La proposta dell’affidamento a comunità, famiglie o singoli tutor

Misure alternative alla detenzione dei migranti

A migrant looks out from behind the bars of a cell at a detention centre in Libya, Tuesday 31 ...
04 luglio 2020

«Chiunque desideri chiedere protezione internazionale o presenti segni di problemi di salute fisica o mentale o di essere stato vittima del traffico di esseri umani non dovrebbe mai essere detenuto in relazione al proprio status migratorio». È dedicato alle misure alternative alla detenzione dei migranti uno dei tre documenti su questioni migratorie ai tempi del covid-19 prodotti dalla Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, all’interno del lavoro della Commissione vaticana covid-19. Gli altri due riguardano la regolarizzazione e l’accesso al territorio dei richiedenti protezioni internazionali.

«La detenzione dei migranti, quando viene utilizzata, dovrebbe essere adoperata come misura amministrativa. In effetti, la maggior parte degli organismi internazionali considera sproporzionata la criminalizzazione dell’ingresso irregolare e raccomanda che sia considerata un’infrazione amministrativa» si legge nel documento. In tempo di pandemia, prosegue, «desta preoccupazione il fatto che la diffusione del virus abbia accresciuto e moltiplicato in maniera drammatica sfide, debolezze e abusi che caratterizzano la maggior parte dei centri di detenzione nel mondo: violenza cronica, sovraffollamento, accesso limitato ai servizi di base, compresa l’assistenza sanitaria, e una diffusa e disumanizzante mancanza di rispetto».

Da qui la Sezione migranti e rifugiati raccomanda l’adozione in modo sistematico di misure non custodiali alternative alla detenzione dei migranti. «Da non confondere con forme alternative di detenzione» specifica il documento. «Ad esempio, il rilascio su cauzione, la comparizione periodica presso le autorità e la cavigliera elettronica a volte compromettono l’efficacia dei programmi non custodiali e, ove possibile, dovrebbero essere evitati».

Piuttosto si dovrà puntare a programmi di collocamento per migranti irregolari a carico delle comunità. «L’istituzionalizzazione di schemi differenziati volti a collocare i migranti irregolari all’interno di singole famiglie, centri di accoglienza gestiti dalla comunità o programmi di alloggi autogestiti spesso rappresentano una garanzia di successo». Ovviamente tutti i programmi di collocamento dovrebbero essere considerati temporanei e orientati alla ricerca di una soluzione alla situazione irregolare dei destinatari, che si tratti della regolarizzazione definitiva del loro status o del loro rimpatrio.

Secondo padre Fabio Baggio, sotto-segretario della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, «esistono di fatto alternative molto efficaci, peraltro già sperimentate in diversi Paesi, che puntano sull’affidamento a comunità, a famiglie o a singoli tutor. L’obiettivo è quello di accompagnare queste persone e predisporle verso la regolarizzazione o, in altri casi, il rimpatrio. Dovrebbero sempre essere avviati programmi speciali di collocamento per i minori e le loro famiglie, per i richiedenti protezione internazionale e per chi presenti segni di problemi di salute fisica o mentale o di essere stato vittima del traffico di esseri umani».

di Davide Dionisi