Secondo il Tribunale speciale non ci sono prove del coinvolgimento diretto della Siria e di Hezbollah

Libano: sentenza sull’assassinio di Hariri

A picture taken on August 18, 2020 shows the court room during a session of the UN-backed Special ...
19 agosto 2020

«Non ci sono prove del coinvolgimento di Hezbollah nell’assassinio dell’ex primo ministro libanese Rafiq Hariri nel 2005». Questa la principale conclusione cui è giunto il Tribunale speciale dell’Onu, dopo sei anni di indagini su uno degli eventi che più ha segnato la storia recente del Libano. Nella sentenza resa nota ieri, tre dei quattro imputati (tutti membri di Hezbollah processati in contumacia) sono stati completamente scagionati per assenza di prove, mentre solo uno, Salim Ayyash, è stato ritenuto colpevole e la pena nei suoi confronti, che potrebbe arrivare fino all'ergastolo, sarà comunicata il 21 settembre. Ayyash, secondo i giudici, sarebbe stato il capo del commando che organizzò l'attentato contro Hariri e i 21 uomini della sua scorta. Un quinto accusato, Mustafa Badreddine, indicato dagli investigatori come il “cervello” dell’operazione, è morto nel 2016 in un misterioso attentato a Damasco.

«La camera di consiglio — ha detto il presidente della Corte, David Re, leggendo una sintesi della decisione di oltre 2.600 pagine presa dal tribunale — è del parere che la Siria e Hezbollah possano aver avuto motivi per eliminare Hariri e i suoi alleati politici, tuttavia non ci sono prove che la leadership di Hezbollah abbia avuto alcun coinvolgimento nel suo omicidio e non ci sono prove dirette del coinvolgimento siriano».

Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha preso atto della sentenza e ha ringraziato il Tribunale per il lavoro svolto. «Il pensiero di Guterres va alle vittime dell’attentato e alle loro famiglie» ha affermato il portavoce del palazzo di Vetro in una nota dove si legge che «La sentenza è un riflesso dell’impegno della comunità internazionale per la giustizia in relazione ai terribili crimini commessi quel giorno». Il segretario generale «esprime il suo profondo apprezzamento per la dedizione e il duro lavoro dei giudici e del personale coinvolto in questo caso» e «invita tutti a rispettare la decisione del Tribunale».

Al momento della lettura della sentenza era presente il figlio di Hariri, anche lui ex premier, Saad Hariri, che ha accettato il verdetto. «Questa sentenza manda agli assassini il messaggio che l’era dei crimini politici è finito» ha dichiarato.

Dopo la lettura della sentenza, il presidente libanese Michel Aoun è intervenuto facendo appello all’unità nazionale. Per Aoun «fare giustizia sull’omicidio di Hariri risponde al desiderio di tutti di chiarire le circostanze di questo crimine atroce che ha minacciato la stabilità e la pace del Libano». Per Aoun il verdetto è «un’opportunità per ricordare i costanti appelli all’unità e alla solidarietà lanciati da Hariri».

Nessuna reazione, al momento, da parte di Hezbollah, che non ha mai riconosciuto la legittimità del Tribunale speciale dell'Onu e fin dall’inizio ha messo in chiaro che non avrebbe consegnato i quattro imputati. Hezbollah ha sempre negato qualsiasi implicazione nell’assassinio di Hariri.