Professionalità e rispetto per l’etica

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05 agosto 2020

Univa cultura, passione, rigore e un’impeccabile professionalità. È morto, mercoledì 5 agosto a Roma, Sergio Zavoli, giornalista, cronista, scrittore e politico. Aveva 96 anni. Una carriera, la sua, quanto mai prestigiosa, costellata di ruoli e incarichi di elevata responsabilità. Direttore del Gr, presidente della Rai (dal 1980 al 1986), presidente della Vigilanza Rai (dal 2009 al 2013): sono queste alcune delle “missioni” da lui svolte sempre con un profondo senso di responsabilità e spirito di servizio. Virtù suggellate da un rispetto per l’etica dell’informazione, tratto qualificante del suo operato.

Concepiva la televisione pubblica come «uno straordinario mezzo di promozione della crescita culturale e civile della società». E soleva rimarcare che «far conoscere i fatti è già un modo di risvegliare le coscienze». Durante la sua presidenza Rai ebbero luogo la fine del monopolio televisivo e la nascita dell’emittente privata. Riguardo a tale temperie, dichiarò: «Fu un’occasione mancata». A suo avviso la Rai avrebbe dovuto accettare la sfida e «distinguersi» per qualità e impegno.

Nella lectio magistralis per la laurea honoris causa ricevuta nel 2007 all’Università di Tor Vergata di Roma, Zavoli affermò: «Come trasmettere il senso delle cose comunicate se, per garantirsi il consenso del pubblico, si è fatto largo il costume di privilegiare l’effimero e l’inusuale, il suggestivo e il violento strumentalizzando e banalizzando persino la sacralità della vita e della morte?». Valutazione, questa, dettata dalla sua fiera avversione per l’informazione «enfatica, ammiccante, strumentale».

Alla firma di Zavoli si legano inchieste e reportage televisivi di grande spessore umano e culturale. Basti pensare a Viaggio intorno all’uomo, a Nascita di una dittatura e, in particolare, a La notte della Repubblica. Il programma andò in onda dal 12 dicembre 1989 all’11 aprile 1990. Articolato in diciotto puntate, per una durata di 45 ore, fu realizzato nell’arco di due anni. L’inchiesta si impose quale puntuale ricostruzione dell’Italia delle eversioni, delle contestazioni e del terrorismo. Un numero impressionante di esperti, testimoni e protagonisti furono interpellati e sollecitati per aiutare a decifrare fenomeni complessi e tragici quali le Br, i tentati golpe, le stragi compiute, insomma la strategia della tensione.

Merita una menzione particolare Processo alla tappa, storica trasmissione di commento, negli anni Sessanta, al Giro d’Italia. L’obiettivo consisteva nel compiere un viaggio «nel ventre della corsa» (queste le sue parole) in modo da scoprire e quindi raccontare con sobrietà le ordinarie, ma non per questo meno significative, storie umane e sociali dei gregari dell’Italia di allora. A raccontare tali vicende furono coinvolti anche importanti intellettuali e scrittori, tra i quali figurano Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia. Un giorno, nell’ambito di questo viaggio all’interno dell’Italia umile e laboriosa, ebbe a dire: «Il mondo non è fatto di primi, vincitori e vincenti, ma di secondi, terzi, ultimi, di gente che arriva fuori tempo massimo pur sputando sangue».

Nato il 21 settembre 1923 a Ravenna, il giovane Sergio era però cresciuto a Rimini, città cui rimase molto legato. Tra i suoi amici più cari c’era Federico Fellini: anche a lui sarebbe rimasto molto legato. Proprio a Rimini, Zavoli aveva svolto il proprio apprendistato di cronista con il “giornale parlato”, una sorta di notiziario che, subito dopo la guerra, veniva trasmesso al megafono con l’ausilio di un paio di amici. Fu questo il primo passo di un cammino giornalistico che si sarebbe rivelato nel tempo di rara eccellenza.

di Gabriele Nicolò