Messaggio del cardinale Turkson per la Domenica del mare

Difendere il lavoro e i diritti dei marittimi

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13 luglio 2020

Sarà dedicata al «mondo marittimo» la prossima intenzione di preghiera proposta dal Papa alla Chiesa universale. Lo ha annunciato il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, nel messaggio per la Domenica del mare 2020 celebrata il 12 luglio. «Tutte le comunità cattoliche del mondo saranno invitate a pregare per tutti coloro che lavorano e vivono del mare, tra cui i marittimi, i pescatori e le loro famiglie» ha spiegato il porporato, leggendo nell’iniziativa di Francesco una testimonianza della sua «grande preoccupazione» per l’umanità e per la Chiesa soprattutto in questo tempo di pandemia.

Proprio per questo il cardinale ha voluto assicurare ai marittimi e alle loro famiglie la vicinanza e la solidarietà di tutto il popolo dei credenti. «Non siete soli. Nessuno vi abbandonerà» ha ripetuto più volte nel messaggio, ribadendo che «i cappellani e i volontari della Stella Maris sono con voi ovunque voi siate, non necessariamente in cima alla passerella» — viste le limitazioni imposte dalla diffusione del coronavirus — ma anche attraverso una “cappellania virtuale” che «si tiene in contatto con voi mediante i social media». Essi, ha aggiunto, «saranno con voi nei prossimi mesi, quando la vostra capacità di resilienza sarà messa alla prova», e cercheranno di «rispondere ai vostri bisogni materiali e spirituali», soprattutto «alleviando le vostre preoccupazioni, difendendo il vostro lavoro e i vostri diritti e combattendo la discriminazione».

«Ci sentiamo angosciati e disorientati per l’incertezza del futuro» ha ammesso il porporato, che ha ricordato come la pandemia abbia costretto molti Paesi «a imporre un lockdown completo e a chiudere molte aziende». Anche in queste difficili condizioni, tuttavia, l’industria marittima «ha continuato a operare, aggiungendo così una moltitudine di sfide alla vita già di per sé problematica dei marittimi, mettendoli in prima linea nella lotta contro il coronavirus». Le navi che trasportano circa il 90 per cento dei prodotti «necessari per continuare a vivere normalmente in queste circostanze difficili» — come i prodotti farmaceutici e le attrezzature mediche — «hanno continuato a navigare». E prima di fermarsi del tutto, anche «l’industria delle crociere ha lottato per convincere i governi e le autorità portuali a tenere aperti i porti ove poter far sbarcare in sicurezza i loro ospiti», cercando «il modo di contenere la diffusione dell’infezione tra i passeggeri e gli equipaggi».

Resta il fatto che, nonostante il ruolo fondamentale svolto dai lavoratori del mare per l’«economia globale», le legislazioni «attuali e le politiche prevalenti li hanno appena considerati». Per questo, secondo il cardinale Turkson, la Domenica del mare rappresenta un’opportunità «per rivalutare il ruolo dei marittimi e ricordare alcune delle problematiche che incidono negativamente sulla loro vita, e che sono ora acutizzati dal sospetto e dalla paura del contagio».

Il porporato ha rimarcato la situazione drammatica dei membri degli equipaggi, che dopo i tanti mesi trascorsi a bordo si sono visti «estendere il periodo di lavoro». Con la conseguenza di «un aumento della fatica personale e di un’assenza prolungata dai loro cari». I centomila marittimi che ogni mese «completano il proprio turno contrattuale e sono ansiosi di tornare a casa», non hanno potuto farlo a causa del covid-19 e della chiusura dei confini. Di conseguenza, migliaia di lavoratori «pronti a partire per il necessario avvicendamento sono rimasti bloccati in hotel e dormitori in tutto il mondo, ridotti a elemosinare da istituti caritativi per le loro esigenze fondamentali».

Così, a causa dell’impossibilità di scendere a terra e «dell’accesso limitato al porto per effettuare visite a bordo», i marittimi sulla nave «soffrono isolamento e grave stress fisico e mentale», che porta molti membri dell’equipaggio «sull’orlo della disperazione fino ad arrivare, purtroppo, a suicidarsi». Vi sono situazioni, ha fatto notare il prefetto, in cui molti di loro, in condizioni mediche gravi e potenzialmente letali non correlate al covid-19, pur necessitando di cure mediche urgenti non possono accedervi. Inoltre, i marittimi tornati a casa dopo «un viaggio lungo e drammatico hanno dovuto essere sottoposti a quarantena» o hanno sofferto «discriminazione nel proprio Paese».

Ad aggravare questa già allarmante situazione è l’atteggiamento di alcuni armatori e agenzie di reclutamento senza scrupoli, che «usano la scusa della pandemia per revocare i propri obblighi», rifiutandosi di garantire «diritti lavorativi, salari adeguati e la promozione di ambienti di lavoro sicuri e protetti per tutti». Oltretutto, i primi tre mesi dell’anno hanno visto un aumento del 24 per cento di attacchi e di tentativi di sequestro da parte dei pirati rispetto allo stesso periodo del 2019, aggiungendo così «ulteriore ansia e apprensione a esistenze già sotto pressione».

La crisi determinata dalla pandemia rischia, insomma, di privare i lavoratori del mare della loro già precaria «forma di reddito». E questo per molti «significherà la perdita totale di guadagno e l’incapacità di assumersi responsabilità sociali e domestiche». Proprio per tale motivo la celebrazione della Domenica del mare risuona per i credenti come un invito «a esercitare “un’opzione preferenziale per i poveri” marittimi, una scelta a vivere in solidarietà con loro».