è stata poi elevata dal segretario di Stato per i vescovi, perché abbiano «benevolenza e coraggio nelle rispettive Chiese locali», proprio sulle orme di Biayenda. «Nella loro missione quotidiana, — ha proseguito — possano essere sicuri che la forza dello Spirito Santo non li mancherà. Possa il Signore aiutarli a sapere come guarire le ferite e consolare i cuori dei più deboli e dei più vulnerabili.

Infine rimarcando che «lo Spirito Santo ci aiuterà a sopportare le tribolazioni e a viverle unite alla croce redentrice del Signore e nella sicura speranza della sua risurrezione», il porporato ha rivolto un «fervido pensiero, specialmente per i cristiani perseguitati in tutto il mondo».