Sir Ken Robinson e la proposta di riforma della scuola inglese

Il professor Keating è esistito davvero

Ken Robinson (1950-2020)
31 agosto 2020

Pur rispettato e stimato a livello internazionale, si è trovato spesso a predicare nel deserto, essendo le sue illuminanti indicazioni e lungimiranti raccomandazioni non adeguatamente valorizzate in patria: non fa sconti «The Guardian» nell’obituary dedicato al celebre educatore e scrittore britannico Ken Robinson, morto nei giorni scorsi. Il mondo politico del Regno Unito — lamenta il quotidiano — avrebbe dovuto seguire di più e meglio le linee guida tracciate da Robinson, il quale era animato dal sacro fuoco di una missione diretta a ottimizzare le potenzialità di ogni singolo alunno. Per lui l’educazione impartita a scuola rappresentava la massima priorità nell’agenda politica e sociale, ben consapevole che il futuro benessere di ogni Paese necessariamente passa attraverso la formazione culturale dei giovani i quali, un domani, saranno i protagonisti del progresso della propria nazione.

Robinson era consapevole che avrebbe meritato, da parte delle istituzioni britanniche, un’attenzione maggiore, ma evitò ogni polemica. Preferì ricorrere all’ironia nell’evidenziare l’errata individuazione delle priorità. «È come mangiare una torta, dire che è buona e poi pensare di metterci le uova» soleva dire per richiamare la sfasata tempistica che rischia di penalizzare la qualità dell’educazione dei ragazzi: dopo che ci si è accorti che sono bravi, si pensa a come eventualmente valorizzarli. Sarebbe molto più saggio invertire le due fasi del processo: prima si creano le condizioni per “estrarre” da ogni alunno il meglio, poi ci si impegna a ottimizzarne i talenti, secondo le precipue caratteristiche di ciascuno. Allora sì che la torta, oltre a essere buona, è anche stata preparata a regola d’arte.

Questa strategia d’insegnamento, che ha spiazzato numerosi benpensanti — rileva sempre il «Guardian» — Robinson la espose in particolare nella famosa conferenza on line tenuta nel 2006 in California, presso la nota piattaforma Ted intitolata Do Schools Kill Creativity?. Il successo di quel discorso fu strepitoso, tanto da collezionare nel tempo più di cinquantuno milioni di visualizzazioni. «Basta un discorso per cambiare il destino di un insegnante, e quindi anche quello dell’alunno» affermò Robinson, in riferimento all’esigenza di tenere sempre presente che quella del professore è una responsabilità di vitale importanza, perché anche da lui, in sommo grado, dipende il futuro del discente. E se il suo discorso sarà giusto e sensato, si verificherà la cosiddetta win-win situation: a beneficiare di un oculato insegnamento saranno infatti sia chi insegna sia chi impara.

Robinson — direttore artistico nello Schools Project (1985-1989), professore di Educazione all’arte nell’università di Warwick (1989-2001) — si schierò senza giri di parole contro i metodi classici e standardizzati in uso nei Paesi occidentali. Temeva fortemente che la scuola, abbarbicata a una logora logica di servizio e a programmi di studio sorpassati, potesse limitare e tarpare la creatività dei ragazzi. Non a caso uno dei suoi libri, pubblicato nel 2016, reca l’inequivocabile titolo Fuori di testa. Perché la scuola uccide la creatività. La maggior parte della gente — sosteneva Robinson — non ha idea delle proprie capacità. «Tutti — scriveva — nasciamo con talenti naturali ma pochi di noi li scoprono, né sono in grado di svilupparli. Ed è la scuola che deve valorizzare questi talenti. Ma in che modo? Non costringendo, per esempio, gli alunni a stare seduti per ore e ore davanti al banco, ma incoraggiandoli a uscire, a stare all’aperto, favorendo così un contatto con la natura che può rivelarsi assai fruttuoso. La cultura non risiede solo nei libri ma anche nella vita vissuta e reale, considerata nella sua ordinaria quotidianità; è dato di riscontrare un distinto richiamo, in questo tipo di approccio, all’insegnante di letteratura John Keating, protagonista del film L’attimo fuggente, il quale, insofferente dei metodi tradizionali di insegnamento, esorta gli alunni a guardare le cose da angolazioni diverse. Come espressione esteriore di una ribellione a una tradizione accademica sentita come stantia e polverosa, e quindi invalidante, il professore Keating invita gli alunni a salire sui banchi e a declamare il titolo e l’incipit di una poesia di Walt Whiman dedicata a ad Abraham Lincoln, «O capitano, mio capitano!». Con i dovuti distinguo, Ken Robinson — che ha fondato le riviste «Artswork» e «Arts Express» proprio per valorizzare l’estro e li talento artistico dei giovani — ha fatto altrettanto.

di Gabriele Nicolò