Il chiostro di Sant’Orso ad Aosta tra rievocazione storica e funzionalità architettonica

Conflitto e riconciliazione

Il capitello centrale della galleria occidentale con l’abbraccio tra Giacobbe ed Esaù (XII secolo)
08 agosto 2020

Aosta è una città ricca di storia e di monumenti, e tra questi il chiostro di Sant’Orso occupa un posto speciale, per la qualità artistica e per il significato nella storia della Chiesa. Fin dal v secolo il clero aostano era diviso in due gruppi, uno polarizzato nella cattedrale e l’altro nel complesso basilicale fuori le mura, a oriente della città. Sull’onda lunga della riforma gregoriana, intorno al 1130 il vescovo Herbertus chiese al suo clero di assumere con più decisione il proprio ruolo ecclesiale di oranti. Dei due gruppi di canonici, fu quello fuori le mura a offrire la propria disponibilità, diventando un vero monastero sotto la regola agostiniana e affidando ad alcuni confratelli la pastorale e la cura dell’ospitale.

Questa riforma regolare necessitava di una trasformazione architettonica per passare da uno stile di vita indipendente a una nuova dimensione comunitaria e di clausura, il cui fulcro era il chiostro. Prima di questa trasformazione la chiesa aveva a meridione tre contrafforti e un edificio dotato di portico. Per realizzare un primo chiostro provvisorio, i contrafforti vennero eliminati e si costruirono le tre gallerie mancanti con supporti in legno, tranne i pilastri angolari che, dovendo sopportare le spinte maggiori, furono da subito in marmo bardiglio (in realtà si tratta di elementi di recupero, in stile lombardo).

Nel giro di un ventennio, con una situazione economica più florida rispetto agli inizi, fu progettato ed eseguito il chiostro istoriato, che resta quello meglio conservato del romanico europeo. Infatti, se si considerano anche i due capitelli istoriati ora conservati presso il museo di Palazzo Madama a Torino, non manca nessun elemento del programma iconografico. Vero è che il chiostro è stato smontato e rimontato più di una volta, perdendo in parte l’ordine originario, ma non è difficile ritrovare la logica, che segue in buona misura i drammi liturgici dell’epoca. Non si tratta di una logica circolare, perché il progetto dei capitelli istoriati riguarda solo tre gallerie su quattro. Le gallerie lunghe (nord e sud) vanno lette entrambe da est a ovest, e l’ultima, quella occidentale, è concentrica, culminando nel pilastrino centrale. La galleria nord veniva percorsa dalle processioni dei fedeli, che uscivano dalla chiesa al chiostro per una delle porte laterali e transitavano per la portineria, per poi rientrare dal portale principale della chiesa. È notevole la delicatezza dei canonici, che hanno evitato ogni scritta in questo lato del chiostro dove passavano in maggioranza analfabeti, mentre nelle altre due gallerie abbondano le iscrizioni e i riferimenti dotti. La porzione più significativa della galleria settentrionale presenta il ciclo dell’Incarnazione, secondo i drammi liturgici, dal peccato originale fino alla fuga in Egitto. Dal lato opposto, sempre partendo da est, il primo gruppo presenta l’inizio di una nuova storia, la vita regolare dei canonici. Si parte dalla data della riforma, l’anno 1132, per passare ai suoi protagonisti (reali o simbolici), tra i quali ha un posto particolare san Pietro apostolo: in abiti liturgici, non è il Pietro storico, ma il successore di Pietro, il Papa che ha preso sotto la sua diretta protezione la nuova comunità regolare, che da allora si chiama Collegiata dei SS. Pietro e Orso. Infatti, se all’inizio i canonici della cattedrale avevano approvato il cammino di impegno dei confratelli ursini, nel giro di poco l’approvazione era diventata opposizione, perché il cambiamento di stato richiedeva la divisione dei beni tra i due gruppi, cosa che mai avviene senza difficoltà. Il conflitto continuò per due decenni, fino al 1152, quando ci fu la riconciliazione e qualcosa di più: il prevosto della cattedrale si fece canonico di Sant’Orso e il priore ursino Arnolfo fu eletto vescovo di Aosta. Il tema del conflitto e della riconciliazione tra i confratelli spiega perché la galleria occidentale presenta il più sviluppato ciclo romanico di Giacobbe ed Esaù: il capitello centrale, che celebra l’abbraccio di pace dei due fratelli, con buona sicurezza si lega alla pace del 1152 e così data l’intero chiostro.

di Paolo Papone