Nel settimo anniversario della Gmg di Rio de Janeiro

I giovani, gli anziani e la profezia di Gioele

La nonna con la quale Francesco incrociò lo sguardo durante l’incontro con i giovani e le famiglie a Iaşi (1° giugno 2019)
24 luglio 2020

«Come è importante l’incontro e il dialogo tra le generazioni, soprattutto all’interno della famiglia». È il 26 luglio 2013, Papa Francesco si affaccia dal balcone dell’arcivescovado di Rio de Janeiro. Ad ascoltarlo, per la recita dell’Angelus, ci sono migliaia di giovani di tutto il mondo venuti in Brasile per la Giornata mondiale della gioventù, il primo viaggio apostolico internazionale del Papa eletto il marzo prima. Quel giorno la Chiesa celebra i santi Gioacchino e Anna, i genitori della Vergine Maria, i nonni di Gesù. Francesco coglie così l’occasione per sottolineare — riprendendo il Documento di Aparecida a cui da cardinale aveva tanto lavorato — che «i bambini e gli anziani costruiscono il futuro dei popoli; i bambini perché porteranno avanti la storia, gli anziani perché trasmettono l’esperienza e la saggezza della loro vita».

Giovani e anziani, nonni e nipoti. Questo binomio diventa una delle costanti del Pontificato attraverso gesti, discorsi, udienze e “fuori programma”, in particolare nei viaggi. Sono loro, i giovani e gli anziani, constata amaramente Francesco, ad essere spesso le prime vittime della “cultura dello scarto”. Ma sono sempre loro che insieme, e solo se insieme, possono avviare cammini e trovare spazi per un futuro migliore. «Se i giovani sono chiamati ad aprire nuove porte — osserva il Papa nella messa per i consacrati, il 2 febbraio 2018 — gli anziani hanno le chiavi», «non c’è avvenire senza questo incontro tra anziani e giovani; non c’è crescita senza radici e non c’è fioritura senza germogli nuovi. Mai profezia senza memoria, mai memoria senza profezia; e sempre incontrarsi».

Per Francesco, il terreno d’incontro tra i giovani e gli anziani è quello dei sogni. Per certi versi, sembrerebbe una convergenza sorprendente quasi improbabile. Eppure come anche l’esperienza vissuta a causa della pandemia ci ha mostrato, è proprio il sogno, la visione del domani, che ha tenuto e tiene uniti coloro, nonni e nipoti, che sono stati improvvisamente separati aggiungendo un ulteriore fardello al gravame dell’isolamento. Del resto, questo centrarsi sulla dimensione del sogno è stato lungamente meditato dal Papa ed ha un profondo radicamento biblico. Francesco ama, infatti, più volte ricordare quanto ci insegna il profeta Gioele in quella che, dice, «ritengo essere la profezia dei nostri tempi: “I vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni” (3, 1) e profetizzeranno».

Chi se non i giovani, si chiede il Papa, possono prendere i sogni degli anziani e portarli avanti? Significativamente, durante il Sinodo dedicato alla gioventù celebrato nell’ottobre del 2018, ha voluto che si vivesse un evento speciale sul dialogo tra le generazioni, l’incontro «La saggezza del tempo» all’Istituto Patristico Augustinianum. In tale occasione, rispondendo agli interrogativi di giovani e anziani su questioni di attualità per la Chiesa e per il mondo, Francesco ha esortato a «difendere i sogni come si difendono i figli», annotando che «le chiusure non conoscono gli orizzonti, i sogni sì». Il Papa, anziano anche lui, ha affidato ai giovani una grande responsabilità. «Tu — ha detto rivolgendosi idealmente ad ogni ragazzo — non puoi portarti tutti gli anziani addosso, ma i loro sogni sì, e questi portali avanti, portali, che ti farà bene». E sempre in quell’incontro, ha messo l’accento sull’empatia, qualcosa che oggi, alla luce della drammatica esperienza della pandemia, appare ancora più necessaria. «Non si può — avvertiva — condividere una conversazione con un giovane senza empatia». Ma dove trovare oggi questa risorsa di cui abbiamo tanto bisogno per andare avanti? Nella vicinanza, è la risposta del Papa. Un bene prezioso, come abbiamo sperimentato in questi mesi in cui, tale dimensione fondamentale dell’esistenza, è stata improvvisamente “sospesa” a causa del virus. «La vicinanza fa miracoli», ne è convinto il Papa, «vicinanza a coloro che soffrono», «vicinanza ai problemi e vicinanza tra giovani e anziani». Una vicinanza che, alimentando la «cultura della speranza», ci immunizza dal virus della divisione e della sfiducia.

Il Papa torna a riferirsi a questo legame in uno dei suoi ultimi viaggi apostolici, quello compiuto in Romania nel giugno dell’anno scorso. È qui che Francesco viene toccato da un’immagine, mentre si trova a Iaşi per l’incontro con i giovani e le famiglie del Paese. È lui stesso a confidare la gioia per un incontro inatteso, quello con un’anziana. «Nelle braccia — afferma il Papa — aveva il nipote, più o meno di due mesi, non di più. Quando sono passato me lo ha fatto vedere. Sorrideva, e sorrideva con un sorriso di complicità, come dicendomi: “Guardi, adesso io posso sognare!”». Un incontro di sguardi di pochi secondi che emoziona il Papa, sempre attento a cogliere nell’altro una scintilla che, travalicando i limiti del momento, si fa dono e messaggio per tutti. «I nonni — commenta — sognano quando i nipoti vanno avanti, e i nipoti hanno coraggio quando prendono le radici dai nonni».

Radici e sogni. Non può esserci l’uno senza l’altro, perché l’uno è per l’altro. E questo vale certamente oggi più che in passato, perché urge una “visione d’insieme” che non lasci nessuno escluso. Francesco lo evidenzia in una intervista alle riviste anglofone «Tablet» e «Commonweal» nel momento più cupo della pandemia in Europa. Per il Papa, che si sofferma sul senso di quello che stiamo vivendo in questo drammatico 2020, la tensione tra vecchi e giovani «deve sempre risolversi nell’incontro». Il giovane, ribadisce, «è germoglio, fogliame, ma ha bisogno della radice; altrimenti non può dare frutto. L’anziano è come la radice». Ancora una volta richiama la «profezia di Gioele». Agli anziani di oggi, spaventati da un virus che spezza la vita e soffoca la speranza, Francesco chiede un surplus di coraggio. Forse quello più arduo: il coraggio di sognare. «Volgete lo sguardo dall’altra parte — esorta il Pontefice che crede nella “saggezza del tempo” — ricordate i nipoti e non smettete di sognare. È questo che Dio vi chiede: di sognare». Questo che stiamo vivendo, tra timori e sofferenze, ci dice con forza il Papa, «è il tempo propizio per trovare il coraggio di una nuova immaginazione del possibile, con il realismo che solo il Vangelo può offrirci». Questo è il tempo in cui la “profezia di Gioele” può diventare realtà.

di Alessandro Gisotti