Emozione estetica

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15 luglio 2020

Il processo di creazione artistica assume forme molto diverse. Ce ne rendiamo conto quando gli artisti accettano di raccontarsi. In questi racconti, oltre alle gioie, spesso intravediamo processi creativi faticosi e, in particolare, intravediamo delle lotte con la materia che è trasformata e ricreata, con le parole che acquisiscono nuovi significati, oppure con i suoni e i silenzi che confluiscono nelle composizioni musicali.

Attraverso la diversità dei processi creativi, l’artista racconta se stesso, comunica emozioni e pensieri e, più o meno esplicitamente, interviene nel dibattito sociale. Per lo spettatore, in una prospettiva simmetrica ugualmente diversificata, la percezione o il godimento di un’opera d’arte è un processo di comunione, alle volte non immediato, a causa della ricchezza dei significati che ci sono proposti, oppure a causa dell’ermeticità dei simboli con cui ci confrontiamo. Davanti all’opera d’arte, occorre accoglienza, umiltà, educazione dei sensi, sensibilità e disponibilità all’incontro, atteggiamenti che ci aiutano ad andare oltre le possibili difficoltà iniziali per farci entrare nel mistero della bellezza e della comunione, ovvero, nel mistero di ciò che mi hanno insegnato a chiamare “emozione estetica”. In questo senso, se la creazione artistica assume forme molto diverse, è ugualmente vero che la percezione di un’opera d’arte è così diversa quante le persone coinvolte.

I gesti della creazione artistica ci avvicinano al gesto creatore per eccellenza che è quello di Dio stesso. Siccome la creazione di Dio è un mistero che sveliamo lentamente, così la creazione artistica è un mistero in cui solo a poco a poco possiamo addentrarci. Perciò, avvicinare esperienza spirituale e creazione artistica è quanto mai urgente e necessario. Probabilmente, esso è il vero cammino per far fronte all’allontanamento tra gli artisti e la Chiesa, un divorzio che san Paolo VI e i suoi successori tanto si sono sforzati di superare, consapevoli che la via pulchritudinis è indissociabile dalla missione evangelizzatrice di tutti i battezzati.

Sono questi i pensieri che mi vengono in mente sfogliando queste pagine il cui filo rosso è la presentazione dell’episodio biblico della lotta di Giacobbe come paradigma della creazione artistica. Infatti, nella lotta di Giacobbe, c’è tenacia, superamento di sé, comunione, richiesta di benedizione... Nel dialogo tra l’artista, l’opera d’arte e chi la ammira questi atteggiamenti sono indispensabili e dovremmo essere grati a chi ci aiuta ad approfondire questo mistero di comunione, come capita in queste pagine. Perciò, la mia gratitudine va agli autori del libro e ai partecipanti al progetto interdisciplinare di cui esso è il frutto. In questo progetto interdisciplinare, nato all’interno della Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, hanno collaborato docenti, studenti e artisti, tutti quanti coinvolti in una “lotta di Giacobbe” che, nonostante le sue fatiche, per tutti è stata una conferma, una benedizione e un arricchimento. Di questa benedizione e arricchimento, siamo noi, lettori, adesso partecipi. Perciò, alla dottoressa Yvonne Dohna Schlobitten, la principale ideatrice e organizzatrice del progetto, vanno il mio riconoscimento e la mia gratitudine.

di Nuno da Silva Gonçalves