In Pakistan la Giornata nazionale delle minoranze religiose nel ricordo di Shahbaz Bhatti

Per un paese che cresca nell’uguaglianza

Cristiani in preghiera in una chiesa pakistana
11 agosto 2020

«I membri delle comunità religiose di minoranza hanno contribuito alla fondazione e allo sviluppo del paese; hanno dimostrato di essere veri cittadini del Pakistan. Tutti i cittadini pakistani sono uguali: il concetto di considerare una persona in maniera diversa, in base al criterio di maggioranza o minoranza, dovrebbe essere rimosso. Noi siamo fedeli alla nostra amata patria, il Pakistan. Non le siamo estranei: le nostre chiese, le istituzioni religiose, gli ospedali ed edifici hanno una bandiera del Pakistan issata. Viviamo in questa terra da secoli e siamo al servizio della popolazione, con onestà e dedizione, per il bene del Pakistan»: questo discorso del ministro cattolico Shahbaz Bhatti, ucciso in un attentato terroristico a Islamabad nel 2011, riassume lo spirito e le motivazioni con cui ogni anno, l’11 agosto, si celebra in Pakistan la Giornata nazionale delle minoranze religiose, con iniziative, incontri e manifestazioni in tutta la nazione.

In uno stato di 210 milioni di abitanti in larga maggioranza islamica (il 96 per cento della popolazione), comunità come quella cristiana (1,5 per cento) e quella indù (circa il 2 per cento) si ritrovano a vivere in condizioni di paura e insicurezza. Per questo al centro dell’evento vi sono i temi del contrasto alla violenza e all’illegalità e della tutela della giustizia e dello stato di diritto. «Creiamo insieme un Pakistan nel quale cresca l’amore, fiorisca la pace e il rispetto reciproco sia norma quotidiana», amava ripetere Bhatti, ispiratore della speciale giornata. Fu infatti il ministro cattolico che, animato da uno spirito sempre costruttivo, decise di organizzare l’evento, l’11 agosto 2007, nel sessantesimo anniversario di un celebre discorso del fondatore della patria Muhammad Ali Jinnah: quest’ultimo, presentando la Costituzione della neonata nazione del Pakistan — creata per ospitare i musulmani del subcontinente indiano ma non come teocrazia islamica — ebbe a dire, rassicurando i cittadini non musulmani: «Voi siete liberi. Liberi di andare nei vostri templi, nelle vostre moschee o in qualunque altro luogo di culto in questo stato del Pakistan. Potrete appartenere a qualsiasi religione, casta o credo: questo non ha nulla a che fare con gli affari dello stato». Il discorso è oggi un riferimento ineludibile per i cittadini pakistani che non professano la fede islamica, specialmente per le minoranze più corpose, come cristiani e indù.

Per rimettere questi concetti al centro della vita civile, Shahbaz Bhatti organizzò appunto l’11 agosto 2007 un’imponente manifestazione al grande parco Minar-e-Pakistan a Lahore, area capace di accogliere centinaia di migliaia di persone. Quel giorno il ministro citò i valori e le idee al centro della Giornata: creare una coscienza democratica; lottare per i diritti umani fondamentali; difendere i diritti delle donne; migliorare l’istruzione e garantirla a tutti; salvaguardare i diritti fondamentali dei bambini; migliorare le condizioni dei detenuti; affrontare i problemi delle minoranze religiose. Bhatti scelse quel luogo simbolico per parlare del contributo, dei problemi e delle aspirazioni di tutte le minoranze in Pakistan. Nonostante le molte difficoltà, vi parteciparono oltre trecentomila persone giunte da tutta la nazione.

In quella storica occasione, Shahbaz Bhatti presentò una magna charta, con ventiquattro proposte per la pace, l’armonia e lo sviluppo del Pakistan, oggi riscoperta e riproposta al dibattito pubblico. Nel documento si parlava di libertà di parola, equa rappresentanza delle minoranze in Parlamento, revisione della legge sulla blasfemia, abolizione delle leggi discriminatorie, promozione dell’armonia sociale tra vari credi e culture, sradicamento dell’estremismo e del terrorismo, salvaguardia e protezione dei lavoratori delle fabbriche di mattoni, rilascio dei prigionieri innocenti, sostegno dei diritti delle donne. Quel raduno è parte integrante dell’eredità lasciata da Bhatti nella vita sociale, culturale e politica del paese: a partire da quell’iniziativa, infatti, l’11 agosto diverrà ufficialmente la Giornata nazionale delle minoranze religiose.

Spiega a «L’Osservatore Romano» Kashif Nawab, intellettuale cristiano di Lahore, direttore dell’ong Social action transformation of humanity: «La discriminazione religiosa in Pakistan è un problema serio. Indù, cristiani, sikh, sciiti e ahmadi spesso subiscono ingiustizie e talvolta sono persino sottoposti a violenze, torture o perfino omicidi impuniti, come quello recente del cristiano Nadeem Joseph a Peshawar». La discriminazione, rileva Nawab, è un elemento che non può essere cancellato dalla mentalità di molti musulmani, e si riflette soprattutto sui giovani: una studentessa cristiana in una scuola governativa a Lahore, riferisce l’attivista, è stata informata dal suo insegnante musulmano che, se si rifiuta di seguire un corso di studi islamici, non potrà proseguire gli studi alla scuola statale. «Le minoranze religiose nelle scuole governative affrontano problemi persistenti con il contenuto dei libri di testo», asserisce. La Commissione nazionale giustizia e pace in seno alla Conferenza episcopale afferma che il Governo non ha mantenuto la promessa di sradicare il «materiale di odio religioso» dai libri di testo scolastici. «In una rappresentazione grossolanamente generalizzata e stereotipata — conclude il direttore dell’ong — le comunità religiose minoritarie sono dipinte come inaffidabili, inferiori, indegne di stima. È un sistema che si perpetra e crea una mentalità negativa, fomentando l’intolleranza fin dalle menti giovani».

L’avvocato cattolico Khalil Tahir Sandhu, presidente del Comitato permanente per i diritti umani e compagno di studi del ministro Shahbaz Bhatti, ha sottolineato dal canto suo che «molti cristiani lavorano come operatori ecologici o pulitori di fogne, in mansioni a loro riservate, e sono emarginati nella sfera pubblica. A volte i diritti umani non vengono rispettati in Pakistan e per questo urge un serio impegno da parte del Governo per rivedere un intero sistema educativo, sociale e culturale. Da parte nostra, continuiamo nel nostro impegno per il bene comune, denunciamo l’ingiustizia e non crediamo nella violenza. La grandezza della nostra vita è perdonare, come Cristo ci ha chiesto di fare. Questa è la testimonianza che ogni giorno diamo al Pakistan, come quella che ci ha lasciato Shahbaz Bhatti».

di Paolo Affatato