Sant’Alessandro patrono della città lombarda

Faro di speranza per Bergamo ferita dalla pandemia

2_SantAlessandro.jpg
25 agosto 2020

Secondo la sua Passione, probabilmente un testo del x secolo, Alessandro era di origine egiziana e vessillifero della Legione Tebea. Imprigionato perché cristiano, fuggì dal carcere con altri compagni e si diresse verso Como ma, staccatosi da loro, venne fatto prigioniero, riportato a Milano e condannato dall’imperatore Massimiano. Alessandro, riuscito di nuovo a fuggire, attraversò il fiume Adda e si rifugiò in una boscaglia presso Bergamo. Ripreso dalla guardia imperiale, fu condotto al Vico Pretorio della città dove venne decapitato.

Scelto da secoli come patrono dalla Chiesa di Bergamo, risplende quest’anno, segnato dalla pandemia, di particolare luce e significato. La sua testimonianza, sigillata dal gesto supremo, si offre come luogo originario e sorgivo in cui rileggersi, da cui lasciarsi ispirare, a cui affidarsi.

Un primo elemento di riflessione viene dal fatto che la sua storia è tramandata attraverso la sua “Passione”. Questo termine indica certamente un particolare genere di letteratura martiriale, più narrativo rispetto agli atti, che ha la finalità di offrire un modello di testimonianza ai fedeli; ma ci suggerisce anche un’esperienza che viene subita, patita appunto. Questa condizione caratterizza particolarmente il momento della pandemia: ritrovarsi impotenti di fronte a qualcosa che non si riesce a controllare, che non puoi non subire, che porta la morte dentro le case. L’abbiamo vista assumere il volto triste di medici che vedevano morire tra le mani molti pazienti, il volto segnato dal dolore di tanti che non hanno più visto i loro cari. Abbiamo patito tutto questo come una persecuzione che scoppia violenta e improvvisa. L’esperienza del patire ci ha riportato alla radicale precarietà della nostra esistenza, dei nostri progetti e dei nostri stili di vita, restituendoci l’uguaglianza di esser uomini fragili ed esposti.

Un secondo elemento ci viene offerto da come Alessandro ha vissuto il suo martirio. Egli sostenuto dalla Grazia e rispondendo liberamente alla condizione di perseguitato in cui si trovava, ha saputo trasformare il momento della sua passione subita, nel gesto pieno d’amore di dare la vita. Lo sforzo enorme intravisto in questi mesi di prendersi cura gli uni degli altri è stato, da una parte, la testimonianza bella che ha mostrato di quanto bene siamo capaci, dall’altra, faro di speranza che ha saputo illuminare le tenebre di quei momenti. Tale stile preghiamo non vada disperso, ma dispiegato nelle quotidiane dinamiche che sono la nostra occasione per dare la vita. È «il martirio delle pazienze», come lo chiamava Madeleine Delbrêl, che sa trasformare i nostri piccoli gesti e doveri di ogni giorno, da qualcosa che subiamo, in gesti d’amore nei quali offriamo la nostra vita. Nel prologo della Passione di sant’Alessandro si invita, mentre si riflette sulle «eroiche gesta degne di imitazione», a «recidere, per così dire, la nostra pigrizia con la lama della carità» (dalla Passione di sant’Alessandro martire, Passio Prima).

Infine, un terzo elemento, ci è offerto dal tema scelto per la riflessione comune concordato quest’anno dall’amministrazione e dalla diocesi di Bergamo: la compassione. Compatire, “patire con” è stato il sentimento più alto che ha segnato questi mesi, propagandosi di casa in casa, di cuore in cuore. Tutti così lontani eppure incredibilmente vicini, nel dolore di ogni individuo che è diventato quello di una città intera. Quel “con” aggiunto a passione, ci riporta con forza alla dimensione comunitaria e collettiva dentro la quale siamo inseriti e che va costantemente e sempre di nuovo cercata e costruita, oltre ogni tentazione individualistica e autoreferenziale: «La compassione coinvolge, viene dal cuore e coinvolge e ti porta a fare qualcosa. Compassione è patire con, prendere la sofferenza dell’altro su di sé per risolverla, per guarirla. E questa è stata la missione di Gesù» (Papa Francesco, messa a Santa Marta, 16 gennaio 2020).

Bergamo, celebra il suo patrono ancora ferita, nell’incertezza che ancora abita questo periodo, ma certamente anche arricchita dai generosi esempi di bene di cui è stata testimone. Ora prega Alessandro per ricevere forza e protezione, ma anche per chiedere quella compassione che ci porta al centro del Cuore di Cristo.

di Mattia Tommasoni