Videomessaggio del sottosegretario del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita indirizzato ai vescovi della Colombia

Una risorsa preziosa in tempo di pandemia

-S.S. Francesco - Sala Clementina: Pontificio Istituto 'Giovanni Paolo II' per Studi su Matrimonio e ...
09 luglio 2020

«Accompagnare» i matrimoni è la parola chiave. Con due finalità pastorali essenziali: «Aiutare gli sposi a comprendere, a scoprire il valore profondo del sacramento nuziale, che è segno della presenza di Cristo nella loro vita», e «affiancarli e sostenerli nell’educazione dei figli». È questa una delle indicazioni di fondo suggerita da Gabriella Gambino, sottosegretario del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, ai presuli della Conferenza episcopale colombiana, impegnati dal 6 all’8 luglio nella loro 110ª assemblea plenaria sul tema «Al servizio del Vangelo, per la speranza della Colombia».

In un videomessaggio inviato lunedì 6 ai vescovi riuniti in modalità virtuale, Gambino — a partire dalla sua personale «esperienza di sposa e madre» — ha indicato priorità e obiettivi della pastorale familiare, ricordando anzitutto che «in questo tempo di pandemia le famiglie in tutto il mondo hanno dimostrato di essere la risorsa più importante della società». Infatti, «con la loro resilienza si sono trasformate in una forza motrice e diffusiva del senso di responsabilità, solidarietà, della condivisione e dell’aiuto reciproco nella difficoltà». Esse «sono e continuano a essere un grande ammortizzatore economico, sociale ed educativo». E per questo non possono essere lasciate sole. Oggi, dunque, «la pastorale familiare sta davanti a una grande sfida»: quella di «mostrare alle nuove generazioni che la famiglia non è solo fatica e difficoltà, ma gioia, vocazione e via di felicità».

A partire da queste premesse, Gambino ha ricordato anzitutto che «come sacramento», i coniugi «sono Chiesa domestica». Cosa significa questo concretamente nella vita quotidiana? La risposta è chiara e chiama alla responsabilità educatori e guide spirituali: è necessario aiutarli «a scoprire il potere della presenza di Cristo nelle loro sfide di ogni giorno». È proprio quello che Papa Francesco ha chiesto di fare con l’Amoris laetitia: un’esortazione apostolica «piena di risposte» che gli operatori pastorali, «insieme agli sposi», possono «trovare per le difficoltà della loro vita quotidiana».

Bisogna includerli «come protagonisti nella pastorale familiare — ha esortato ancora Gambino — perché attraverso il sacramento e il loro essere famiglia, sono essenziali per edificare la Chiesa, sono testimoni per tante famiglie». Insieme agli sposi, ha detto rivolgendosi ai vescovi, «potete contribuire a edificare la Chiesa nella corresponsabilità pastorale».

Una delle preoccupazioni più grandi delle famiglie oggi è l’educazione. «Dobbiamo dedicare le nostre energie — ha insistito Gambino — a comprendere come possiamo accompagnare i genitori» di fronte alle sfide di una società «dominata da una tecnologia diffusa, che allontana i giovani dalle autentiche relazioni umane, da un modo di vivere la sessualità che non li aiuta a comprendere il valore del corpo e la donazione di se stessi nel matrimonio e nella famiglia».

C’è bisogno, insomma, di «rivedere la metodologia e i contenuti della preparazione dei giovani al matrimonio, con una preparazione che non solo sia immediata e vicina alla celebrazione del matrimonio, ma “remota”». Se l’obiettivo di ogni pastorale familiare è di aiutare i genitori «a insegnare ai nostri figli ad amare il matrimonio e a progettare la loro vita come una vocazione» — perché il matrimonio «è una chiamata “di due in due”, come i discepoli, ad amare e servire Cristo nella famiglia e nella comunità» — allora, secondo Gambino, «si deve parlare loro della bellezza della vocazione nuziale già dall’infanzia fino al catechismo». In questo senso diventa utile «una pastorale trasversale, che unisca la pastorale dell’infanzia e la catechesi di preparazione ai sacramenti nella pastorale giovanile vocazionale e nella pastorale familiare».

Del resto, fin dal 2017 Papa Francesco parla della necessità di «stabilire itinerari catecumenali per la vita matrimoniale». Un impegno urgente se si considera che «il matrimonio è la vocazione della maggior parte degli uomini delle donne nel mondo», eppure «ogni volta ci sono meno giovani che si sposano, e quasi la metà dei matrimoni finiscono nei primi dieci anni di vita in comune». Non bisogna lasciare, allora, che «la comprensione profonda di questo cammino di santità per i fedeli laici» sia «casuale». Decidere di sposarsi e di generare figli, infatti, «non è come scegliere un lavoro o comprarsi una casa». Unirsi in matrimonio con un’altra persona, ha ribadito Gambino, «è una vocazione, è una risposta a una chiamata di Dio», e come tale va presentata ai propri figli.

Anche per questo, «il catecumenato al matrimonio, come itinerario — ha affermato — si deve continuare, per lo meno, nei primi dieci anni della vita matrimoniale». La pastorale familiare, del resto, deve farsi carico proprio «degli anni più ardui per una coppia, quando nascono i figli, cambiano i ritmi e i ruoli, e noi ci convertiamo in genitori ed educatori senza che nessuno ci dica come esserlo».

Nella parte conclusiva del suo intervento Gambino ha accennato poi al tema della terza età, invitando a «dare spazio a un impegno pastorale con le persone anziane e le persone più fragili dentro le famiglie». In una società in cui «la presenza delle persone anziane statisticamente è tanto numerosa, dobbiamo imparare — ha raccomandato — a riconoscere il valore di questa presenza». Esse «sono la grande parte del popolo di Dio»; dunque, «dobbiamo aiutarli a riscoprire la ricchezza della loro vocazione battesimale e a essere attori della nuova evangelizzazione, valorizzando i loro doni e carismi, come anche la loro straordinaria capacità di pregare e trasmettere la fede ai giovani». Allo stesso tempo, ha aggiunto, «dobbiamo curare la loro spiritualità; non li lasciamo soli, né materialmente né spiritualmente».

In conclusione Gambino ha espresso ai vescovi colombiani la speranza che, grazie al loro munus sanctificandi, «possano dar vita a una pastorale familiare capace di mostrare che la famiglia è veramente una vocazione e un cammino di santità».