Quando sotto Valeriano subirono il martirio Sisto II vescovo di Roma e Cipriano presule di Cartagine

Quella terribile estate del 258

Richard de Montbaston e collaboratori. Vite dei Santi. Martyre de saint Sixte II et de ses diacres (Fol. 96v, XIV secolo)
05 agosto 2020

Le grandi persecuzioni nei confronti dei cristiani si snodano durante tutto il III secolo e si arrestano agli esordi del IV, con il celebre editto di tolleranza emanato a Milano da Costantino nel 313. Nel cuore del III secolo Decio, proprio nel 250, diffuse un editto che intimava a tutti i cittadini dell’impero romano di offrire un sacrificio agli dei e allo stesso imperatore. Questa pratica doveva essere certificata da documenti scritti, i cosiddetti libelli, alcuni esemplari dei quali sono stati recuperati in Egitto. Il rifiuto del sacrificio comporta l’arresto, la tortura e la condanna a morte, ma il fine di questo provvedimento non mirava tanto al martirio, ma all’apostasia, che comportava il sacrificio forzato, tanto è vero che molti cristiani acquistarono i libelli (libellatici), si nascosero nelle campagne e, dopo le persecuzioni, tentarono di rientrare nelle comunità cristiane (lapsi).

Le vittime, comunque, furono numerose e alcune anche celebri, come Fabiano di Roma, Babila di Antiochia e Alessandro di Gerusalemme.

Al tempo di Valeriano, già nel 257, fu emesso un primo terribile editto che imponeva il sacrificio ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi e che prevedeva il divieto di culto e di riunione e il sequestro delle chiese e dei cimiteri. Nel 258, un secondo editto sancì la pena di morte per chi rifiutava il sacrificio e la confisca dei beni non solo alla gerarchia ecclesiastica, ma anche ai cavalieri e ai senatori che si fossero avvicinati alla nuova religione.

In questo clima di terrore si calano le figure di Sisto II vescovo di Roma e di Cipriano presule di Cartagine. Il pontefice romano si era impegnato a far superare la questione dei lapsi, che divideva la Chiesa di Roma e la Chiesa africana, circa l’ammissione al battesimo di coloro che avendo peccato di apostasia e volevano rientrare nella comunità. Ebbene Sisto ii, ricordato come bonus et pacificus sacerdos da Ponzio, biografo di Cipriano (Vita di Cipriano 14), riuscì a portare pace nelle Chiese divise escogitando un battesimo particolare per i lapsi, ungendoli con il crisma, senza procedere ad un vero e proprio battesimo.

Purtroppo nei primi giorni del 258, nell’ambito dei provvedimenti scaturiti dal secondo editto di Valeriano, che mirava a “decapitare” la più alta gerarchia della chiesa cristiana, Sisto II finì nel mirino della polizia imperiale. È lo stesso Cipriano di Cartagine a raccontare l’episodio, in una lettera inviata a Successo, vescovo di Abbir Germaniciana: «Vi comunico che Sisto ha subito il martirio con quattro diaconi il 6 agosto, mentre si trovava nella regione del cimitero» (Epistula I, 30). Quest’ultimo deve essere identificato con il cimitero di San Callisto, dove il pontefice martire è sepolto nella cosiddetta “cripta dei papi”, impreziosita da un carme damasiano, ora perduto che, nei solenni esametri eroici, ricorda la fine cruenta del “papa buono”.

Insieme a Sisto furono trucidati i quattro diaconi Gennaro, Vincenzo, Magno e Stefano, a cui si aggiunsero Felicissimo ed Agapito sepolti nelle catacombe di Pretestato sulla via Appia Pignatelli, nella cosiddetta Spelunca Magna, laddove si conserva un altro prezioso carme fatto incidere da papa Damaso (366-384) dal raffinatissimo calligrafo Furio Dionisio Filocalo.

Dopo qualche giorno, il 10 agosto, fu ucciso anche l’arcidiacono Lorenzo, sepolto nelle catacombe di Ciriaca sulla via Tiburtina, laddove fu costruita una maestosa basilica già al tempo di Costantino, a cui si affiancò lo splendido edificio di culto commissionato da papa Pelagio II (579-590), reso ancora più solenne da Onorio III (1216-1227), che invertì l’orientamento del complesso monumentale.

La terribile estate del 258 si chiude con il martirio di Cipriano di Cartagine. Scampato alla persecuzione deciana, il presule africano affrontò il martirio, in seguito al secondo editto di Valeriano. La mattina del 14 settembre — come ricordano gli Atti e il biografo Ponzio — Cipriano fu processato presso la dimora di un certo Sesto, dove si era riunita una grande folla. Il vescovo si rifiutò di sacrificare agli dei pagani. Il proconsole lesse la terribile sentenza e lo condannò a morte. Fu gettato a terra, si inginocchiò per pregare, si tolse la dalmatica e attese il carnefice. Si bendò con l’aiuto di un presbitero e un diacono. Fu ucciso ed esposto per un giorno per soddisfare la curiosità dei pagani. Nella notte i fratelli lo condussero al cimitero di Macrobius Candidianus, illuminando l’oscurità con torce e lucerne e accompagnando verso la sepoltura il vescovo che, per primo, a Cartagine ottenne la corona della vittoria.

di Fabrizio Bisconti