A meno di una settimana dalla devastante esplosione a Beirut

Si dimette il governo libanese

Gli scontri nella piazza antistante il Parlamento a Beirut (Afp)
11 agosto 2020

«Il disastro avvenuto martedì scorso a Beirut è il risultato di una corruzione cronica in Libano, che ha impedito una gestione efficace del paese». Queste le parole pronunciate ieri dal primo ministro libanese, Hassan Diab, nell’annunciare le dimissioni del governo a circa una settimana dalla terribile esplosione che ha devastato il porto di Beirut, ucciso — questo l’ultimo bilancio — 220 persone e ferito altre settemila; e alla conta mancano ancora decine di dispersi.

Parlando dal palazzo del Gran Serraglio, al termine di una giornata che aveva visto le dimissioni di diversi ministri, il premier ha lanciato gravi accuse: «La rete della corruttela è più grande di quella dello Stato». Alcune forze politiche — ha sottolineato — hanno come «unica preoccupazione il regolamento dei conti politici e la distruzione di ciò che resta dello Stato». L’unica prospettiva — ha aggiunto — «è un’indagine rapida che accerti le responsabilità; vogliamo un piano di salvataggio nazionale che veda la partecipazione dei libanesi. Ecco perché annuncio le dimissioni di questo governo. Ogni ministro ha dato tutto ciò che poteva; non avevamo interessi politici».

L’ipotesi delle elezioni anticipate, annunciate nei giorni scorsi dallo stesso Diab, non è stata nemmeno menzionata nel discorso. E comunque — fanno notare gli analisti più accreditati — prima di nuove elezioni bisognerebbe cambiare l’attuale legge elettorale.

Un discorso, quello di Diab, pronunciato mentre la rabbia della gente proseguiva, per la terza serata consecutiva a Piazza dei Martiri e delle vie nei pressi del Parlamento. La polizia in tenuta antisommossa ha sparato gas lacrimogeni e pallottole di gomma disperdendo centinaia di giovani che tentavano di superare le barriere di metallo, erette nei mesi scorsi attorno alle sedi istituzionali. Nei giorni scorsi i dimostranti avevano attaccato il Parlamento e diversi ministeri.

Subito dopo l’annuncio, Diab si è recato al palazzo presidenziale per rassegnare le dimissioni del suo governo nelle mani del presidente Michel Aoun. Fonti di stampa hanno riferito di fuochi d’artificio e colpi d’arma da fuoco in diversi quartieri della capitale e a Tripoli per festeggiare le dimissioni del governo.

Il governo Diab — il quarto in quattro anni — è stato sempre sotto assedio da una piazza in rivolta dall’ottobre scorso nel contesto di una crisi socio-economica senza precedenti, aggravata dalla pandemia del covid e segnata dal collasso finanziario. Proprio Diab aveva dovuto annunciare, a marzo, il default del sistema. Stretto tra le pressioni della potente Associazione delle banche, della Banca Centrale e dei diversi partiti, Diab non ha portato a termine nessuno dei punti promessi nel programma, tanto meno è riuscito ad avviare negoziati seri col Fondo monetario internazionale.

Ora la palla passa nelle mani del presidente Aoun, che dovrebbe iniziare a breve le consultazioni. Al momento non è stato ancora reso noto il calendario degli incontri.

Intanto, ieri, il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, è intervenuto per sottolineare l’importanza non solo di aiutare il Libano in questa fase, ma anche di fare chiarezza su quanto accaduto con un’inchiesta internazionale. «La rabbia del popolo libanese è palpabile. Le loro voci devono essere ascoltate. È importante che un’indagine credibile e trasparente determini la causa dell’esplosione e la responsabilità che chiede il popolo». Ricordando poi che «le Nazioni Unite hanno intrapreso una risposta rapida e di ampio respiro» per continuare a «sostenere il Libano in ogni modo possibile durante questa emergenza, Guterres ha lanciato un appello per un «forte sostegno internazionale a tutte le persone bisognose in Libano, in particolare le donne e le bambine che sono più vulnerabili in tempi di crisi».