Campagna dell’episcopato brasiliano a favore dell’Amazzonia

Per fermare violenze e soprusi

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28 luglio 2020

L’attuale crisi socio-ambientale che sta attraversando la regione amazzonica è sulla soglia di «un punto di non ritorno». Una serie di pratiche predatorie basate sull’idea che le risorse siano inesauribili e che la foresta non abbia alcun valore stanno conducendo lentamente alla morte il più grande polmone verde della terra. L’allarme è stato lanciato, lunedì, durante la presentazione della campagna “Amazzoniza-te” (“Amazzonizza te stesso”) promossa dalla Conferenza episcopale del Brasile (Cnbb).

Secondo l’esperta Ima Vieira, ricercatrice del Museu Paraense Emílio Goeldi e consulente di Repam Brasile (Rete ecclesiale panamazzonica), intervenuta nel corso dell’evento in modalità webinar, «la deforestazione ha raggiunto il 25 per cento con il conseguente rischio di impoverimento della biodiversità che non potrà mai essere recuperato».

Saranno tre le grandi questioni sulle quali si articolerà la campagna, che vede tra gli altri, la collaborazione di diversi organismi ecclesiali e civili: «vulnerabilità delle popolazioni indigene e delle comunità tradizionali al contagio da coronavirus, con particolare attenzione alle carenze delle strutture sanitarie pubbliche nella regione; accelerazione della distruzione del bioma amazzonico a causa dell’aumento incontrollato della deforestazione, degli incendi, dell’invasione dei territori indigeni e delle comunità tradizionali da parte delle multinazionali e degli effetti delle dighe idroelettriche sulle popolazioni fluviali; violazione sistematica della legislazione sulla protezione dell’ambiente e  smantellamento delle agenzie governative per espandere illegalmente le attività minerarie, la deforestazione e l’allevamento intensivo».

«La campagna vuole essere attenta al contesto attuale — spiega suor Maria Irene Lopes, segretaria esecutiva di Repam-Brasile — in cui la violenza contro i popoli tradizionali amazzonici è aggravata dalla pandemia di covid-19» e in cui si registrano «la deforestazione, gli incendi, l’intensificazione delle attività estrattive», che rappresentano «ulteriori fattori di contagio del coronavirus tra le comunità indigene».

I dati delle persone infette da covid-19 nel Paese sudamericano continuano a preoccupare non solo il governo nazionale, ma anche l’Organizzazione mondiale della sanità che ha lanciato numerosi appelli per mantenere alta l’attenzione. Secondo i dati della John Hopkins University, i contagiati sono poco meno di 2.500.000, mentre i decessi hanno superato gli 87.600.

«L’Amazzonia — ha affermato il presidente della Conferenza episcopale brasiliana, monsignor Walmor Oliveira de Azevedo, arcivescovo di Belo Horizonte, intervenuto al lancio della campagna — è molto importante per il suo popolo, la sua storia, per la fede cristiana che vi è stata coltivata». Di qui, l’appello del presule ad «amazzonizzare se stessi» col cuore e con la testa.

Inoltre, l’intero episcopato, nel proporre la partecipazione attiva di tutti i popoli in difesa dell’Amazzonia, del suo bioma e dei suoi abitanti minacciati nei propri territori, ha ricordato «una realtà di tante vite offese, espulse dalle loro terre, torturate e uccise in conflitti agrari e socio-ambientali, vittime di una politica guidata dagli affari e da grandi progetti di sviluppo economico che non rispettano i limiti della natura e della sua salvaguardia».

Proseguendo il cammino intrapreso dal Sinodo speciale per l’Amazzonia, svoltosi in Vaticano nell’ottobre del 2019, dunque, la campagna “Amazzoniza-te” vuole porre al centro della riflessione la questione di questa grande area verde e i rischi che essa corre, incluso quello della «distruzione dell’identità culturale».

Da ricordare che il neologismo “amazzonizzarsi” è stato usato per la prima volta nel 1986, in una lettera pastorale dell’allora vescovo di Rio Branco, monsignor Moacyr Grechi che, in quell’occasione, invitò i fedeli ad abbracciare la causa dell’Amazzonia e la difesa dei suoi popoli.