I rifugiati cercano riparo dalle violenze in Ciad

Migliaia in fuga dal Darfur occidentale

Sfollati interni sudanesi nel campo di Kalma in Darfur (Reuters)
12 agosto 2020

Dalla fine dello scorso luglio, oltre 2.500 rifugiati sudanesi sono stati costretti a fuggire nel vicino Ciad a causa dei recenti episodi di violenza nel Darfur occidentale, mentre i disordini di matrice etnica hanno colpito circa 20.000 persone all’interno della regione. Nella maggior parte dei casi le vittime sono donne e bambini. È quanto riporta una nota diffusa dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).

L’Agenzia Onu sottolinea che gli attacchi, imputati a gruppi di nomadi armati, il 25 luglio hanno causato la morte di 61 persone della comunità Masalit e ne hanno ferite almeno 88 nella città di Masteri, nel Darfur occidentale. Inoltre, nella città e nei villaggi circostanti le case sono state date alle fiamme.

Oltre l’80 per cento delle persone arrivate nella città di frontiera ciadiana di Adré — rivela l’Unhcr — sono donne, bambini e anziani costretti a fuggire a causa dei violenti scontri. In molti casi hanno assistito a violenze estreme. All’inizio di quest’anno invece numerosi rifugiati sono tornati a casa nel Darfur dal Ciad orientale.

L’Agenzia Onu, collaborazione con il governo del Ciad e i suoi partner nazionali, sta trasferendo i rifugiati dalle aree di confine al campo rifugiati di Kouchaguine-Moura, che ospitava già oltre 6.000 sudanesi arrivati nel febbraio 2020. Tuttavia le cattive condizioni delle strade, la stagione delle piogge e la situazione di sicurezza sono tra le maggiori sfide da affrontare, oltre all’emergenza sanitaria causata dal covid-19. Ad oggi il Ciad ospita 476 mila rifugiati e richiedenti asilo, di cui circa 365 mila provenienti dal Sudan. Nello Stato del Darfur occidentale, la situazione si è stabilizzata dopo gli attacchi, ma rimane comunque imprevedibile. Molti sfollati interni sono restii a tornare a casa e chiedono maggiore protezione.

Non si placano in effetti le violenze. Almeno 25 persone sono morte e 87 sono rimaste ferite nel corso di scontri tribali a Port-Sudan, la seconda città del Sudan. Gli scontri sono proseguiti per tre giorni consecutivi, a partire da domenica, nonostante l’invio di rinforzi alla polizia. Le autorità hanno imposto il coprifuoco notturno a tutta la città.