Scoperto il luogo dove l’artista realizzò «Radici di albero», dipinto il giorno della sua tragica morte

L’ultimo quadro

«Radici di albero» (1890)
29 luglio 2020

Da tempo i critici d’arte stavano cercando di svelare il “segreto” di van Gogh, ovvero il segreto dell’ultimo quadro, composto poche ore prima della morte. Riferisce il «Guardian» che Wouter Van der Veen, uno dei massimi specialisti del pittore olandese, ha individuato ad Auivers-sur-Oise, vicino a Parigi, il luogo esatto che ispirò la tela intitolata Radici d’albero. Si tratta di una scoperta che contribuisce a gettare un’ulteriore luce sulle ultime ore dell’artista, morto suicida. La scoperta si lega a un concorso di circostanze. Durante il lockdown Van der Veen, direttore dell’Institute Van Gogh, bloccato in casa, ha cominciato a mettere un po’di ordine tra le carte. «Qualche mese prima — racconta — avevo scannerizzato vecchie cartoline postali degli anni 1900-1910 di un’anziana signora di Auvers. Sullo schermo ce ne era una con un ciclista fermo sul lato di un sentiero, oggi la rue Daubigny. Il mio sguardo è rimasto colpito da un albero con le sue radici. Ho avuto subito l’impressione di aver già visto quell’immagine». Per due giorni l’esperto ha ingrandito quello scatto in tutti i modi, mettendolo a confronto con il quadro di van Gogh. Poi è andato sul posto a controllare. «Da principio — ammette — ero un po’ perplesso, poi mi è sembrato che tutto concordasse». Infatti quelle radici dipinte dell’artista era ancora lì, in quel luogo di Auvers. Non meno significativo è il rilievo fatto dall’esperto il quale afferma che il quadro è stato dipinto il giorno stesso della morte di van Gogh. «L’artista aveva l’abitudine di lavorare — spiega — nei pressi dell’auberge Ravoux, dove aveva una stanza. Possiamo pensare che abbia cominciato a lavorare sin dalla mattina e che abbia continuato fino a pomeriggio inoltrato, poiché la luce che illumina le radici è tipica di questa fase della giornata». Van Gogh sarebbe ripassato per la sua pensione per depositare il quadro e per poi riuscire una seconda volta. «Il suo suicidio, proprio in questo lasso di tempo, tra le 19 e le 21, — dichiara l’esperto — dimostra a mio avviso lo stato di lucidità in cui si trovava al momento di mettere fine ai suoi giorni». Insomma, tiene a puntualizzare Van de Veen, è «una situazione ben lontana dall’immagine che si è voluto tramandare di un uomo ubriaco, in preda alla follia».

di Gabriele Nicolò