Concluso il pellegrinaggio della diocesi di Roma a Lourdes

Mani tese senza paura

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28 agosto 2020

«Questo è un luogo in cui impariamo a benedire, perché siamo benedetti, e a consolare, perché siamo consolati. Quante preghiere, quante lacrime, quante fatiche del corpo e del cuore sono passate davanti a questa grotta, anche in questi giorni. Noi benediciamo Dio, perché lui ci ha consolati attraverso Maria». Così il vicario del Papa per la diocesi di Roma, cardinale Angelo De Donatis, si è rivolto ai 184 pellegrini romani, tra cui quaranta sacerdoti, nell’omelia della messa conclusiva, celebrata la mattina del 27 agosto, del pellegrinaggio diocesano a Lourdes, organizzato dall’Opera romana pellegrinaggi (Orp); il primo dopo la riapertura del santuario in seguito al lockdown. Un pellegrinaggio segnato dall’emergenza sanitaria: la tradizionale processione aux flambeaux e quella eucaristica sono state sostituite dalla recita del rosario e dall’adorazione, con i pellegrini ben distanziati. Mascherine sui volti anche all’aperto, negli spazi del santuario mariano, per garantire la massima sicurezza.

«Nel culmine della pandemia — ha aggiunto il porporato nell’omelia — la sofferenza più grande dei ricoverati è stata quella di essere soli. Ho saputo di testimonianze di infermieri che sono stati accanto, al di là della loro professione, come fossero familiari, per permettere ai malati di soffrire e di morire sentendo qualcuno vicino, che li consolava, tendendo la mano, un segno che richiama immediatamente alla prossimità, alla solidarietà, all’amore. In questi mesi di sconforto e smarrimento, quante mani tese abbiamo potuto vedere! La mano del medico, dell’infermiera e dell’infermiere, del farmacista, del volontario. E altre mani tese potremmo ancora descrivere fino a comporre una litania di opere di bene. Tutte queste mani hanno sfidato il contagio e la paura pur di dare sostegno e consolazione».

Tra i pellegrini presenti, anche Luigi, giovane infermiere in un ospedale romano, che ha lavorato a stretto contatto con ammalati di covid-19. Era stato a Lourdes poco prima del lockdown, l’11 febbraio per la Giornata del malato, e adesso è tornato: «Durante quei giorni in ospedale pensavo a questa grotta, pensavo che quando sarebbe stato possibile sarei tornato. Era una promessa. Adesso ricordo i volti anche di chi non ce l’ha fatta. Li porto con me come quelli dei colleghi e di coloro che mi hanno chiesto una preghiera. Qui ho affidato a Maria tutti loro».

Nelle parole di De Donatis una consapevolezza forte: «Abbiamo detto, scritto e sentito tante volte che “Tutto andrà bene” — ha sottolineato il cardinale, colpito in prima persona dal virus, ricoverato al policlinico Gemelli e poi guarito — ma questo augurio bellissimo rimane ancora una speranza solo umana. La speranza di Gesù è diversa. Immette nel cuore la certezza che tutto è già andato bene e che Dio sa volgere tutto al bene, perché persino dalla tomba fa uscire la vita. Maria ti consola, ti sostiene, ti abbraccia». Il pensiero non è stato rivolto solo ai pellegrini presenti, ma a tutti i fedeli romani, che hanno potuto seguire questo pellegrinaggio grazie a numerose dirette televisive e sui social media: «Prendiamoci un impegno, in questo giorno di ritorno. Chiediamo a Maria di aiutare le nostre comunità parrocchiali o religiose a essere veramente una madre dal cuore aperto, capaci di consolare, di accogliere, di sostenere».

L’emergenza sanitaria e le sue conseguenze sono state al centro anche delle riflessioni del cardinale vicario nella sua catechesi. «La pandemia ha costretto tutti noi al distanziamento, ci ha obbligato a “contarci”, anche in chiesa. Tante volte la vita delle nostre parrocchie si è valutata sulla quantità. Siamo in un tempo in cui siamo chiamati a capire che non conta il “quanto” — ha osservato De Donatis — non contano le folle oceaniche, che comunque non vediamo più, se non si aiutano le persone a vivere il “come”, a sperimentare un vero incontro con Dio. Occorre quindi ripartire da un incontro con Lui e dall’attenzione verso gli altri, nelle piccole cose».

Infine, dall’amministratore delegato dell’Orp, monsignor Remo Chiavarini, l’appuntamento al prossimo anno: «Partiamo sapendo che i giorni che ci aspettano non saranno semplici, perché molti saranno presi da paure e difficoltà riguardo al loro futuro. Ma sappiamo che i nostri pastori non mancheranno nello spirito di protezione e maternità di Maria che li aiuterà a dare conforto alle nostre comunità».

di Christian Giorgio