La grande devozione dell’abate alla Vergine

Il «doctor mellifluus» che risplendeva in Maria

Juan Correa de Vivar, «La Vergine appare a san Bernardo» (1540-1545)
19 agosto 2020

«Quando ebbe ingenerato il terzo figliuolo, cioè Bernardo, portandolo ella ancora nel ventre, vidde un sogno, ch’era profezia di quelle cose che doveano essere di lui, cioè un catello (dal latino catĕllus, cagnolino) bianco. La quale cosa quando ella ebbe detta a un santo uomo, quelli, quasi profetando, le rispuose: “D’uno ottimo catello sarai madre, il quale sarà guardiano de la casa di Dio, e abbaierà grandemente contra li nemici, e sarà un nobile predicatore, e molti ne guarrà con la grazia di Dio, con la sua lingua medicinale”». Lo annota nella Legenda aurea Jacopo da Varazze. E così il sogno profetico di Aleth di Montbard, madre del monaco francese san Bernardo di Chiaravalle (Fontaines-lès-Dijon 1090 - Clairvaux 1153), considerato “l’ultimo dei Padri” della Chiesa, canonizzato da Papa Alessandro III nel 1174, dichiarato da Papa Pio VIII nel 1830 dottore della Chiesa e di cui il 20 agosto ricorre la memoria liturgica, si compì appieno.

Bernardo, chiamato “lampada che arde e risplende”, nel 1115 — dopo aver vissuto quattro anni nel monastero dei cistercensi a Citeaux — allora venticinquenne fu mandato insieme a dodici compagni da santo Stefano di Harding, terzo abate di Cîteaux, a fondare il monastero di Chiaravalle (Clara vallis, Clairvaux) nel territorio di Troyes, appartenente alla diocesi di Langres. Qui vi rimase trentotto anni come abate accogliendo centinaia di nuovi monaci, che portavano il saio bianco, e divenne un modello di vita monastica piuttosto rigorosa, improntata all’umiltà e alla mortificazione; dedito al lavoro nei campi e con una forte propensione all’orazione e alla contemplazione, proprio da lui dipenderanno ben centosessantasette monasteri sparsi in tutta Europa. La vita monastica, in particolare a partire dal 1130, non gli impedì però di occuparsi delle questioni della Santa Sede e della Chiesa nonché delle vicende politiche e sociali del suo tempo, come la promozione del nuovo ordine dei Cavalieri del Tempio (Pauperes commilitones Christi templique Salomonis). E nel 1145 fu persino elettore e ispiratore di Papa Eugenio III, cistercense, suo discepolo. Non lesinò tempo e risorse nello scrivere sermoni, sentenze e trattati ma anche lettere, e nel coltivare i rapporti con persone che occupavano ruoli significativi nelle comunità religiose, come Guglielmo abate di Saint-Thierry e Guglielmo abate di Champeaux — figure tra le più in vista nel XII secolo — e con persone di condizioni sociali umili, che non privò mai della sua attenzione.

Tutta la vita dell’abate di Clairvaux fu tesa all’esperire e al manducare (ruminare) le pagine delle sacre Scritture e dei santi Padri. Era contrario alle discussioni filosofiche che rasentassero il semplice intrattenimento e non conducessero quindi a Dio; «egli però non rigetta l’umana filosofia che sia genuina filosofia, che conduca cioè a Dio, alla vita onesta e alla cristiana sapienza» (Pio XII, lettera enciclica Doctor mellifluus). Tant’è che dovette intervenire per contrastare il pericolo delle correnti filosofiche di stampo razionalista, tra nominalisti e realisti a scapito della fede, derivanti specialmente dall’insegnamento di Pietro Abelardo (1079-1142). In un contesto di esasperanti dispute e ragionamenti dialettici la profonda e preclara capacità di esperire il Vangelo porta san Bernardo a evidenziare che solo Gesù è miele alla bocca, cantico all’orecchio, giubilo nel cuore (mel in ore, in aure melos, in corde iubilum). Proprio da qui pare derivare il titolo, «a lui attribuito dalla tradizione, di doctor mellifluus: la sua lode di Gesù Cristo infatti “scorre come il miele”» (Benedetto XVI, Udienza generale, 21 ottobre 2009).

La lode e l’amore di san Bernardo per l’Incarnazione di Gesù è totale: «Quando discuti o parli nulla ha sapore per me, se non vi avrò sentito risuonare il nome di Gesù» (Sermones in Cantica canticorum, XV); quest’amore però giunge al cuore degli uomini tramite Maria, la Madre di Cristo, per Mariam ad Iesum. «Essa è adunque quella nata di Giacobbe, il cui raggio illumina tutto il mondo, il cui splendore brilla nel cielo, e penetra negli abissi; così pure irraggiando la terra, e riscaldando più le menti che i corpi, alimenta le virtù, disseca i vizi» (San Bernardo abate, Lode della Vergine Madre, Omelia, ii, 17). Ora, è proprio questo il marchio distintivo dell’abate di Chiaravalle, al punto da aggiudicarsi l’appellativo di doctor marianus per la sua incommensurabile devozione mariana, rendendolo il più famoso tra i “cantori di Maria”.

Non appare certo sterminata la produzione teologica di Bernardo sulla Madre di Gesù, ma ugualmente queste opere si innalzano vibranti di insuperabile e profonda purezza, racchiuse tra la Lode della Vergine Madre fino ai vari Sermoni, tra i più celebri dei quali si annoverano quelli sul Cantico dei cantici o In nativitate beatae Mariae (noto come De aquaeductu). In esse ci sono la disamina e la scrutazione dell’umiltà — la virtù prediletta da Bernardo in Maria — dal Magnificat all’Ave, stella del mare (inno medievale attribuito, oltre che a san Bernardo, a Venanzio Fortunato). Anche qui Bernardo desta meraviglia, con la sua mirabile capacità di scrutazione del Nuovo Testamento per rinvenire la «Stella del mare» e per l’interpretazione e l’esegesi dell’Antico Testamento, condotta sulla scia dei padri della Chiesa, dove i profeti tracciano e delineano la topografia della “Stella” a cominciare dal profeta Isaia fino al libro dei Numeri («una stella spunta da Giacobbe», 24, 17). Tutte argomentazioni condotte da Bernardo quasi a guisa di colloquio con Maria; infatti egli la sollecita e la invita, e sembra quasi spingerla “fisicamente”: questa la percezione che ne deriva, immergendosi negli scritti del monaco francese, verso gli uomini e le donne di questo mondo, specialmente quelli di oggi, verso il Figlio e così fuggire le inutili distrazioni e il non raro vellicamento. Ma egli invita in modo particolare i monaci, le monache e tutto il mondo dei laici ad affidarsi a lei incondizionatamente, a essere riflesso delle virtù che in Maria rifulgono di splendida luce. Perché l’assenza nell’umanità di Maria, tesoro di Dio, porta all’annullamento e alla disperazione. «O tu che, nell’ondeggiare delle vicende di questo mondo, più che camminare per terra, hai l’impressione di essere sballottato tra i marosi e le tempeste, non distogliere gli occhi dal fulgore di questa stella se non vuoi essere inghiottito dalle onde» (San Bernardo abate, Lode della Vergine Madre, Omelia, ii, 17). Gli uomini e le donne di oggi possono trovare in san Bernardo un esempio, una guida autentica di amore, che Gesù e attraverso Maria tota pulchra riversano a tutti. «La nostra anima assetata si affretti dunque a questa fonte, ricorra in tutta sollecitudine a questo tesoro di misericordia» (Omelia sull’Assunzione della Beata Vergine Maria, 4, 8-9).

di Roberto Cutaia