Il Centro Betlemme in Camerun

La paziente tessitura dell’amore

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30 luglio 2020

Le molteplici forme della dedizione, dell’accudimento, della custodia generano grembi ospitali nei quali trovano riparo e riprendono vita quanti — prostrati da sofferenza, abbandono, avvilimento — aspettano il tocco della tenerezza di Dio e gesti di liberazione dal male. Sono grembi benedetti capaci di trasmettere il calore della presenza di Dio. Uno — il Centro Betlemme — sorge a Muoda, villaggio nell’estremo nord del Camerun, vasto territorio diventato “zona rossa” a causa della presenza dei terroristi di Boko Haram.

È il 1990 quando padre Danilo Fenaroli, trentenne missionario del Pime (Pontificio istituto missioni estere) giunge in Camerun: ben presto si accorge del grave stato di abbandono nel quale vivono i giovani disabili fisici e mentali, considerati dalla popolazione vittime di maledizione. Nel nord non esiste alcun centro dedicato a loro. Padre Danilo decide quindi di dar vita a una struttura dallo stile familiare che possa accoglierli e assisterli: nel 1997 nasce il Centro Betlemme. «Non volevo però creare una realtà riservata ai soli disabili perché sarebbe stata considerata un ghetto da cui la popolazione si sarebbe tenuta a distanza», dice il missionario, «per questa ragione, sin dall’inizio il Centro è stato aperto all’accoglienza di altri bambini in difficoltà e alla promozione di attività formative per i giovani, attività capaci di essere fonte di sviluppo». Attualmente il Centro — che è stato riconosciuto dal Ministero degli affari sociali ed è una delle quattro strutture in tutto il Paese riconosciute “di pubblica utilità” dal presidente della Repubblica del Camerun — si estende su un’area di 45 ettari e comprende anche una fattoria: dà accoglienza a 75 bambini e ragazzi disabili che vengono accuditi con competenza e dedizione e, anche grazie alle attività di riabilitazione e fisioterapia, nel corso degli anni migliorano acquisendo sempre maggiore autonomia. Nel Centro vivono anche 70 neonati orfani di mamma (morta durante o subito dopo il parto) che sono amorevolmente seguiti prima di tornare, dopo due anni, nelle famiglie di origine. Inoltre, in questa grande famiglia sono accolti trenta pastorelli orfani che crescono sereni e frequentano la scuola elementare interna, una scuola inclusiva che accoglie anche 50 bambini disabili (sordi) e una ventina di bambini provenienti dai villaggi vicini. Vi è anche un asilo frequentato dai piccoli residenti nel Centro e da 80 bambini che abitano in due villaggi della zona. Per nove mesi all’anno, inoltre, qui sono ospitati 150 giovani che frequentano i corsi promossi da padre Danilo: falegnameria, saldatura, edilizia, tintura, scultura, taglio e cucito, cuoio, allevamento e agricoltura. I giovani seguono lezioni pratiche al mattino mentre nel pomeriggio si dedicano a corsi teorici (diritti e doveri dei cittadini, economia familiare, salute e prevenzione, informatica). Complessivamente il Centro Betlemme è una grande famiglia composta da oltre 300 bambini e giovani seguiti da 180 operatori: insegnanti, medici, fisioterapisti, infermieri, assistenti sociali. «Vogliamo proteggere e accudire questi nostri figli e aiutarli a costruire un futuro buono», sottolinea padre Danilo, che aggiunge: «Al pari di ogni famiglia non viviamo ripiegati su noi stessi, ma siamo aperti agli altri: infatti, oltre ai bambini della zona che frequentano le nostre due scuole, c’è chi ogni giorno viene qui per farsi assistere nel nostro centro di riabilitazione e chi per ordinare mobili e altri oggetti realizzati dai giovani; c’è chi ci raggiunge da Maroua (città a 30 chilometri di distanza) per far visita ai nostri bambini, e chi per acquistare i prodotti della fattoria. Questi continui incontri hanno contribuito a costruire buoni legami e a cambiare lo sguardo della popolazione sulla disabilità, anche se la nostra struttura continua a essere l’unica, nel nord del Camerun, pensata per le persone con handicap».

Mosso dal desiderio di assicurare un futuro stabile al Centro, nel 2003 padre Danilo (insignito dal presidente della Repubblica italiana del titolo di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia) ha deciso di condividere la responsabilità della sua opera con l’associazione internazionale dei Silenziosi operai della Croce. Insieme stanno progettando nuove iniziative: oltre a proseguire con l’attività di perforazione nei villaggi per installare pozzi d’acqua, nella città di Maroua — dopo aver aperto una casa che ospita ragazze madri, una scuola materna e un centro diurno per disabili — stanno pensando di creare una scuola primaria in grado di accogliere bambini disabili e in difficoltà. «Il nostro obiettivo è sempre lo stesso», afferma padre Danilo: «Ideare iniziative e strutture per far sentire benvoluti e amati tutti coloro che patiscono avvilimenti e vivono ai margini della società».

Le cose dell’amore funzionano così: rammendano il mondo, lo migliorano, lo abbelliscono, rendendolo una casa in cui diventa bello per tutti abitare.

di Cristina Uguccioni