Tra emarginazione, volontà di riscatto e un furto in libreria

Billy vuole volare

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17 luglio 2020

Tradotto in italiano «Un falco per amico» di Barry Hines


Billy Casper e Kes. Un adolescente disadattato e un falco. L’amicizia tra uomo e animale, topos letterario da sempre vincente, assume in questa storia un risvolto tutt’altro che sentimentale e melenso. Il protagonista, un quindicenne già deviato con piccoli trascorsi criminali, trova il suo spazio di esistenza addestrando un giovane esemplare di falco, mentre il gheppio, lontano anni luce dallo stereotipo della belva addomesticata, resta una creatura feroce e selvatica a cui «non gliene importa niente di nessuno — spiegherà Billy al suo insegnante di storia — nemmeno di me. Per questo mi piace!».

Non una fiaba, non un libro da prendere alla leggera. Ma una scrittura complessa e un finale che lasciano il lettore con un dilemma irrisolto: esiste davvero la possibilità di riscatto per gli emarginati come Billy Casper?

Un falco per amico di Barry Hines è un romanzo del 1968, un classico della letteratura inglese pubblicato in Italia, nella traduzione di Massimo Ortelio, da Neri Pozza (Milano, 2020, pagine 192, euro 18). Una prova d’autore che non conosce tempo: già nel 1969 il regista Ken Loach ne aveva tratto il lungometraggio Kes per il cinema indipendente britannico. Rilanciato dalla Penguin nel 2000, nel Regno Unito ancora oggi è tra i romanzi più venduti di sempre.

Billy, adolescente problematico e irrequieto, frequenta con scarso profitto un istituto professionale in una cittadina mineraria del Nord dell’Inghilterra. Vive in un contesto di deprivazione affettiva: la madre, a sua volta vittima di una mentalità gretta e retriva, è poco attenta ai bisogni del ragazzo, mentre il padre, stufo dei continui tradimenti della moglie, è andato via di casa abbandonando il figlio. Tutto il mondo attorno a Billy è spietato: il quindicenne, di cui nessuno sembra occuparsi, è vessato quotidianamente dal fratellastro Jud e dai compagni di scuola. Nemmeno gli insegnanti sono teneri nei suoi confronti. Siamo negli anni Sessanta, il sistema scolastico britannico non brilla per egualitarismo e inclusione. Le punizioni corporali sono ancora il metodo prevalente di disciplina, ma più degli abusi fisici sono quelli morali a lasciare il segno nella vita del ragazzo: nessun adulto crede in Billy. Il suo destino è già scritto e nulla potrà cambiarlo: conclusa la scuola, andrà a lavorare in miniera, come tutti i ragazzi della sua stessa estrazione sociale.

Ma l’incontro con un pulcino di gheppio cambia le carte in tavola. Billy si scopre incredibilmente affascinato dalla bellezza e maestosità dei falchi. Esercitano su di lui un’attrazione così magnetica da fargli desiderare l’indesiderabile: studiare. Un furto in libreria e niente sarà più come prima. Il ragazzo legge, riflette, sperimenta. Diventa un esperto di falconeria e riesce a portare via dal nido un pulcino. In nome di questa nuova passione abbandona la strada criminale da poco intrapresa, comprende con meraviglia che per sconfiggere la noia e il senso di nullità c’è di meglio che delinquere. Ripudia la banda di ladruncoli di cui fa parte e smette di avere problemi con la giustizia. Trascorre l’estate ad ammaestrare il gheppio e la sua vita cambia improvvisamente prospettiva. Se ne accorge ben presto il suo insegnante di storia, il signor Farthing, l’unico a non reputare Billy un caso senza speranza, che lo invita durante una lezione a parlare del suo interesse per i falchi.

La performance di Billy è strabiliante: con lessico forbito e accurato (l’autore lascia intendere che nel mondo di Billy il linguaggio usato, sia a scuola sia con gli amici, è quello popolare dei sobborghi degradati), spiega ai suoi compagni come si fa ad ammaestrare un falco. Per la prima volta non è sotto i riflettori per una rissa o perché sbeffeggiato dagli insegnanti, ma perché ha qualcosa da dire, perché sa. Ha un pubblico che pende dalle sue labbra, dai suoi occhi, dal suo mondo. C’è un adulto — un insegnante — che lo apprezza e lo incoraggia. Decisamente una novità per Billy il disadattato.

«Questa bestiola è sempre nei tuoi pensieri, vero?». «È ovvio. Sarebbe lo stesso anche per lei se fosse suo, no?». Billy ama la natura e gli animali, tuttavia è molto riluttante a parlare del suo mondo interiore, ma alla domanda dell’insegnante su cosa Kes abbia di speciale, l’adolescente lascia trapelare inevitabilmente qualcosa di sé. «Quello che mi colpisce in quest’animale è la forma, l’armonia delle proporzioni, la testa così aggraziata, il modo in cui tiene ripiegate le ali. Ma è quando vola, signore, che è davvero speciale... È come se tutto diventasse silenzioso». E poi aggiunge: «La gente non capirebbe, però. Le persone amano gli animali che possono farsi amici, amano coccolarli, prenderli in braccio. Sì, ma a me non interessa. A me basta guardarla la mia Kes, farla volare».

Come se anche Billy l’invisibile, ormai irreversibilmente un lupo solitario, non desiderasse altro per la sua vita: troppo tardi per gli abbracci, troppo tardi per ricucire gli strappi con chi avrebbe dovuto prendersi cura di lui. Billy vuole solo volare. Libero, indipendente. Altero come la sua Kes. L’autore in effetti non ha intenzione di fare del protagonista una figura debole che combatte da solo contro le avversità della vita. Billy è un monello (il titolo originale, del resto, ha un doppio significato A Kestrel for a Knave ovvero “Un gheppio per un garzone”, ma anche “Un gheppio per un furfante”), ha un animo ribelle e non subisce passivamente quello che accade attorno a lui. Non incassa mai alcun colpo senza prima essersi difeso. Stringe i denti e va avanti.

Billy sarà così forte anche quando il fratellastro — volendo punirlo per non avergli giocato una schedina vincente — gli porterà via per sempre, uccidendolo, il suo falco. Quello splendido animale che forse (ma al lettore non è dato saperlo) gli ha cambiato il destino.

di Alessandra Moraca