Undici morti nelle proteste antigovernative

Mali sull’orlo del baratro

People run away at the arrival of the riot police as protesters set barricades to block the ...
13 luglio 2020

Il Mali è sull’orlo del baratro, dopo un fine settimana di disordini mai visti negli ultimi anni nella capitale. Nel Paese del Sahel, soffocato dalla crisi economica e ostaggio del terrorismo jihadista, l’opposizione si è riversata nelle strade a Bamako per due giorni consecutivi con numeri imponenti, sotto la guida di Mahmoud Dicko, chiedendo le dimissioni del capo dello Stato, Ibrahim Boubacar Keita. La protesta è degenerata in scontri con le forze di sicurezza, che hanno provocato almeno 11 vittime civili e decine di feriti.

L’insoddisfazione nei confronti del 75enne presidente Keita, al potere da 7 anni, è cresciuta in modo esponenziale dopo le contestate elezioni legislative di marzo e aprile. Da quel momento una coalizione eterogenea di leader religiosi, personalità del mondo della politica e della società civile si è radunata attorno all’imam Dicko, un 66enne ex professore di arabo, formatosi in Arabia Saudita e Mauritania. Potendo contare su un vasto consenso, Dicko è diventato il catalizzatore contro il regime di uno dei Paesi più poveri del mondo, dove la corruzione e la violenza interetnica dilagano. E dove non si riesce a respingere l’assalto dei miliziani jihadisti legati ad al Qaeda e all’sedicente stato islamico (Is), che dal 2012 hanno ucciso migliaia di soldati e civili, con centinaia di migliaia di sfollati. Nonostante l’intervento di una coalizione militare internazionale.

Venerdì scorso l’imam Dicko ha lanciato un appello per manifestazioni. Migliaia di persone, per la terza volta in un mese, si sono quindi radunate attorno alla sua moschea per la preghiera e per ribadire che il presidente «deve andarsene». Poi però è scoppiato il caos. Alcuni manifestanti hanno tentato di occupare la tv pubblica e hanno bloccato due ponti, appiccando incendi alle auto. Le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco ed almeno 4 civili sono rimasti uccisi. Gli scontri sono proseguiti anche il giorno dopo, altri civili sono morti. Durante i disordini 4 leader dell’opposizione sono stati arrestati.

A questo punto, il governo ha promesso riforme aperta alle istanze dell’opposizione. Il presidente Keita, con un ulteriore gesto di apertura, ha sciolto la corte costituzionale. L’organo era stato accusato dall’opposizione di aver pilotato l’esito delle elezioni di primavera a favore del partito al potere.

Anche Dicko ha cercato di raffreddare gli animi, chiedendo ai suoi di «non provocare e non attaccare nessuno; per favore, mantenete la calma». Tuttavia, non è detto che l’ala più estrema del movimento decida di seguire questo appello.