Scontri e proteste nella capitale libanese mentre si scava ancora tra le macerie alla ricerca dei dispersi

Beirut, la rabbia e il dolore

Un bambino curato in un ospedale da campo allestito a Beirut (Ansa)
07 agosto 2020

Il presidente francese Macron annuncia una conferenza internazionale per gli aiuti


È il momento della rabbia e del dolore a Beirut, a circa 48 ore dalla terribile esplosione che martedì pomeriggio ha causato 157 morti e almeno 5.000 feriti. La scorsa notte una violenta protesta antigovernativa è scoppiata nella zona del Parlamento della capitale libanese: lo scrive la Bbc online, che riporta «scontri tra decine di dimostranti e forze dell’ordine». La polizia ha lanciato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti scesi in strada per denunciare il malgoverno e la corruzione.

Intanto si continua a cercare tra le macerie nella speranza di trovare superstiti. Secondo la Croce rossa libanese, mancano ancora all’appello un centinaio di persone. Al lavoro, nella zona del porto, ci sono soccorritori e militari. Ruspe e gru lavorano senza sosta. «Stiamo facendo tutto il possibile perché crediamo possano ancora esserci persone vive intrappolate sotto le macerie, ma sinora abbiamo trovato solo resti di persone irriconoscibili» ha detto uno dei soccorritori al lavoro da 48 ore. E poi ha ammesso: «Alcuni Paesi stranieri stanno mandando soccorsi, ma potrebbe comunque essere troppo tardi per chi è intrappolato sotto le macerie». I familiari dei dispersi continuano a sperare vicino alla “ground zero” di Beirut, off-limits da martedì.

C’è poi da risolvere l’emergenza sfollati. L’esplosione ha infatti lasciato senza casa oltre 300.000 persone. E tra queste, secondo le stime dell’Unicef, il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, 80.000 sarebbero bambini.

L’esplosione ha danneggiato anche 12 strutture sanitarie primarie, centri di assistenza materna, neonatale e per le vaccinazioni, con un impatto sui servizi per quasi 120.000 persone. E ciò sta rendendo difficile la cura delle migliaia di feriti.

«Nelle ultime 24 ore, l’Unicef ha continuato a coordinarsi strettamente con le autorità e i partner sul campo per rispondere ai bisogni immediati delle famiglie colpite, concentrandosi sulla salute, l’acqua e il benessere dei bambini» ha dichiarato Violet Speek-Warnery, rappresentante Unicef in Libano.

Proseguono intanto le indagini su quanto accaduto. Tra le 16 persone arrestate ieri c’è anche il direttore generale del porto, Hassan Koraytem. La magistratura — secondo fonti di stampa — ha inoltre disposto il congelamento dei conti di 7 persone, tra cui lo stesso direttore del porto e il capo della dogana libanese, Badri Daher. Le autorità hanno interrogato più di venti funzionari portuali e doganali e altri coinvolti nei lavori di manutenzione del magazzino esploso.

«Ci sarà un prima e un dopo il 4 agosto 2020. Se il Libano si risveglia oggi sfinito e straziato, so che si risolleverà con tutto ciò che fa la sua forza e che ha fatto la sua forza durante il corso della sua storia. Ha le capacità di un rilancio. E lo dico nuovamente: noi ci saremo» ha dichiarato ieri il presidente francese, Emmanuel Macron, in un tweet postato in occasione della sua visita a Beirut, ieri.

«Sono qui per lanciare un’iniziativa politica» per chiedere ai dirigenti libanesi «di procedere con le riforme, un profondo cambiamento, la lotta alla corruzione» ha dichiarato il capo dell’Eliseo, che ha annunciato anche una conferenza internazionale per raccogliere fondi per la ricostruzione e il rilancio di Beirut. Sarà «una conferenza internazionale di sostegno e assistenza a Beirut e alla popolazione libanese per mobilitare finanziamenti internazionali da parte di europei, americani e di tutti i Paesi della regione e oltre» ha spiegato Macron parlando con i giornalisti a Beirut. Ogni finanziamento raccolto «sarà gestito con piena trasparenza». La videoconferenza — informa oggi Bruxelles — si terrà domenica e vi prenderanno parte anche i vertici Ue.

A lanciare un appello per la ricostruzione di Beirut è stato anche Mounir Khairallah, vescovo di Batroun, nel nord del Libano. Sulle pagine di «CattolicaNews», organo d’informazione dell’Università cattolica del Sacro Cuore, il vescovo ha scritto: «Noi libanesi, forti della nostra storia, dei nostri legami di amicizia con tanti Paesi e popoli nel mondo, della nostra fede, della nostra speranza, della nostra solidarietà e dei nostri valori comuni, noi siamo capaci di ricostruire Beirut per l’ennesima volta e di ricostruire il nostro caro Libano, come lo volevano i nostri padri, un Paese messaggio di libertà, di democrazia, di convivenza».