Il Piccolo di Milano mette in scena il monologo «La vedova Socrate»

Santippe, ovvero la sopravvissuta

Franca Valeri nel monologo «La vedova Socrate»
30 luglio 2020

«Rubare? Non ho mai rubato mai niente in vita mia» sorride Franca Valeri, allegramente altezzosa, alternando indignazione autentica e collera simulata. E riuscendo a trasformare persino un’intervista “di routine” in una improvvisazione teatrale, come succede spesso agli attori che si sentono più a loro agio sotto i riflettori che a casa. «La smania di frugare nelle tasche altrui — continua Valeri (o meglio, Norsa, il suo vero cognome) è la vera ragione di questa decadenza terribile. Le ho inventate, o al massimo prese in prestito le mie battute. Conoscevo i miei polli, come si dice». È un brano tratto da un dialogo con «L’Osservatore Romano» di qualche anno fa, avvenuto a margine di un incontro organizzato dal Vicariato di Roma, della serie Frammenti di bellezza. Titolo adeguato a celebrare la lunghissima, luminosa carriera di una fuoriclasse del teatro, dato che di frammenti di bellezza la signora Valeri ce ne ha regalati davvero moltissimi, sul grande schermo, in palcoscenico o in platea come regista, alla scrivania della sua casa immersa nel verde a Trevignano, alle prese con libretti d’opera, copioni teatrali e raccolte di scritti comici dalla raffinata, perfida ironia. «Scrivere una commedia non è difficile. Basta cominciare, i personaggi poi mi vengono incontro» spiegava Valeri, con candida civetteria, in quel placido pomeriggio del 2013 a Santa Maria in Montesanto, durante il rito del firmacopie, a chi le chiedeva il segreto di una creatività pressochè inesauribile. Per rendere omaggio alla Valeri autrice teatrale, il Piccolo di Milano metterà in scena uno dei suoi monologhi più divertenti, La vedova Socrate a partire dal suo centesimo compleanno, il 31 luglio. Stessa data per il debutto, in forma studio, del dialogo immaginario Franca, come te solo la Valeri, scritto e interpretato dall’attrice padovana Lucia Schierano, e per Auguri Franca! con Paola Lorenzoni, nella sua Trevignano. A dare voce e volto a Santippe (la vedova Socrate appunto) sarà Lella Costa, trasformando le invettive della bisbetica per antonomasia in una “normale” rassegna delle contraddizioni e delle pietre di inciampo che non mancano in nessun matrimonio. Una Santippe in cui la Valeri ha voluto tracciare il suo identikit di “sopravvissuta” carica di tante primavere, e (forse) anche una malinconica profezia su se stessa: vedova due volte, quasi centenaria, ha l’onore (ma anche anche l’onere) di essere «quella che resta quando tutti se ne sono andati».

di Silvia Guidi