Colloquio con il pastore Pawel Gajewski sui temi della Settimana delle Chiese metodiste e valdesi

Radicarsi nel nuovo

Il pastore Pawel Gajewski
24 agosto 2020

«Il periodo difficile che stiamo vivendo a causa della pandemia non è privo di benedizioni. La distanza fisica ci ha aiutato a rafforzare la vicinanza spirituale». Parole del pastore di Perugia e Terni Pawel Gajewski, consulente teologico della Comunione di chiese protestanti in Europa e docente incaricato di teologia delle religioni alla Facoltà valdese di teologia. Quest’anno è relatore della Commissione d’esame. Il Sinodo non c’è — sostituito dalla Settimana delle Chiese metodiste e valdesi (a Torre Pellice dal 24 al 30 agosto) — ma la Commissione d’esame «è al lavoro, come sempre», nota sorridendo.

Qual è il ruolo della Commissione d’esame?

Ogni anno la Commissione passa al vaglio l’operato di tutti gli organi amministrativi sinodali: la Tavola valdese, la Commissione per la diaconia, il Comitato permanente dell’Opcemi (Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia), il Consiglio della Facoltà valdese di teologia.

E quest’anno?

Nella Commissione d’esame stiamo lavorando come se il Sinodo dovesse tenersi normalmente. Così assicuriamo il regolare svolgimento dei processi di report e di controllo anche nell’anno del covid. La nostra attività di verifica serve già a preparare il Sinodo del 2021. Aggiungo una notizia poco conosciuta: mentre avviene la settimana su «Generazioni e rigenerazioni», la Tavola valdese e la Commissione sinodale per la diaconia hanno delle riunioni per portare avanti il loro lavoro istituzionale.

Parliamo allora di «Generazioni e rigenerazioni». Il titolo e i contenuti della Settimana delle Chiese metodiste e valdesi mi fanno pensare al documento ecumenico recentemente uscito in Lombardia, «Radicarsi nel nuovo», che parla del desiderio di rigenerazione tipico di questo momento. Esistono dei collegamenti fra il documento e la settimana?

Esatto. I collegamenti esistono. Anzi, posso dire di più: il testo «Radicarsi nel nuovo» è stato la fonte diretta, l’ispirazione per ideare questa settimana e programmarne gli incontri, focalizzandoci su temi che ci stanno molto a cuore come la giustizia sociale, il contrasto alle vecchie e nuove povertà, la giustizia intergenerazionale, l’educazione di bambini e bambine, l’accoglienza dei migranti, i corridoi umanitari, la sanità, la crisi ambientale, la cura e salvaguardia del creato.

Mi colpisce anche il sottotitolo della Settimana: «Avere cura di persone, memorie e territori». Nel magistero di Papa Francesco ritorna spesso l’invito ad aver cura; c’è come una sintonia.

Il termine “cura” fa parte del vocabolario della nostra Chiesa da sempre. La cura pastorale non riguarda solo i pastori e le pastore, ma contraddistingue l’intera comunità dove tutti sono chiamati a impegnarsi in una pluralità di servizi. Questa parola ha un significato molto inclusivo, riguarda tutti, come diceva don Lorenzo Milani che nella sua povera canonica teneva un cartello con sopra scritto «I care», m’interessa, m’importa. Ci prendiamo cura degli altri non per avere un ritorno, ma per fare del bene. Ecco perché in questo periodo portiamo la mascherina, per non contagiare gli altri. In ogni attività, in ogni gesto, in ogni momento conta essere radicati nell’amore.

La Settimana dà ampio spazio alle riflessioni sugli scenari causati dalla pandemia.

Si vorrebbe lanciare un messaggio universale di speranza, partendo da una dimensione particolare, da un luogo simbolico come è Torre Pellice per la Chiesa valdese. Questa settimana ha un forte legame con la cittadina che ci ospita, tuttavia speriamo di raggiungere tanti, grazie alle piattaforme informatiche.

Proprio come si disse all’assemblea ecumenica di Basilea, col famoso slogan «Agire localmente, pensare globalmente».

Precisamente. La settimana è nata in questa terra, con un lavoro durato circa due mesi. Per organizzare queste giornate la Tavola valdese e la Commissione sinodale per la diaconia si sono mosse in sinergia col Centro culturale valdese, col giornale «Riforma» e il nostro museo, ma anche con realtà culturali non legate direttamente alla Chiesa valdese. Abbiamo avuto una buona collaborazione con il Comune di Torre Pellice, con la Proloco e altre realtà locali. Fra le varie iniziative in programma, c’è anche un incontro con le istituzioni locali per una proposta di rigenerazione territoriale.

Ci saranno ospiti dall’estero?

No, quest’anno non è possibile. Però vorrei sottolineare che in questi mesi abbiamo ricevuto dimostrazioni di solidarietà e piccoli aiuti finanziari dalle Chiese protestanti dell’Europa e degli Stati Uniti. È stato anche un periodo in cui abbiamo sentito con particolare intensità i legami di fraternità con il ramo sudamericano della Chiesa valdese del Río de la Plata. E ci rallegriamo perché sappiamo che finora a causa del covid non hanno avuto problemi gravi. Certamente la situazione dei paesi del Sud America è difficile, eppure la situazione delle comunità valdesi che vivono là nell’insieme è buona.

E in Italia la situazione come è stata?

Personalmente io reputo una particolare benedizione del Signore il fatto che in nessuna delle nostre case di riposo si siano registrati dei casi gravi. Abbiamo delle strutture di assistenza per anziani a Bergamo, a Firenze, in Sicilia, nelle valli piemontesi: ebbene, c’è stato qualche contagio, ma nessun decesso, neppure in una città straziata come Bergamo. La causa, oltre all’aiuto di Dio, va ricercata sia nel fatto che abbiamo attivato prestissimo procedure di emergenza, già a inizio marzo, sia nella professionalità degli operatori sanitari che lavorano nelle nostre strutture.

La pastorale durante il covid come è proseguita?

Abbiamo cercato di mantenere i rapporti comunitari, nonostante le restrizioni causate dalla pandemia. Nella quasi totalità delle nostre chiese si sono raggiunte le persone con una presenza virtuale, continuando così a proporre meditazioni bibliche, approfondimenti e riflessioni. Per i più piccini abbiamo preparato momenti appositi, “il culto col ciuccio”. I vincoli comunitari generalmente sono rimasti saldi, e talvolta sono perfino usciti rafforzati da questa esperienza. Alcune persone che prima non partecipavano ai nostri incontri si sono avvicinate proprio in questo periodo. Perciò posso solo ringraziare il Signore.

di Donatella Coalova