Oltre 180 vittime nel primo semestre dell’anno

Le mine fanno strage in Colombia

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14 luglio 2020

Almeno 181 persone sono morte in Colombia nel primo semestre dell’anno a causa delle mine antiuomo. Lo riferisce il Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr), precisando che le vittime civili sono state 126, tra cui 17 minori, mentre tra le forze dell’esercito e tra i gruppi della guerriglia si registrano 55 morti.

«Le conseguenze umanitarie del conflitto e della violenza armata in Colombia non si sono fermate», soprattutto nelle zone un tempo controllate dalle Farc, ha affermato Ana Hernández, coordinatrice dell’Unità sulla contaminazione da armi del Cicr. «Il numero di vittime di ordigni esplosivi è una cifra scioccante e dolorosa» ha aggiunto. Il Cicr ha anche messo in rilievo le conseguenze della contaminazione delle mine sulla popolazione civile colombiana. «Ci sono altre conseguenze come il confinamento delle comunità in cui non ci sono registrati incidenti. Molte persone non possono infatti accedere ai servizi, non possono raggiungere le zone agricole, non possono andare a scuola».

Ci sono poi le conseguenze, fisiche e psicologiche, di quanti rimangono feriti dagli ordigni antiuomo. Sono conseguenze che, naturalmente, non influiscono solo sulla vita delle vittime ma anche su quella delle loro famiglie. E questa realtà, rileva Hernández, amplifica la tragedia vissuta dalle comunità.

In questo periodo, con la situazione di emergenza creata dalla pandemia di covid-19, le condizioni di vita delle famiglie delle vittime — che spesso hanno perso ogni fonte di sostentamento — sono profondamente peggiorate. La Croce rossa si sta quindi impegnando anche a fornire un sostegno economico.

Il Comitato internazionale della Croce rossa ha dichiarato che si sono verificati «incidenti con dispositivi esplosivi» in 14 dei 32 dipartimenti del paese, di cui Antioquia, Norte de Santander, Nariño e Cauca sono stati i più colpiti, con il 78 per cento delle vittime.